ISSN 2039-1676


03 febbraio 2014 |

Traffico di migranti via mare: le linee guida della Direzione Nazionale Antimafia per la soluzione dei problemi di giurisdizione penale e di intervento cautelare nei casi di attraversamento di acque internazionali

Riceviamo e volentieri pubblichiamo un documento con il quale il Procuratore Nazionale Antimafia Dott. Franco Roberti , con riferimento ai procedimenti per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina ad opera di associazioni criminali, propone ai Procuratori Distrettuali Antimafia una serie di linee operative per la possibile soluzione dei problemi di giurisdizione penale e di intervento cautelare, nei casi di attraversamento in acque internazionali. Il documento, che può leggersi in allegato, è di seguito presentato da un abstract redatto per la nostra Rivista dal magistrato estensore del documento stesso - il Dott. Filippo Spiezia, Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia.

 

1. In data 9 gennaio 2014 il Procuratore Nazionale Antimafia ha adottato un documento, indirizzato alle Direzioni Distrettuali Antimafia ed inviato per opportuna conoscenza anche ad una serie di autorità amministrative  nazionali ed ai competenti Comandi delle Forze di Polizia, contenente proposte operative per la soluzione dei problemi di giurisdizione penale nazionale e di intervento, con le misure cautelari del caso, in indagini riguardanti associazioni per delinquere dedite al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.

Il tema affrontato si riconnette ai casi di traffico di migranti clandestini attuato da gruppi criminali con l'uso di navigli attraversanti acque internazionali. Con l'adottato documento la Direzione Nazionale Antimafia - istituzionalmente preposta al coordinamento di indagini per reati di criminalità organizzata, tra cui anche quelle per la fattispecie p.e.p. dall'art. 416 comma sesto c.p., laddove le associazioni siano dirette a commettere i delitti di cui all'art. 12 comma 3 bis del D.Lgs. n. 286/1998) - ha inteso  fornire un contributo agli Uffici distrettuali impegnati sul campo, per aiutare a dirimere complesse questioni giuridiche emerse in frequenti e recenti casi di smuggling.

 

2. Come è noto, le analisi compiute da istituzioni specializzate (Europol, Eurojust, Frontex) e l'esito di diverse inchieste già condotte dalle autorità giudiziarie italiane, hanno dimostrato che, spesso, le fasi dell'organizzazione, del viaggio via mare e del successivo sbarco, per l'introduzione nel territorio dello Stato di migranti irregolari, sono gestite da organizzazioni criminali, spesso a carattere transnazionale.

Inoltre, in recenti indagini condotte in relazione agli sbarchi di migranti sulle coste italiane - culminati, in alcuni casi, in tragici eventi, come accaduto il 3 ottobre 2013 al largo delle coste di Lampedusa - è stato accertato che nella gestione del traffico vi è stato il coinvolgimento di navigli (c.d. nave madre), provenienti da paesi dell'area nord africana. Gli stessi hanno attraversato le acque internazionali ed affiancato l'azione di più piccole imbarcazioni, cui è spettata, nella pianificazione complessiva, la gestione finale dello sbarco sulle coste italiane, giungendo autonomamente nelle acque nazionali ovvero nella zona c.d. contigua. E' dunque emerso che il successivo trasbordo dei migranti, nell'ultimo tratto di viaggio, sulla nave minore, non ha rappresentato altro che un tassello - essenziale e pianificato - di una catena più articolata e strutturata. Tale procedura è apparsa pertanto frutto di un disegno rivolto a preservare il peschereccio principale ("nave madre") e il suo più nutrito e professionale equipaggio, da possibili attività di captazione investigativa ad opera delle Forze dell'Ordine dei Paesi europei rivieraschi e, quindi, a tenerlo al riparo dall'esercizio della giurisdizione dei suddetti Paesi, tra i quali l'Italia, quale Stato di approdo. Parte integrante di tale disegno è stata, poi, la sistematica esposizione al rischio di un elevatissimo numero di vite umane e, indirettamente, l'altrettanto sistematica strumentalizzazione delle unità di polizia del mare di tali Stati  (nella specie dell'Agenzia "Frontex" e dello Stato italiano).

