ISSN 2039-1676


24 maggio 2013

La sentenza sul crollo della Casa dello Studente in occasione del terremoto dell'Aquila

Tribunale di L'Aquila, GUP Grieco, sent. 16 febbraio 2013, imp. Pace e a.

Pubblichiamo la sentenza del Tribunale dell'Aquila, depositata qualche giorno fa e della quale avevano dato notizia i principali quotidiani (per accedere all'articolo relativo pubblicato lo scorso 16 maggio su corriere.it, clicca qui), sul crollo della Casa dello Studente avvenuto in seguito alla terribile scossa sismica delle ore 3,32 del 6 aprile 2009, nel quale morirono otto giovani che si trovavano all'interno dell'edificio, e numerosi altri rimasero feriti.

La Procura aveva chiesto il rinvio a giudizio complessivamente di dieci imputati, per i delitti di crollo colposo di costruzioni (art. 449 in relazione all'art. 434 co. 2 c.p.), omicidio colposo plurimo e lesioni personali colpose a danno di altre ventitrè persone, in relazione ai danni fisici e alle lesioni posttraumatiche da stress da esse riportate. Nei confronti di due imputati il GUP ha pronunciato, in esito all'udienza preliminare, sentenza di non luogo a procedere per non aver commesso il fatto; contestualmente, il GUP ha definito il giudizio abbreviato chiesto dai restanti imputati, condannandone quattro per i reati loro ascritti ed assolvendo gli altri, su conforme richiesta del p.m. che aveva così preso atto delle risultanze della perizia disposta dal GUP.

La ricostruzione del giudice, basata essenzialmente sulla menzionata perizia, procede attraverso i seguenti passaggi essenziali:

- l'evento sismico che ha cagionato il crollo della Casa dello Studente (e di altri edifici all'Aquila, in una percentuale peraltro non superiore dell'1 % dell'intero partimonio edilizio cittadino) non costituì un evento eccezionale né imprevedibile, tanto in relazione alla specifica storia sismica dell'Aquila, quanto in relazione alla relativa frequenza nel mondo di eventi sismici di analoga magnitudo;

- tale evento sismico si atteggia, pertanto, a mera concausa del crollo e dei conseguenti eventi lesivi, che non esclude - giusta il disposto dell'art 41 c.p. - la giuridica rievanza di altre concause imputabili a condotte umane colpose;

- una di tali concause è certamente rappresentata dai difetti originari di progettazione dell'edificio, costruito nel 1965: difetti rilevabili ictu oculi dal sempice esame del progetto, redatto all'epoca da un ingegnere oggi ancora in vita, ma le cui precarie condizioni di salute lo rendono ormai incapace di stare in giudizio, e che è per tale motivo rimasto estraneo all'udienza preliminare;

- il crollo non si sarebbe tuttavia verificato (ovvero le sue proporzioni sarebbero state assai meno gravi) se i lavori di ristrutturazione dell'edificio, effettuati tra la fine degli anni novanta e il 2002, fossero stati eseguiti conformemente a diligenza, prudenza e perizia, e nel rispetto della vigente normativa prevenzionistica;

- due progettisti e il direttore dei lavori di ristrutturazione vengono, pertanto, condannati per avere cagionato il crollo e gli eventi conseguenti essendo loro addebitabile un duplice profilo di colpa: a) di natura commissiva, per avere progettato e realizzato interventi che comportarono un rilevante aumento dei carichi verticali, che certamente aggravò le conseguenze del cedimento dei pilastri determinato dall'azione sismica; e b) di natura omissiva, per non avere gli imputati rilevato la macroscopica difformità del progetto originario rispetto alla normativa antisismica e per non avere conseguentemente progettato ed eseguito, nell'ambito di un intervento di ristrutturazione che comportava un aumento dei carichi originari superiore a 20%, un adeguamento dell'edificio attraverso opere sufficienti a renderlo atto a restere alle azioni sismiche, così come richiesto dalla normativa vigente (e in particolare del d.m. 16 gennaio 1996) e dello stesso contratto stipulato con la committente;

- il presidente della Commissione di collaudo dei lavori di restauro e di risanamento conservativo dell'edificio viene parimenti condannato sulla base, però, del solo addebito - di natura omissiva - di non avere vigilato sulla adeguatezza dei lavori di ristrutturazione rispetto, in particolare, al rispetto della normativa antisismica all'epoca vigente. 

