ISSN 2039-1676


13 marzo 2013 |

Le Sezioni Unite chiamate a decidere dell'applicabilità  del delitto di omesso versamento delle ritenute certificate alle omissioni relative all'anno 2004

Nota a Cass., sez. III, (ord.) 20 novembre 2012 (dep. 18 dicembre 2012), n. 49087, Pres. Lombardi, Est. Graziosi

1. Nelle prossime settimane le Sezioni Unite della Cassazione dovranno risolvere una questione di notevole rilevanza pratica e complessità giuridica: se la norma che incrimina l'omesso versamento delle ritenute certificate (per un ammontare superiore a cinquantamila euro) entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale del sostituto d'imposta (art. 10 bis, d.lgs. 74/00), norma entrata in vigore l'1 gennaio 2005, debba trovare applicazione a fatti di omesso versamento, entro il 31 ottobre 2005, delle ritenute 'maturate' nel corso del 2004.

È, peraltro, prevedibile che le Sezioni Unite si pronunceranno, in quell'occasione, anche in relazione al problema interpretativo, del tutto affine, circa l'applicabilità della norma che incrimina l'omesso versamento dell'IVA (per un ammontare superiore a cinquantamila euro) entro il termine per il versamento dell'acconto relativo al periodo di imposta successivo (art. 10 ter, d.lgs. 74/00), norma entrata in vigore il 4 luglio 2006, a fatti di omesso versamento, entro il 27 dicembre 2006, dell'IVA incassata nel corso del 2005. Come segnala l'ordinanza in commento, infatti, nel corso della medesima udienza dello scorso 20 novembre la Corte ha rimesso alle sue Sezioni Unite anche un ricorso afferente tale questione.

 

2. Rinviando alla lettura dell'ordinanza per una limpida ricostruzione analitica dei due opposti orientamenti giurisprudenziali formatisi in punto di applicabilità dell'art. 10 bis d.lgs. 74/00 all'omesso versamento delle ritenute per l'anno 2004, ci limitiamo qui a proporne una sintesi schematica.

(i) Secondo un primo orientamento, risponde del delitto di omesso versamento delle ritenute certificate il sostituto d'imposta che non abbia versato, entro il termine per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d'imposta, ossia entro il 31 ottobre 2005, le ritenute certificate relative al 2004. Ciò in quanto, pur essendo stata introdotta la fattispecie in questione nel gennaio 2005, dunque dopo l'insorgere dell'obbligo di versamento delle ritenute del 2004, fissato con cadenza mensile dal d.P.R. 602/73, il fatto che a quel punto il contribuente avesse di nuovo tempo per adempiere all'obbligo per non incappare nella sanzione penale fino al termine del 31 ottobre del 2005 fissato dalla nuova norma è sufficiente a escludere che vi sia violazione del principio di irretroattività della norma penale. Detto in altri termini, accogliendo questo orientamento, non si avrebbe un'illegittima applicazione retroattiva della nuova norma in quanto il tempus commissi delicti della nuova fattispecie criminale è, per le ritenute del 2004, successivo all'introduzione nell'ordinamento dell'incriminazione (così, Cass., sez. III, 26 maggio 2010, n. 25875, Olivieri, in Ced 248151; Cass., sez. III, 12 gennaio 2012, n. 7588, Screti, in Leggi d'Italia).

