ISSN 2039-1676


14 maggio 2013 |

Detenzione per prevenire condotte violente durante una manifestazione sportiva: esclusa la violazione dell'art. 5 Cedu da parte della Germania

Nota a C. eur. dir. uomo, sez. V, sent. 7 marzo 2013, ric. n. 15598/08, Ostendorf c. Germania

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1. La Corte di Strasburgo si è pronunciata, con una recente sentenza, in merito alla compatibilità con l'art. 5 comma 1 Cedu di una misura di prevenzione, eseguita ai fini di prevenire episodi di violenza in occasione di manifestazioni sportive.

Il ricorrente è un cittadino di Brema (Germania), recatosi in trasferta a Francoforte sul Meno insieme a un gruppo di hooligans della Werder Bremen, dei quali era il leader, per assistere a un incontro tra la propria squadra e la Eintracht Frankfurt.

Il ricorrente era soggetto già noto alle forze dell'ordine, essendo stato schedato tra gli hooligans di "categoria C", cioè tra i soggetti pronti a usare la violenza in occasione di incontri sportivi.

Il ricorrente e il suo gruppo erano dunque stati segnalati dalla polizia di Brema agli agenti di Francoforte, che perquisendo gli hooligans al loro arrivo in città, avevano trovato in loro possesso paradenti e guantoni imbottiti di ghiaia, strumenti tipici delle violenze che si verificano durante manifestazioni sportive. Gli agenti allora avevano scortato il gruppo in giro per la città in attesa del match, intimando a tutti i componenti di non allontanarsi.

Il ricorrente era stato arrestato quando, all'ordine di uscire dal pub dove i tifosi attendevano l'inizio della partita, la polizia aveva realizzato che non si era unito al gruppo, ma si era nascosto nel bagno delle donne. Era stato quindi posto in camera di sicurezza per circa quattro ore, cioè fino a un'ora dopo la fine del match. Contestualmente, gli era stato sequestrato il cellulare, che gli sarebbe stato reso solo qualche giorno più tardi.

 

2. Il sig. Ostendorf propone ricorso davanti alla Corte EDU, lamentando la violazione dell'art. 5 co. 1 Cedu, che tutela il diritto alla libertà e alla sicurezza.

La Corte, in primo luogo, afferma che, come del resto non contestato dallo Stato tedesco, nel caso di specie vi è stata una privazione della libertà personale rilevante ex art. 5 co. 1 Cedu: secondo la sua consolidata giurisprudenza, infatti, la brevissima durata della detenzione non è sufficiente a rendere la privazione irrilevante. Giudica, d'altro canto, la detenzione patita dal ricorrente conforme alla legge, dal punto di vista del diritto nazionale, poiché la misura di prevenzione era prevista dall'art. 32 co. 1 n. 2 dell'Hessian Public Security and Order Act tedesco ed era stata attuata in modo conforme alla procedura di diritto interno.

I giudici di Strasburgo si interrogano poi sulla eventuale sussistenza di una delle cause legittime di privazione della libertà elencate alle lettere da a) a f) dell'art. 5 co. 1 Cedu.

 

3. Viene esaminata per prima la lettera c), secondo la quale la privazione della libertà è possibile «[...] when it is reasonably considered necessary to prevent his committing an offence [...]».

La Corte riconosce come la polizia di Francoforte fosse in possesso di informazioni tali da dimostrare che il ricorrente stesse pianificando di prendere parte ad episodi di violenza da stadio, durante i quali sarebbero stati commessi reati specifici: la detenzione quindi poteva ben essere classificata come finalizzata alla prevenzione della commissione di un reato.

I giudici ammettono inoltre che la misura potesse essere "reasonably considered necessary", rispettando quindi il criterio della necessità di cui all'art. 5 co. 1 lett. c) Cedu : non sarebbe stato sufficiente, secondo la Corte, separare il ricorrente dal gruppo e sequestrargli il cellulare per impedirgli di porre in essere i reati in questione.

I giudici però rammentano come la lettera c) dell'art. 5 co. 1 Cedu preveda un requisito ulteriore, richiedendo che la privazione della libertà sia «effected for the purpose of bringing him before the competent legal authority" e che la persona sia "entitled to trial within a reasonable time»: secondo la giurisprudenza della Corte, l'art. 5 co. 1 lett. c) Cedu si riferisce esclusivamente alla custodia cautelare e non anche alla custodia preventiva; la privazione della libertà ex lett. c) è dunque lecita solo qualora sia legata ad un procedimento penale, cioè qualora il soggetto sia sospettato di aver già commesso un reato, con esclusione dunque delle ipotesi di custodia preventiva pura, quale è il caso in questione: il ricorrente non era sospettato della commissione di alcun reato, né del resto la norma nazionale richiedeva la sussistenza di tale circostanza per procedere all'arresto; le ragioni della temporanea privazione della libertà personale del ricorrente erano dunque da considerarsi di tipo puramente preventivo, e non processuale.

I giudici, infine, non ritengono che i doveri convenzionali imposti allo Stato ex artt. 2 e 3 Cedu, con riferimento alla protezione della generalità dei cittadini da reati che violino il diritto alla vita e all'integrità fisica, permettano allo Stato stesso di ottemperarvi attraverso misure che costituiscano in sé una violazione dei diritti convenzionali dell'autore di tali reati. Pur riconoscendo poi l'importanza che nella legislazione tedesca riveste l'istituto della custodia preventiva, e quindi statuendo che l'art. 5 Cedu non può essere interpretato in modo da rendere impossibile alla polizia il mantenimento dell'ordine e la protezione dei cittadini, la Corte ribadisce nondimeno che le prescrizioni in esso contenute devono essere rispettate dalle agenzie di law enforcement, al fine di proteggere i singoli da ogni forma di arbitrio in materia di privazione della libertà personale.

