ISSN 2039-1676


20 dicembre 2010 |

Nessun obbligo di trasmissione degli atti all'Autorità  amministrativa per i fatti depenalizzati di guida in stato di ebbrezza

Nota a Cass. pen., sez. IV, ud. 26 ottobre 2010, n. 41564

L’art. 33 della recente legge 29 luglio 2010 n. 120 ha depenalizzato il reato di guida sotto l’influenza di sostanze alcoliche, limitatamente all’ipotesi di accertamento di tasso alcolemico nel sangue compreso tra 0,5 e 0,8 grammi/litro, ipotesi che oggi viene configurata come violazione amministrativa.
 
La legge, nel trasformare il fatto illecito da penale in amministrativo, non ha dettato alcuna disposizione transitoria.
 
Nei procedimenti pendenti in cassazione alla data della sua entrata in vigore, pacifico l’esito di annullamento senza rinvio della sentenza in caso di risultanza ex actis del tasso alcolico compreso nella forbice come sopra stabilita, non essendo più il fatto previsto come reato (giurisprudenza non controversa, anche per il caso di ricorso inammissibile: v., tra le altre, Cass. pen., sez. V, 27 settembre 2002 n. 39767, Buscemi, in Cass. pen., 2005, p. 174 con nota di Gizzi), si sarebbe potuto porre il problema dell’eventuale obbligo, per il giudice, di trasmissione degli atti all’autorità amministrativa competente ad irrogare la sanzione pecuniaria e quella accessoria della sospensione della patente di guida.
 
Ma correttamente la sentenza qui in rassegna lo ha escluso, sul rilievo dell’assenza di disposizioni, nella citata legge, dalle quali si possa desumere una deroga ai principi generali di legalità e non retroattività che governano il diritto punitivo amministrativo, come consacrati nell’art. 1 della legge 24 novembre 1981 n. 689: principi che, sulla scia di quanto già affermato in una non recente decisione delle Sezioni unite (Sez. un., 16 marzo 1994 n. 7394, Mazza, in Cass. pen., 1995, 1806, con nota di Albano), trovano applicazione in virtù dell’art. 194 del codice della strada, il quale richiama proprio l’art. 1 appena ricordato, ma non anche gli artt. 40 e 41 della stessa legge che disciplinano il diritto transitorio con una operatività limitata ai reati allora depenalizzati e non estensibile agli altri casi di depenalizzazione.
 
La prospettiva ermeneutica fatta propria dalla sentenza si iscrive, peraltro, in un orientamento garantistico che registra altri precedenti in senso analogo, risalenti all’entrata in vigore del nuovo codice nel 1992.
 
Così, Cass. pen., sez. III, 3 maggio 1996 n. 5617, Nejrotti, in C.e.d. Cass., n. 205786, escluse l’applicazione retroattiva di una sanzione amministrativa, non potendosi invocare in proposito l’art. 2, comma terzo, c.p. che riguarda solo la successione di norme penali incriminatrici, e sez. I, 23 settembre 1996 n. 4678, Giordanengo, ivi, n. 205748, ritenne che, una volta depenalizzata l’inottemperanza all’ordine di presentarsi all’autorità di polizia per esibire documenti o per fornire informazioni in merito alla disponibilità di un veicolo, in mancanza di una disposizione transitoria analoga a quella dell’art. 40 della legge n. 689 del 1981, la nuova sanzione amministrativa non potesse avere efficacia retroattiva e non si applicasse, perciò, alle violazioni commesse prima dell’entrata in vigore del nuovo codice. Con la conseguenza che l’autorità giudiziaria investita della cognizione di una simile violazione non dovesse trasmettere gli atti all’autorità amministrativa (per incidens, va qui notato che prima dell’entrata in vigore del nuovo codice, tale violazione aveva rilievo penale non già per una espressa disposizione di legge, ma perché la giurisprudenza prevalente la riconduceva al paradigma dell’art. 650 c.p.).
 
Eccessi inquisitori, forse. Analoghi a quell’eccesso di zelo che indusse, a suo tempo, l’Ufficio del massimario ad estrarre una massima da Sez. un., 27 ottobre 2004 n. 1327/2005, Li Calzi, ivi, n. 229635, quanto meno esorbitante rispetto al decisum, se non un obiter vero e proprio, che vuole sempre l’esistenza di un obbligo a carico della Corte di cassazione di trasmissione degli atti all’autorità amministrativa, contestualmente all’annullamento senza rinvio della sentenza conseguente a depenalizzazione del reato. Ragione: “la disposizione di carattere generale di cui all’art. 41 della legge 24 novembre 1981 n. 689” (così testualmente, senza ulteriori precisazioni, la sentenza). Un infortunio, seguito, a quanto risulta, in una sola occasione (Cass. pen., sez. II, 25 gennaio 2006 n. 7180, Seye, in C.e.d., n. 233577).
 
Difatti, la giurisprudenza di legittimità è prevalentemente attestata sull’opposto principio, sia pure in fattispecie non sovrapponibili a quella esaminata dalla sentenza in commento: così, tra le altre, in relazione alla ritenuta non configurabilità, nel fatto, del reato previsto dall’art. 316-ter c.p., si è ritenuto che non può essere annullata la sentenza che si sia limitata ad assolvere l’imputato, ravvisando nella condotta esclusivamente l’illecito amministrativo previsto dal comma secondo di tale articolo, senza disporre la trasmissione degli atti all’autorità amministrativa (Cass. pen., sez. VI, 5 maggio 2006 n. 19080, Sirto, in C.e.d. Cass., n. 234689; 17 maggio 2007 n. 30528, Bisceglio, ivi, n. 236976; 26 giugno 2007 n. 30156, Bertolino, ivi, n. 236837), nonché, in relazione all’omessa denuncia di una balestra completa di frecce, la sentenza che abbia egualmente omesso di ordinare la trasmissione degli atti al Prefetto (Cass. pen., sez. I, 31 gennaio 2008 n. 8982, Pintore, ivi, n. 239716).