(ii) Secondo un diverso orientamento, invece, non risponde del reato in esame chi abbia omesso di versare, entro il 31 ottobre 2005, le ritenute certificate per l'anno 2004, in quanto, al momento dell'entrata in vigore della nuova norma incriminatrice, l'1 gennaio 2005, il fatto illecito era già consumato, sicché l'applicazione della sanzione penale prevista dall'art. 10 bis d.lgs. 74/00 importerebbe una violazione del principio costituzionale di irretroattività della legge penale. Prima dell'introduzione della nuova fattispecie penale, infatti, l'obbligo del versamento delle ritenute era già presidiato dall'illecito amministrativo di cui all'art. 13, d.lgs. 471/97, che prevede una sanzione amministrativa pari al trenta percento di ogni importo non versato chi non esegue i versamenti periodici delle ritenute. E dal momento che i versamenti periodici devono essere effettuati, ai sensi dell'art. 8, d.P.R. 602/73, entro i primi quindici giorni del mese successivo a quello in cui è stata operata la ritenuta, l'illecito dell'omesso versamento delle ritenute del 2004, per il diritto amministrativo, si è consumato al sedici di ogni mese, da febbraio 2004 a gennaio 2005. Con il che, solo l'omesso versamento delle ritenute di dicembre (versamento da effettuarsi entro il quindici del mese successivo, dunque entro il 15 gennaio 2005) si è consumato dopo l'introduzione della nuova norma incriminatrice di cui all'art. 10 bis, d.lgs. 74/00, il primo di gennaio del 2005, e dunque solo questa omissione - per quanto riguarda le ritenute del 2004 - è sussumibile sotto la nuova incriminazione senza che vi sia violazione del principio di irretroattività. Al contrario, si avrebbe violazione del principio di irretroattività della legge penale ove si pretendesse di sussumere sotto la nuova norma anche l'omesso versamento delle ritenute maturate prima del dicembre del 2004, perché ciò significherebbe far rivivere un illecito già consumato sotto il vigore della più favorevole disciplina amministrativistica (così, Cass., sez. III, 8 febbraio 2012, n. 18757, Germani, in questa Rivista, nonché Cass., sez. III, 9 ottobre 2012, Innocenti, indicata nell'ordinanza in commento come conforme a 'Germani' ma non ancora depositata).

 

3. In attesa dell'intervento delle Sezioni Unite, proviamo a individuare le criticità dei due diversi orientamenti, muovendo proprio dall'orientamento che esclude l'applicabilità della norma di cui all'art. 10 bis d.lgs. 74/00 ai fatti di omesso versamento delle ritenute maturate nel 2004 (rectius, delle ritenute maturate fino al novembre 2004, da versare a cadenze mensili entro il 15 del mese successivo).

La giurisprudenza che segue questo orientamento - come ricorda l'ordinanza di rimessione qui in commento - si rifà espressamente al principio di diritto formulato dalla Suprema Corte, sez. III, con la sentenza 3 novembre 1999, n. 14160, Di Grisostomo, in Ced 214917. Con quella decisione, infatti, la Corte aveva risolto un problema interpretativo simile, almeno all'apparenza, a quello odierno: aveva escluso l'applicazione della norma incriminatrice dell'omesso versamento delle ritenute certificate, nella nuova formulazione introdotta nel marzo 1991 (con d.l. 83/91, conv. in l. 154/91, che modificava l'art. 2 d.l. 429/82, conv. in l. 516/82, e che sarà successivamente abrogato dal d.lgs. 74/00), alle ritenute dovute per l'anno 1990, in quanto i fatti di omesso versamento delle ritenute del 1990 dovevano intendersi già consumati, secondo la formulazione previgente della norma incriminatrice, alla scadenza del termine per i versamenti mensili fissato dalla legge tributaria (il giorno quindici del mese successivo a quello in cui è stata effettuata la ritenuta), a nulla rilevando che la novella del marzo 1991 avesse posposto il termine per l'effettuazione del versamento al momento della presentazione annuale di sostituto d'imposta, che per le ritenute del 1990 scadeva dopo l'introduzione della modifica normativa, il 30 aprile 1991. In forza di tale principio di diritto, pertanto, ai fatti di omesso versamento delle ritenute del 1990, da ritenersi consumati al più tardi il 16 gennaio 1991, continuava ad applicarsi la norma incriminatrice nella formulazione precedente l'intervento del marzo 1991 (sebbene meno favorevole rispetto al novum jus del 1991, operando all'epoca la regola dell''ultrattività' delle norme penali tributarie, prevista dall'allora vigente art. 20 l. 7 gennaio 1929, n. 4).

