ISSN 2039-1676


12 giugno 2012 |

Niente più garde à  vue per gli stranieri irregolari in Francia in seguito alle sentenze della Corte di giustizia UE sulla direttiva rimpatri

Avis de la Chambre Criminelle de la Cour de Cassation n° 9002, 5 giugno 2012

Per accedere al parere della Corte di cassazione francese qui analizzato, clicca sotto su "download documento".

Sugli immediati antecedenti della questione, cfr. i precedenti interventi dell'Autore nella nostra rivista (L. D'Ambrosio, I rapporti tra diritto UE e legislazione penale francese in materia di immigrazione irregolare alla luce della sentenza El Dridi, 22 luglio 2011; Id., Se una notte d'inverno un sans papiers: la Corte di Giustizia dichiara il reato di ingresso e soggiorno irregolare 'conforme' e 'non conforme' alla direttiva rimpatri, 22 gennaio 2012; nonché gli ulteriori interventi di Mario La Rosa, Andrea Natale e Rosa Raffaelli segnalati nella colonna di destra a fianco tra i testi correlati).

 

1. La Chambre criminelle della Corte di Cassazione francese, con un ragionamento secco ed implacabile, ha sancito la fine del ricorso alla garde à vue nei confronti degli stranieri sospettati di soggiornare illegalmente sul territorio nazionale. Equiparabile al nostro fermo di polizia, la garde à vue è definita dall'art. 62-2 del Codice di procedura penale francese come una misura privativa della libertà personale disposta, per esigenze di natura investigativa, da un ufficiale di polizia giudiziaria nei confronti di una persona sospettata di aver commesso o tentato di commettere un reato per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione. La durata massima della garde à vue è generalmente di ventiquattro ore, prorogabile, in caso di necessità e previo intervento del procuratore, fino a quarantotto ore.

 

2. Nonostante l'art. 621-1 del Code de l'entrée et du séjour des étrangers et du droit d'asile (Ceseda) - che prevede la reclusione fino ad una anno per il reato di ingresso e soggiorno irregolare - renda legittimo il ricorso alla misura pre-cautelare nei confronti dei sospetti clandestini, la garde à vue è di fatto utilizzata oltralpe al fine di preparare la procedura di espulsione. Prima della scadenza delle ventiquattro ore, viene infatti notificato allo straniero irregolare l'ordine di allontanamento dal territorio nazionale, accompagnato eventualmente dal provvedimento di detenzione amministrativa. Il procedimento penale è di conseguenza archiviato e la garde à vue rivela la sua effettiva finalità: vera e propria "anticamera" della procedura amministrativa di espulsione.

 

3. Tale prassi è stata messa in discussione all'indomani della sentenza El Dridi, con la quale la Corte di giustizia ha sancito la non conformità alla "direttiva rimpatri" della condanna ad una pena detentiva dello straniero che soggiorni illegalmente sul territorio di uno Stato in violazione di un ordine di allontanamento. Alcuni giudici, chiamati a pronunciarsi sulla richiesta di prolungamento della detenzione amministrativa, hanno infatti dichiarato l'illegittimità della procedura di espulsione sul presupposto della nullità della garde à vue: secondo tale orientamento, la misura pre-cautelare sarebbe infatti stata disposta nei confronti di individui sospettati di aver commesso un reato, quale l'ingresso ed il soggiorno irregolare, la cui pena detentiva risulterebbe ormai caducata per incompatibilità con il diritto europeo.

 

4. La questione della compatibilità comunitaria della pena della reclusione prevista per il reato di ingresso e soggiorno irregolare è così giunta, su iniziativa della Corte di appello di Parigi, dinanzi alla Corte di giustizia dell'UE. Con la sentenza del 6 dicembre 2011, resa dalla Grande sezione nel caso Achughbabian, quest'ultima ha sancito per un verso la non conformità di tale pena al diritto europeo, se disposta nel corso della procedura di rimpatrio e, per altro verso, la sua conformità una volta che la procedura di rimpatrio abbia avuto termine e lo straniero continui a soggiornare irregolarmente nel territorio di uno Stato membro senza che esista un giustificato motivo che ne impedisca il rimpatrio. Anche se il profilo della compatibilità della garde à vue con il diritto europeo esulava dallo stretto perimetro della questione pregiudiziale sollevata dai giudici parigini, la Corte di giustizia ha nondimeno tenuto a precisare che, in virtù del considerando n° 17, la direttiva rimpatri non osta alla previsione a livello nazionale di una misura provvisoria privativa della libertà personale finalizzata all'accertamento dell'irregolarità dell'ingresso o del soggiorno dello straniero. Anzi, l'adozione di una misura siffatta si rivelerebbe necessaria a garantire l'effetto utile della direttiva.

 

5. Tale precisazione ha avuto tuttavia l'effetto di aggravare ulteriormente le incertezze interpretative in merito all'applicazione della garde à vue che erano state all'origine della stessa questione pregiudiziale. All'indomani della sentenza Achughbabian, il Governo francese ha infatti emanato una circolare con cui ha ribadito che la "direttiva rimpatri" non preclude il ricorso alla garde à vue nei confronti dei sospetti clandestini; i giudici, dal canto loro, hanno continuato ad annullare le procedure di espulsione degli stranieri irregolari già sottoposti a garde à vue. La questione è così giunta dinanzi alla Prima sezione civile della Corte di cassazione, competente in materia di prolungamento della detenzione amministrativa degli stranieri irregolari, che a sua volta ha ritenuto di richiedere il parere della Chambre criminelle, competente in materia di garde à vue.

 

6. Quest'ultima, ricorrendo ad un semplice quanto efficace sillogismo, ha statuito che: (i) la garde à vue può essere disposta dagli organi di polizia solo quando vi sia il fondato sospetto che la persona abbia commesso o tentato di commettere un reato punito con la pena della reclusione; (ii) tale misura deve inoltre essere strumentale al procedimento penale; (iii) a seguito dell'entrata in vigore della direttiva rimpatri, nell'interpretazione fornita dalla Corte di giustizia, il cittadino di paese terzo accusato del solo reato di ingresso e soggiorno irregolare non incorre nella pena della reclusione prevista dall'art. L. 621-1 Ceseda almeno fino a quando non siano state applicate le misure coercitive previste dall'art. 8 della direttiva. Ne consegue che lo straniero "non può essere sottoposto a garde à vue se sospettato del solo reato di ingresso e soggiorno irregolare". Il risultato non cambia - chiosa la Corte - anche alla luce della previgente disciplina della garde à vue, applicabile ratione temporis ai casi di specie.

 

7. Anche se è necessario attendere la decisione che sarà resa dalla Sezione civile della Corte di Cassazione, non vincolata al parere della Chambre criminelle, la fine della garde à vue per gli stranieri sospettati di soggiornare illegalmente sul territorio francese sembra ormai imminente. Giuristi ed associazioni di difesa dei diritti degli stranieri gioiscono, vedendo cadere un'altra ipotesi di paradossale identificazione tra regola ed eccezione nel trattamento penale degli stranieri. Meno le autorità di polizia, che, costrette ormai a prendere sul serio la libertà personale degli stranieri, al fine di preparare l'eventuale procedimento di espulsione, disporranno unicamente del fermo - fino a quattro ore - previsto dall'articolo 78-3 c.p.p. per l'identificazione di chiunque si rifiuti o si trovi nell'impossibilità di fornire le informazioni a tale scopo necessarie.