Rispetto al delineato quadro, ha assunto particolare rilievo la verifica della sussistenza della giurisdizione italiana in relazione alle condotte illecite dispiegate dalla c.d. nave madre in acque internazionali, in sinergia con navigli minori, in vista del risultato finale (il favoreggiamento dell'immigrazione di clandestini), nelle diverse evenienze in cui tali condotte possono manifestarsi (ad es. con nave madre senza bandiera,  o con bandiera  di comodo ovvero quando batta bandiera di altro Stato).

 

3. Al fine di promuovere un ampio scambio di esperienze e d'informazioni tra le diverse autorità competenti in materia, la Direzione Nazionale Antimafia ha promosso, in data 23 ottobre 2013, lo svolgimento di una riunione per il coordinamento di indagini nelle quali le evidenziate problematiche sul naviglio in alto mare erano emerse. Ad essa hanno partecipato i rappresentanti di varie Autorità aventi competenze in materia (Marina, Guardia di Finanza, Carabinieri, Direzione Centrale dell'immigrazione e delle Frontiere del Dipartimento di pubblica sicurezza, S.C.O.) e i Procuratori degli Uffici Distrettuali attualmente più impegnati su tale fronte.

Facendo propria la proposta avanzata dalla D.D.A. di Catania, sulla base dei dati raccolti ed all'esito di un'ampia ricognizione del dato normativo e giurisprudenziale esistente,  la D.N.A. ha adottato il documento in questione. Secondo l'Ufficio nazionale di coordinamento, un'interpretazione  sistematica e coordinata delle norme del diritto internazionale pattizio, orientata al principio di diritto internazionale generale di salvaguardia dei diritti umani fondamentali e, dunque, funzionale a dare significato all'art. 8, par. 7 del Protocollo sullo smuggling annesso alla Convenzione O.N.U. di Palermo del 2000, consente di ritenere la possibilità di adottare misure particolarmente efficaci nei confronti delle  c.d. navi - madre. Essi potranno consistere  anche nel ricorso agli strumenti coercitivi contemplati dal diritto interno e dal diritto internazionale (ispezione e controllo della nave e sequestro d'urgenza della stessa), al fine di bloccare i beni strumentali e le compagini soggettive attraverso cui il "traffico" di migranti si concreta. Ciò è stato raccomandato specie nei casi in cui vi è un massiccio e seriale traffico internazionale di migranti, da parte di gruppi criminali adusi a mettere spregiudicatamente a repentaglio la vita di tante persone.

Tale lettura trova conforto sia nelle indicazioni riportate in diversi atti adottati da organizzazioni internazionali, in vista dell'applicazione del Protocollo sullo smuggling annesso alla Convenzione ONU sul crimine organizzato, sia in significative pronunce della Suprema Corte di Cassazione italiana, già adottate in materia e richiamate nel documento della D.N.A, benchè quelle intervenute al riguardo non sono ancora espressive di un orientamento univoco.

Analoghi problemi di giurisdizione  - e del possibile uso di poteri coercitivi penali in acque internazionali - sono affrontati nei casi in cui dal natante più piccolo o dalla nave-madre, è stata lanciata una richiesta di soccorso, raccolta da autorità nazionali, ed in cui è emerso l'uso strumentale delle procedure di soccorso attivate attraverso il protocollo marittimo c.d. S(earch)A(nd)R(escue).

 

4. La D.N.A. ha infine sottolineato la necessità, dato il carattere transnazionale dei reati in esame, che le azioni investigative in materia siano attuate garantendo la piena operatività di tutti i meccanismi di collaborazione internazionale  - giudiziaria  e di polizia - nel rispetto delle competenze di ogni organismo, invitando gli uffici giudiziari ad un costante scambio di dati ed informazioni, anche per sfruttare appieno le potenzialità degli organismi quali Europol, Eurojust e Frontex.

Il documento della D.N.A., che può leggersi in allegato, si è dunque sviluppato in 16 proposte operative, il cui contenuto è stato rimesso alla concreta attuazione delle competenti Direzioni Distrettuali Antimafia,  nell'esercizio delle prerogative ad esse spettanti di direzione e coordinamento delle singole indagini, in attesa che sui provvedimenti di sequestro adottati dalle competenti autorità giudiziarie, ed in alcuni casi impugnati, si pronunci la Suprema Corte di Cassazione, cui evidentemente non potrà che spettare l'ultima parola in materia.