Secondo una parte della giurisprudenza, dunque, il principio di diritto espresso nel '99 dalla Cassazione in Di Grisostomo, per quanto relativo a una norma incriminatrice nel frattempo abrogata (ex art. 25, co. 1, lett. d) d.lgs. 74/00), vale, mutatis mutandis, anche oggi. Anche oggi, infatti, abbiamo una nuova norma incriminatrice (l'art. 10 bis d.lgs. 74/00) introdotta dal legislatore (l'1 gennaio 2005) per punire un fatto (l'omesso versamento delle ritenute certificate) che prima di quel momento era già previsto e sanzionato in via amministrativa da un'altra norma (art. 13 d.lgs. 471/97); anche oggi la nuova norma incriminatrice fissa un termine annuale per il versamento delle ritenute, laddove la previgente fattispecie sanziona gli omessi versamenti mensili; ma soprattutto, anche oggi ci troviamo in presenza di un illecito di natura omissiva che si consuma istantaneamente al momento dello scadere del termine utile per il versamento delle ritenute fissato dalla legge tributaria, termine che per le ritenute del 2004 era già scaduto al momento dell'introduzione della nuova fattispecie penale (con la sola eccezione del versamento delle ritenute di dicembre 2004), decorrendo il 15 di ogni mese successivo al mese in cui era stata operata la ritenuta. Al contrario, non impedisce l'accoglimento del precedente 'Di Grisostomo' il fatto che all'epoca, diversamente da oggi, la Corte si trovasse in presenza di una successione di norme penali: "ciò che rileva, infatti, è che anche ora si tratta della successione di norme che prevedono e sanzionano entrambe un comportamento illecito, mentre è secondario e irrilevante il fatto che la norma anteriore preveda un illecito amministrativo e quella successiva un illecito penale" (Cass., sez. III, 8 febbraio 2012, Germani, cit.).

A prescindere dalla condivisibilità o meno del principio di diritto sancito dalla Cassazione nel 1999 in Di Grisostomo, la principale criticità di tale orientamento, a nostro avviso, consiste nell'aver ritenuto irrilevante il fatto che oggi, a differenza di quanto accaduto nel 1991, non ci troviamo in presenza di una modifica di una previgente norma incriminatrice, ma della (re)introduzione di una fattispecie penale (che, come ricordato, era stata espunta dall'ordinamento nel 2000) che si affianca alla vigente fattispecie amministrativa; fattispecie amministrativa che resta in vigore. In altre parole, non è vero - come invece si legge in Cass. 8 febbraio 2012, Germani - che con l'intervento del 2005 si è avuta una successione di norme. Non è vero, infatti, che il legislatore ha semplicemente posticipato il termine di una violazione già perfetta, seppur sanzionata solo amministrativamente, e che pertanto l'applicazione all'omesso versamento delle ritenute del 2004 della nuova (e più severa) norma penale violerebbe il principio di irretroattività della legge penale. È vero, invece, che l'obbligo di versare le ritenute, prima dell'1 gennaio 2005, era presidiato solo dalla previsione di un illecito amministrativo per il mancato versamento alla scadenza mensile prevista dalla legge tributaria (ex art. 13 d.lgs. 471/97, in relazione all'obbligo previsto dagli artt. 3 e 8 d.P.R. 602/73); dall'1 gennaio 2005, tale obbligo è presidiato anche dalla previsione di un illecito penale per il mancato versamento entro il termine per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d'imposta (ex art. 10 bis d.lgs. 74/00 e, per la determinazione del termine, ex art. 4 d.P.R. 322/98 e successive modificazioni). Se così è, allora si deve riconoscere che chi non ha versato le ritenute dovute per il 2004 né alle scadenze mensili (il 15 del mese) né alla scadenza annuale (che nel 2005 cadeva il 31 ottobre, ex art. 4, co. 4 bis, d.P.R 322/98, nella formulazione allora vigente) ha realizzato sia un illecito amministrativo, per ogni mancato versamento mensile, sia il nuovo delitto (ove naturalmente sia stata superata la soglia di 50 mila euro).

