ISSN 2039-1676


18 giugno 2013 |

Il codice di comportamento dei dipendenti pubblici ha ora natura regolamentare

D.P.R. 16 aprile 2013, n. 62, pubblicato in G. U. 4 giugno 2013, n. 129

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1. Il provvedimento qui pubblicato, emanato in attuazione dell'art. 54 d.lg. 30 marzo 2001, n. 165, così come sostituito dall'art. 1, comma 44, legge 6 novembre 2012, n. 190 ed in linea con le raccomandazioni OCSE in materia di integrità ed etica pubblica, va a completare sia i decreti legislativi nn. 33 e 39/2003 in tema di trasparenza ed inconferibilità nonché incompatibilità negli incarichi pubblici sia le disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione contenute nella legge n. 190/2012. Come meglio si dirà tra qualche istante, notevoli potrebbero essere le sue implicazioni in ordine all'applicazione di alcuni delitti contro la p.a.

Il codice si applica ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, d.lg. 30 marzo 2001, n. 165, il cui rapporto di lavoro è disciplinato in base all'art. 2, commi 2 e 3, del medesimo decreto, ossia a tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al d.lg. 30 luglio 1999, n. 300.

 

2. L'impianto normativo, composto da 17 articoli, non costituisce un novum nel suo genere, ma rinnova i contenuti del precedente codice approvato con decreto del Ministro per la funzione pubblica 28 novembre 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 84 del 10 aprile 2001. La novità risiede solo sul piano delle fonti dal momento che l'attuale codice è stato emanato nelle forme previste per i regolamenti governativi dall'art. 17 l. n. 400/1988 (approvazione con d.P.R. previa deliberazione del Consiglio dei Ministri) e, quindi, rientra di pieno diritto fra le «fonti normative» previste dall'art. 323 (sul punto, v. Benussi, I delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, in Trattato di diritto penale. Parte speciale, a cura di Marinucci e Dolcini, 2° ed., Padova, 2013, p. 277 ss.).

 

3. Il codice indica i doveri di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni al fine di assicurare la qualità dei servizi, la prevenzione dei fenomeni di corruzione, il rispetto dei doveri costituzionali di diligenza, lealtà, imparzialità e servizio esclusivo alla cura dell'interesse pubblico. Inoltre sancisce espressamente che la violazione degli obblighi previsti nel codice di comportamento, al pari delle prescrizioni contenute nel Piano per la prevenzione della corruzione, è fonte di responsabilità disciplinare, rilevante anche ai fini della responsabilità penale, civile, amministrativa e contabile. Quanto al tipo e all'entità della sanzione disciplinare concretamente applicabile è previsto che si debba tener conto della gravità del comportamento e del pregiudizio, anche morale, cagionato "al decoro o al prestigio dell'amministrazione di appartenenza".

Tra le principali disposizioni del codice si segnalano:

- il divieto per il dipendente di chiedere, sollecitare o di accettare, per sé o per altri e a qualsiasi titolo (quindi, anche sotto forma di sconto), compensi, «regali o altre utilità», fatti salvi quelli d'uso e di modico valore «non superiore, in via orientativa, a 150 euro». I regali e le altre utilità comunque ricevuti sono immediatamente messi a disposizione dell'Amministrazione per essere devoluti a fini istituzionali;

- la tempestiva comunicazione da parte del dipendente al responsabile dell'ufficio di appartenenza della propria «adesione o appartenenza» ad associazioni od organizzazioni (esclusi partiti politici e sindacati) i cui ambiti di interesse possano interferire con lo svolgimento delle attività dell'ufficio;

- la comunicazione, all'atto dell'assegnazione all'ufficio, «di tutti i rapporti, diretti o indiretti, di collaborazione» avuti con soggetti privati negli ultimi tre anni e in qualunque modo retribuiti, oltre al contestuale obbligo di precisare se con lo stesso (o con il di lui coniuge o convivente o parenti o affini entro il secondo grado) i rapporti finanziari sussistano ancora;