La Corte ritiene dunque la misura di prevenzione adottata nei confronti del ricorrente non giustificabile ex lett. c) art. 5 co. 1 Cedu.

 

4. I giudici esaminano quindi l'ipotesi disciplinata dalla lettera b), secondo la quale la privazione della libertà personale è ammessa «[...] in order to secure the fulfilment of an obligation prescribed by law».

Secondo la giurisprudenza della Corte è in primo luogo necessario, perché sia integrata questa ipotesi, che la legge nazionale permetta la detenzione del soggetto al fine di obbligarlo a rispettare un dovere specifico e concreto a lui imposto, a cui egli si sia rifiutato di ottemperare. I giudici ribadiscono in merito che, nel caso in oggetto, la detenzione è stata eseguita dalla polizia ex art. 32 par. 1 n. 2 del Hessian Public Security and Order Act, secondo il quale la polizia ha il potere di porre sotto custodia un soggetto se, come nel caso di specie, questo risulta indispensabile per prevenire la commissione imminente di un reato lesivo di importanti interessi della collettività.

Nel determinare se l'obbligo incombente sul ricorrente (cioè l'obbligo di mantenere l'ordine, non organizzando né partecipando a risse tra hooligans) possa essere considerato sufficientemente specifico e concreto, come richiesto dalla giurisprudenza della Corte (cfr., inter alia, Engel e altri c. Paesi Bassi, 8 giugno 1976; Guzzardi c. Italia, 6 novembre 1980, Lolova-Karadzhova c. Bulgaria, n. 17835/07,  27 marzo 2012), i giudici affermano che i suoi confini debbano essere «very closely circumscribed»: l'obbligo imposto al sig. Ostendorf viene ritenuto idoneo poiché indicava con precisione il luogo, il tempo e le vittime potenziali dei reati che il suo mancato rispetto avrebbe potuto causare.

Prima dell'applicazione della misura, nell'opinione della Corte, è necessario che il ricorrente abbia commesso dei passi chiari e positivi che indichino che non ottempererà a quest'obbligo. Si tratta di un requisito che ha un'importanza speciale se si tratta di un ordine di non fare: il soggetto deve infatti essere consapevole del divieto e deve mostrare di non volerlo comunque rispettare. Nel caso portato all'attenzione della Corte, al ricorrente era stato ordinato di rimanere con il gruppo ed era stato avvisato che in caso di allontanamento sarebbe stato arrestato; le autorità di Francoforte potevano dunque ragionevolmente concludere che, cercando di eludere la sorveglianza della polizia, Ostendorf stesse compiendo chiari atti preparatori indicativi della sua volontà di non ottemperare all'obbligo impostogli.

In secondo luogo la Corte verifica, con esito positivo, come la detenzione fosse finalizzata o comunque avesse contribuito direttamente ad assicurare il rispetto dell'obbligo, non avendo dunque carattere punitivo, come dimostrato dalla norma stessa e dall'assenza di epiloghi processuali della vicenda.

In terzo luogo, la natura dell'obbligo imposto al ricorrente risulta prima facie compatibile con la Convenzione, essendo finalizzato a mantenere l'ordine e a impedire la commissione di reati con uso di violenza in contesti che pongono a rischio l'incolumità della collettività.

In quarto luogo, i giudici affermano il principio secondo il quale le basi della detenzione vengono meno quando l'obbligo viene ottemperato; nel caso portato all'attenzione della Corte, trattandosi di un obbligo di non fare, tale momento è stato correttamente individuato dalle autorità, che hanno rilasciato il soggetto una volta decorso il tempo durante il quale il reato poteva essere commesso;  in caso di obbligo negativo infatti è più difficile per il soggetto dimostrare la propria volontà di conformarsi, fornendo adeguata prova, anche prima del termine ultimo sopra indicato; nel caso in oggetto peraltro nulla indicava che durante il periodo di custodia il ricorrente avesse manifestato la propria volontà di ottemperare.

La Corte valuta poi il bilanciamento che deve essere operato in ogni società democratica, al momento dell'applicazione di una misura preventiva, tra l'esigenza di un immediato rispetto dell'obbligo e l'importanza del diritto alla libertà personale; i giudici ritengono prevalente, sul diritto del ricorrente, la prima esigenza, essendo l'obbligo posto a tutela di diritti fondamentali e di interesse generale, posti in pericolo dalla frequenza e dall'intensità degli episodi di violenza negli stadi. La Corte giudica infine la privazione della libertà proporzionata al rispetto dell'obbligo, considerando che il ricorrente era un uomo adulto, noto per essere il leader del gruppo, che aveva manifestato chiaramente la sua volontà di non conformarsi all'obbligo e che comunque la misura non era durata più dello stretto necessario.

I giudici di Strasburgo dunque escludono, all'unanimità, la sussistenza della violazione dell'art. 5 co. 1 Cedu, ritenendo che la privazione della libertà personale subita del ricorrente rispondesse alla ragione di cui alla lettera b) art. 5 co. 1 Cedu.