 

4. Proprio il riconoscimento dell'autonomia fra illecito amministrativo previgente e nuovo illecito penale introdotto nel 2005 è alla base dell'orientamento che afferma l'applicabilità del delitto ex art. 10 bis d.lgs.74/00 all'omesso versamento delle ritenute certificate del 2004. Secondo questo diverso orientamento, infatti, la nuova fattispecie penale non coincide affatto con la fattispecie amministrativa, in quanto diversa è la condotta omissiva e diverso è il termine per l'adempimento, sicché a nulla rileva, ai fini del configurarsi della fattispecie penale alla scadenza annuale prevista dall'art. 10 bis, che alle scadenze mensili previste dalla disciplina tributaria si sia già configurato l'illecito amministrativo. Ciò anche in considerazione del fatto che "la scadenza del termine per il versamento delle ritenute fiscali non fa venir meno l'obbligazione tributaria, sicché è la permanenza di quest'ultima, considerata nel suo complessivo ammontare riferito all'anno di imposta, ad essere configurata come reato in relazione all'ulteriore scadenza fissata per il pagamento" (Cass., sez. III, 26 maggio 2010, Olivieri, cit.). Non si ha, quindi, alcuna successione di norme penali nel tempo (diversamente da quanto accaduto nel 1991), ma l'introduzione (o la reintroduzione, dopo l'abrogazione del 2000) di una norma incriminatrice che ha "trasformato in illecito penale quello che fino ad allora era un inadempimento tributario" (così Cass., sez. III, 12 gennaio 2012, Screti, cit., che proprio per tale ragione esclude espressamente l'applicabilità, oggi, del principio di diritto statuito da Cass., sez. III, 3 novembre 1999, Di Grisostomo, cit.).

 

5. La soluzione interpretativa indicata da questo secondo orientamento ci pare convincente, ma necessita di un'importante precisazione.

Come noto, l'obbligo giuridico di porre in essere l'azione doverosa presuppone che il soggetto abbia la possibilità materiale di compiere detta azione. Dottrina e giurisprudenza ci rammentano, al riguardo, che 'ad impossibilia nemo tenetur': non risponde di omissione di soccorso chi si trova a grande distanza dal luogo del soccorso o chi non ha i mezzi necessari per prestare aiuto (Marinucci, Dolcini, Manuale di Diritto penale, IV ed., p. 213; Fiandaca, Musco, Diritto penale, Parte generale, VI ed., p. 591); non risponde del reato di omesso versamento delle ritenute il liquidatore di una società in stato di decozione che, nominato un mese prima della scadenza del termine annuale per il versamento, non adempia all'obbligo fiscale in quanto impossibilitato a causa del debito complessivo della società, dell'assenza di qualsiasi liquidità e dell'impossibilità ad accedere al credito bancario (Trib. Milano, 28 aprile 2011, R., Giud. Mannucci, in questa Rivista); non risponde del reato di omesso versamento delle ritenute il sostituto d'imposta che non abbia potuto adempiere all'obbligazione tributaria per mancanza di liquidità dovuta a gravi e imprevedibili inadempimenti da parte di pubbliche amministrazioni debitrici (Trib. Milano, uff. G.i.p., 7 gennaio 2013, Saletti, Giud. Domanico, in questa Rivista; Trib. Milano, uff. G.i.p., 19 settembre 2012, Guerra, Giud. Domanico, in questa Rivista).