Pesanti le pene inflitte agli imputati ritenuti colpevoli - sei anni di reclusione, ridotti a quattro per la diminuente del rito, ai progettisti e al direttore dei lavori; tre anni e nove mesi, ridotti a due anni e sei mesi per il rito, al presidente della Commissione di collaudo -; ed assai ingenti le provvisionali disposte in favore delle numerose parti civili costituite.

Da segnalare anche una curiosa anomalia processuale: i pubblici ministeri hanno formulato, nella richiesta di rivio a giudizio, capi di imputazione anche nei confronti di tre imputati già deceduti, descrivendo per ciascuno di essi gli specifici profili di colpa loro attribuiti. La scelta della pubblica accusa, vivacemente contestata dalle difese, viene considera legittima ed anzi opportuna dal giudice, in quanto funzionale allo scopo di meglio individuare e, conseguentemente, delimitare le sfere di responsabilità attribuite a ciascuno dei restanti imputati ancora in vita, con un effetto dunque potenzialmente in bonam partem. In questo ordine di idee, il Giudice ha anzi provveduto a nominare difensori d'ufficio per ciascuno dei defunti affinché i relativi interessi, anche solo di natura morale, potessero essere comunque salvaguardati.

Abbastanza evidente il profilo sul quale, probabilmente, si giocheranno i successivi gradi di giudizio, che è quello dell'effettivo raggiungimento della prova dell'efficacia causale della condotta commissiva attribuita ai progettisti e al direttore dei lavori, consistente nell'appesantimento dei piani alti dell'edificio in conseguenza dei lavori di ristrutturazione: prova alla quale sono dedicate, in particolare, le pagg. 49-51 della motivazione. In base alla ricostruzione del Giudice, infatti, il crollo fu provocato dal cedimento dei pilastri collocati nella parte inferiore dell'edificio, in conseguenza di errori compiuti dai progettisti dell'edificio alla metà degli anni sessanta; sicché cruciale, onde pervenire alla conferma della condanna degli imputati odierni - responsabili dei lavori di ristrutturazione compiuti dopo il 1998 -, sarà la questione se davvero possa considerarsi provato che il crollo non si sarebbe prodotto, ovvero si sarebbe verificato con modalità assai meno catastrofiche e tali comunque da non determinare gli eventi letali e lesivi in effetti determinatisi, se i piani superiori non fossero stati appesantiti per effetto delle modifiche realizzate dagli odierni imputati. Una questione, si noti, che è concettualmente ben distinta rispetto a quella relativa alla colpa (sub specie di violazione di specifiche norme cautelari, o di generica imprudenza, negligenza o imperizia) addebitabile agli imputati medesimi, concernendo piuttosto l'elemento oggettivo degli addebiti di disastro, omicidio e lesioni colpose: ferma restando, insomma, la sicura efficacia concausale della scossa sismica e dei difetti di costruzioni originari, sussiste o no un nesso causale tra l'appesantimento dei piani alti dell'edificio e gli eventi in concreto verificatisi? Ovvero si deve ritenere che, anche in assenza di tale appesantimento, il cedimento dei pilastri avrebbe comunque determinato il crollo a catena dei piani superiori, di talché il decorso successivo degli eventi sarebbe stato comunque il medesimo anche in assenza delle modifiche apportate all'edificio nel corso della sua ristrutturazione? (F.V.)