- l'obbligo per il dipendente di astenersi «dal prendere decisioni o svolgere attività inerenti le sue mansioni in situazioni di conflitto, anche potenziale, di interessi» di qualsiasi natura, anche non patrimoniali, come quelli «derivanti dall'intento di assecondare pressioni politiche, sindacali o dei superiori gerarchici»;

- l'obbligo per i dipendenti di assicurare la trasparenza e la tracciabilità dei processi decisionali adottati che dovrà «essere, in tutti i casi, garantita attraverso un adeguato supporto documentale, che consenta in ogni momento la replicabilità»;

- gli obblighi di «comportamento nei rapporti privati» e «in servizio» e all'interno dell'organizzazione amministrativa; in particolare, l'obbligo per il dipendente, nella trattazione delle pratiche, di rispettare, salvo diverse esigenze di servizio o diversa disposizione di priorità stabilito dall'amministrazione di appartenenza, l'ordine cronologico e di non rifiutare, con motivazioni generiche, le prestazioni a cui sia tenuto.

- il «rispetto dei vincoli posti dall'amministrazione» nell'utilizzo del materiale o delle attrezzature assegnate ai dipendenti per ragioni di ufficio, anche con riferimento all'utilizzo dei servizi telematici e delle linee telefoniche dell'ufficio; quanto ai mezzi di trasporto dell'amministrazione a disposizione del dipendente è previsto che l'uso degli stessi avvenga «soltanto per lo svolgimento dei compiti d'ufficio, astenendosi dal trasportare terzi, se non per motivi d'ufficio» (non sarà quindi più possibile l'uso dell'auto per acquisti personali, per la gita domenicale, ecc.).

- obbligo per i dirigenti, prima di assumere le loro funzioni, di comunicare all'amministrazione «le partecipazioni azionarie e gli altri interessi finanziari» che possano porli in conflitto d'interesse con le funzioni pubbliche che svolgono; l'obbligo di fornire «le informazioni sulla propria situazione patrimoniale e le dichiarazioni annuali dei redditi soggetti all'imposta sui redditi delle persone fisiche previste dalla legge»; il dovere, nei limiti delle loro possibilità, di evitare che si diffondano notizie non rispondenti al vero sull'organizzazione, sull'attività e sugli altri dipendenti.

 

4. Rispetto alla versione del 2000, la norma più significativa è rappresentata dall'art. 11 che, in tema di utilizzo del materiale e delle attrezzature pubbliche, diversamente dal passato (ove era previsto il divieto assoluto del loro utilizzo, salvi i casi d'urgenza), riserva alle singole amministrazioni ogni autonoma potestà regolamentare. Se la disposizione, come si è anticipato sopra, potrebbe assumere rilevanza per la qualificazione come «abuso d'ufficio» dell'indebito utilizzo del telefono d'ufficio da parte del pubblico dipendente (e ciò, per l'odierna natura regolamentare del codice, v., sul punto, C. Benussi, Uso improprio del telefono in dotazione al pubblico funzionario per ragioni d'ufficio: le Sezioni unite chiamate a pronunciarsi, in questa Rivista, 9 novembre 2012: clicca qui per accedervi), l'aver rinviato la singola disciplina ai «regolamenti interni», inidonei a essere ricompresi nella sfera tipica della «violazione di norme di legge o di regolamento» di cui all'art. 323 c.p., ha finito per riproporre i problemi del passato.

 

5. Quanto al divieto di chiedere e accettare regali, compensi o altre utilità - anch'esso già contenuto nella versione del 2000 - è oggi previsto che i singoli codici adottati dalle amministrazioni di appartenenza del dipendente possano introdurre criteri ancor più rigorosi prevedendo «limiti inferiori, anche fino all'esclusione della possibilità di ricevere».

 

6. Da ultimo occorre ricordare che sull'applicazione dei codici dovranno vigilare i dirigenti, le strutture di controllo interno e gli uffici di disciplina mentre, annualmente, le pubbliche amministrazioni dovranno verificare lo stato di applicazione, organizzando le attività di formazione del personale per la conoscenza e la corretta applicazione degli stessi.