Diverso, naturalmente, è il caso in cui l'impossibilità materiale ad adempiere sia predeterminata dal soggetto stesso portatore dell'obbligo giuridico: il sostituto d'imposta che non solo non abbia versato alle scadenze mensili le ritenute, ma non si sia nemmeno premurato di accantonare le somme necessarie ad adempiere all'obbligo tributario, qualora in seguito versi in uno stato di insolvenza che rende oggettivamente impossibile adempiere all'obbligo di versamento entro il termine annuale previsto dalla norma penale, non potrà utilmente invocare tale oggettiva impossibilità per evitare di rispondere del reato (così - condivisibilmente - la giurisprudenza in materia di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali, reato p. e p. ai sensi dell'art. 2 d.l. 463/83: Cass., sez. III, 19 gennaio 2011, n. 13100, Biglia, in Ced 249917; Cass., sez. III, 25 settembre 2007, 38269, Tafuro, in Ced 237827; Cass., sez. III, 18 giugno 1999, n. 11694, Tiriticco, in Ced 215518. Si veda anche, in materia di omesso versamento dell'IVA, ex art. 10 ter d.lgs. 74/00, Trib. Milano, 9 novembre 2010, Beverina, Giud. Zelante, in questa Rivista). Un simile caso, infatti, andrebbe trattato come un'ipotesi di 'actio libera in causa' o, più precisamente, di 'omissio libera in causa': parafrasando un illustre Autore (Padovani, Diritto penale, IX ed., p. 188), l'omissio (ossia il mancato versamento delle ritenute alla scadenza annuale), che integra il fatto tipico del reato, non è libera in sé (in quanto al termine ultimo per effettuare il versamento il contribuente è oggettivamente impossibilitato ad adempiere, perché privo della necessaria disponibilità economica), ma era tale in causa, e cioè in rapporto alla sua origine (in quanto in un dato momento il soggetto ha scelto liberamente di tenere una condotta che l'avrebbe messo nelle condizioni di non poter adempiere, in seguito, all'obbligo tributario entro il termine di legge).

Quid iuris, però, se il sostituto d'imposta ha realizzato la condotta che sta all'origine della successiva impossibilità materiale ad adempiere prima dell'1 gennaio 2005, e dunque prima dell'introduzione nell'ordinamento della fattispecie penale di cui all'art. 10 bis d.lgs. 74/00? In questo caso, l'omissio può ancora dirsi 'libera'?

Certo anche prima dell'1 gennaio 2005 il sostituto d'imposta sapeva di essere tenuto, ai sensi del d.P.R. 600/73, a effettuare le ritenute e a versarle, ai sensi degli artt. 3 e 8 d.P.R. 602/73, entro il giorno 15 del mese successivo a quello in cui era stata operata la ritenuta. Sapeva anche, pertanto, di dover accantonare le somme necessarie ad adempiere a quel preciso obbligo tributario se voleva evitare di vedersi applicata la sanzione amministrativa pari al trenta percento di ogni importo non versato prevista dall'art. 13 d.lgs. 471/97. Ciò che, invece, non poteva sapere il sostituto d'imposta, fino all'1 gennaio 2005, è che violare l'obbligo di effettuare i versamenti periodici senza preoccuparsi di accantonare le somme dovute a titolo di ritenuta l'avrebbe messo nelle condizioni di dover rispondere di un illecito penale punito con la pena della reclusione da sei mesi a due anni. Pretendere, allora, di applicare la nuova incriminazione a fatti di omesso versamento delle ritenute del 2004, dovuti a un'impossibilità ad adempiere predeterminata dallo stesso sostituto d'imposta, può entrare in conflitto non col principio di irretroattività della legge penale (sia perché, come ci ricorda Cass., sez. III, 12 gennaio 2012, Screti, cit., "le condotte relative all'effettuazione delle ritenute, al loro accantonamento per il successivo versamento non fanno parte della condotta criminosa che si realizza e consuma in un istante con l'omissione del versamento alla scadenza pattuita"; sia perché, in ogni caso, il precetto era già noto al sostituto d'imposta prima della novella dell'1 gennaio 2005), quanto piuttosto col principio di colpevolezza per imprevedibilità della sanzione.

 

6. Infatti, se rispetto del principio di colpevolezza sancito dall'art. 27 Cost. significa "garantire al privato libere scelte d'azione" (C. cost., 23-24 marzo 1988, n. 364), sicuramente non basta che il giudice si accerti che, al momento in cui ha realizzato la condotta, il soggetto agente fosse nelle condizioni di sapere dell'illiceità del fatto che andava a commettere. Se lo Stato liberale di diritto (come ci insegnano Marinucci, Dolcini, Corso di diritto penale, III ed., p. 24) ambisce a tutelare al massimo grado la libertà dell'individuo e, per perseguire tale obiettivo, accetta di punire con la sanzione estrema - la sanzione che incide proprio sulla libertà personale - solo chi ha potuto orientare la propria condotta avendo (o potendo avere) piena consapevolezza di perdere, per effetto di quella condotta, la libertà, allora ai suoi giudici non basterà accertare la conoscibilità - al momento dell'azione - del precetto, ma dovranno anche accertare la conoscibilità della sanzione. Dovranno, cioè, accertare che il soggetto sapesse (o potesse sapere) che la sanzione per il fatto illecito che stava per commettere sarebbe stata di natura penale, dunque potenzialmente capace di incidere sulla propria libertà personale.

Proprio in questo senso, d'altra parte, è orientata la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, che da tempo legge nell'art. 7 della Convenzione - costituzionalmente rilevante nel nostro ordinamento ex art. 117 co. 1 Cost. - l'enunciazione non solo del principio 'nullum crimen sine lege', ma anche del principio 'nulla poena sine lege' (da ultimo, si veda C. eur. dir. uomo, 22 gennaio 2013, Camilleri c. Malta, in questa Rivista, con nota di Mazzacuva: nel caso di specie, la Corte ha ravvisato una violazione dell'art. 7 Cedu, sotto il profilo della prevedibilità della sanzione penale, per il fatto che la norma dell'ordinamento maltese, oggetto del ricorso, non metteva il privato in condizione di conoscere l'esatto quadro edittale entro cui il giudice determina la pena; così anche C. eur. dir. uomo, 12 febbraio 2008, Kafkaris c. Cipro. Sulla necessità che il soggetto sia messo nelle condizioni di poter prevedere la natura penale della responsabilità per il fatto compiuto, cfr. C. eur. dir. uomo, 15 novembre 1996, Cantoni c. Francia).

E proprio la consapevolezza delle conseguenze penali del fatto (allora solo 'amministrativamente') illecito dell'omesso versamento delle ritenute mancava in capo a chi nel 2004 ha realizzato quella condotta che ha poi reso inevitabile l'omissione penalmente rilevante.

 

7. Ricapitolando: l'orientamento che afferma l'applicabilità della fattispecie penale dell'omesso versamento delle ritenute all'omesso versamento delle ritenute del 2004, in certi casi, può porre un problema di rispetto del principio di colpevolezza (artt. 27 Cost. e 7 Cedu). Ecco allora che per evitare frizioni con il principio ora richiamato, qualora le Sezioni Unite dovessero ritenere di accogliere il primo dei due orientamenti rammentati sopra (punto 2, (i)), dovrebbero anche precisare che non può in ogni caso farsi applicazione della norma incriminatrice di cui all'art. 10 bis d.lgs. 74/00 a fatti di omesso versamento delle ritenute del 2004 ove il sostituto d'imposta non abbia adempiuto all'obbligo tributario, entro il termine annuale fissato dall'art. 10 bis, a causa di un''oggettiva' impossibilità ad adempiere, ancorché tale oggettiva impossibilità sia imputabile alla condotta tenuta dal sostituto d'imposta stesso prima dell'introduzione della fattispecie penale (dunque prima dell'1 gennaio 2005).

Né può dirsi - purtroppo - che oggigiorno il problema dell'oggettiva impossibilità ad adempiere per insolvenza sia mera ipotesi 'di scuola'. La giurisprudenza di merito ha peraltro già registrato casi di questo tipo, oltre che specificamente in materia di omesso versamento delle ritenute certificate (cfr. le già citate Trib. Milano, uff. G.i.p., 7 gennaio 2013, Saletti, e Trib. Milano, uff. G.i.p., 19 settembre 2012, Guerra), anche nella materia affine dell'omesso versamento dell'IVA (Trib. Milano, 9 novembre 2010, Beverina, cit.), ed è prevedibile che continuerà a registrarne, perlomeno finché non calerà definitivamente la scure della prescrizione (già calata laddove non siano intervenuti eventi interruttivi).

 

8. Le considerazioni ora svolte valgono - ci pare - anche per l'altra questione rimessa alle Sezioni Unite: se possa essere chiamato a rispondere del delitto di cui all'art. 10 ter d.lgs. 74/00, introdotto nel luglio 2006, chi non abbia versato l'IVA dovuta per il 2005 entro il termine annuale del 27 dicembre 2006.

In questo caso, già la Corte costituzionale è stata chiamata (dal Tribunale di Torino, con ordinanza del 22 settembre 2010, annotata in questa Rivista da Scoletta) a valutare la compatibilità col dettato costituzionale - segnatamente col principio di uguaglianza - della nuova disposizione nella sua applicazione 'transitoria', ossia in relazione ai fatti di omesso versamento dell'IVA del 2005, commessi allo scadere del termine annuale del 27 dicembre del 2006, dunque pochi mesi dopo l'introduzione della nuova incriminazione (4 luglio 2006). Rilevava, infatti, il giudice remittente che poteva ravvisarsi un'illegittima disparità di trattamento fra il contribuente del 2006, che aveva avuto a disposizione solo cinque mesi (dall'introduzione della norma incriminatrice) per adempiere entro il 27 dicembre all'obbligo sanzionato penalmente dalla nuova fattispecie, e il contribuente degli anni a venire. Così posta, la questione è stata ritenuta manifestamente infondata nel merito dai giudici della Consulta, in quanto la circostanza dell'avere avuto il contribuente per il 2005 meno tempo per adempiere all'obbligo di versare l'IVA "non può ritenersi di per sé lesiva del parametro costituzionale evocato" e, "d'altro canto, il termine di oltre cinque mesi e mezzo (dal 4 luglio 2006 al 27 dicembre 2006), riconosciuto al soggetto in questione (in luogo dei quasi dodici mesi 'ordinari'), non può ritenersi intrinsecamente incongruo, ossia talmente breve da pregiudicare o da rappresentare, di per sé, un serio ostacolo all'adempimento", potendo al più la situazione in cui si sono venuti a trovare i contribuenti per l'anno 2005 essere "apprezzata e valorizzata dal giudice in sede di determinazione della pena nell'ambito della forbice edittale, sufficientemente ampia a tal fine" (cfr. C.cost, 21 luglio 2011, n. 224, in questa Rivista, con nota di Scoletta).

La decisione della Corte costituzionale ci pare ineccepibile, ma lascia impregiudicata la questione dell'impossibilità a versare l'IVA dovuta per il 2005 a causa di un'insolvenza che trovi origine nella condotta tenuta dal contribuente quando le proprie azioni ancora non potevano essere orientate dalla minaccia della sanzione penale: questione che, se non potrà trovare soluzione a livello interpretativo, anche grazie all'imminente intervento delle Sezioni Unite, potrebbe fondare una questione di illegittimità costituzionale sia dell'artt. 10 bis e sia dell'art.10 ter d.lgs. 74/00 per contrasto con gli artt. 27 e 117 Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 7 Cedu (sul punto, ci sia consentito rinviare anche a Valsecchi, Delitto di omesso versamento dell'IVA (art. 10 ter d.lgs. 74/00) e (non) rimproverabilità dell'amministratore della società insolvente: qualche spunto di riflessione, in questa Rivista).