ISSN 2039-1676


24 marzo 2011 |

Con una decisione presa a maggioranza, la grande camera esclude la violazione sostanziale e procedurale dell'art. 2 Cedu in relazione all'uccisione di Carlo Giuliani durante il G8 di Genova del 2001

Corte EDU, grande camera, sent. 24.3.2011, Pres. Costa, ric. n. 23458/02, Giuliani e Gaggio c. Italia

Con la sentenza qui allegata, la grande camera della Corte EDU, chiamata a pronunciarsi sulla vicenda dell’uccisione di Carlo Giuliani ad opera di un agente dell’arma dei Carabinieri, avvenuta durante gli scontri di piazza che accompagnarono il vertice del G8 di Genova nel 2001:
 
a) ha escluso, per 13 voti a 4, la violazione sostanziale dell’art. 2 Cedu in relazione all’uso dell’arma da parte dell’agente P., dal momento che questi aveva agito per evitare quello che percepiva, in buona fede, come un pericolo reale ed imminente per la vita propria e dei colleghi.
La quarta sezione era giunta, invece, alle medesime conclusioni con una decisione presa all’unanimità.
 
b) ha parimenti escluso, per 10 voti a 7, la violazione sostanziale dell’art. 2 Cedu in relazione all’inadeguatezza del quadro normativo che disciplina l’uso della forza e delle armi in Italia e alla particolare carica offensiva delle armi con cui erano stati equipaggiati gli agenti.
 
In riferimento al primo punto (non preso in considerazione dalla quarta sezione nella pronuncia del 25.8.2009), i giudici di Strasburgo hanno affermato che l’interpretazione convenzionalmente orientata degli artt. 52 e 53 c.p. fatta propria dalla giurisprudenza italiana è sufficiente a escludere la sussistenza di una violazione dell’art. 2 Cedu.
 
Quanto al secondo, il collegio ha rilevato come la questione dell’opportunità che le forze dell’ordine fossero equipaggiate con armi aventi una minore carica offensiva non assumesse rilievo nel caso di specie, poiché l’uso della forza letale non era comunque avvenuto in violazione dell’art. 2 Cedu (cfr. il punto a).
 
c) ha escluso altresì, per 10 voti a 7, la violazione sostanziale dell’art. 2 Cedu in relazione alle carenze organizzative dell’operazione di law enforcement.
 
La Corte ha precisato che l’oggetto della decisione non riguardava l’organizzazione delle operazioni di polizia nel loro complesso, ma solo la sussistenza di eventuali negligenze che avessero avuto un’efficienza causale diretta rispetto alla morte di Giuliani. Alla luce di tale necessaria premessa, essa ha espresso l’avviso secondo cui nulla faceva presagire un pericolo individuato per la vita del giovane: le autorità nazionali non sono dunque venute meno all’obbligo positivo di protezione che su di esse grava ex art. 2 Cedu.
 
A questo proposito è opportuno ricordare che la quarta sezione, invece, aveva ritenuto di non potersi pronunciare sulla violazione degli obblighi positivi discendenti dall’art. 2 Cedu per via delle gravi lacune che avevano caratterizzato il procedimento penale celebrato dinanzi alle autorità giurisdizionali interne, le quali – in particolare – si erano limitare a vagliare la responsabilità dell’autore materiale del reato, senza prendere in considerazione eventuali responsabilità (organizzative) di vertice.
 
d) ha escluso, sempre per 10 voti a 7, la violazione procedurale dell’art. 2 Cedu in relazione alle indagini sulle dinamiche della morte di Carlo Giuliani.
 
In particolare, secondo la Corte, i ricorrenti non avevano dimostrato le asserite gravi lacune dell’esame autoptico; e, d’altra parte, la richiesta di effettuare la cremazione del corpo del giovane – che aveva reso impossibili ulteriori accertamenti – era pervenuta all'autorità giudiziaria dai ricorrenti medesimi. Ad ogni modo, qualsiasi indagine volta a stabilire la precisa traiettoria del colpo sarebbe stata superflua, posto che la condotta dell’agente che aveva esploso il colpo rivelatosi fatale per Giuliani doveva ritenersi scriminata (ex art. 52 c.p.).
 
La Corte ha dunque accolto le obiezioni mosse, nella dissenting opinion alla sentenza della quarta sezione, dai giudici Zagrebelsky, Garlicki e Casadevall, che avevano in quella sede espresso voto contrario alla “condanna” dell’Italia per violazione degli obblighi procedurali essenzialmente sulla base di questi argomenti.
 
e) ha infine escluso, per 13 voti a 4, la violazione dell’art. 13 Cedu in relazione alle garanzie di partecipazione al processo e all'effettività del rimedio giurisdizionale a disposizione dei ricorrenti.
 
Tre le opinioni parzialmente dissenzienti annesse alla sentenza della grande camera.
 
Si segnala in particolare – per gli sviluppi che esso potrà verosimilmente avere, in futuro, nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo – il passaggio della dissenting opinion dei giudici Rozakis, Tulkens, Zupančič, Gyulumyan, Ziemele, Kalaydjieva and KarakaÅŸ nel quale gli stessi affermano che l’obbligo di protezione della vita che discende dall’art. 2 Cedu diventa assai più pregnante nei casi in cui lo Stato convenuto ha assunto volontariamente la responsabilità di organizzare un evento di rilevanza internazionale “ad alto rischio”, come poteva essere appunto il G8 genovese del 2001: “In these circumstances” – sostengono i giudici dissenzienti –  “Article 2 of the Convention cannot be interpreted or applied as if the case merely concerned an isolated incident occurring in the course of accidental clashes, as the majority suggest. In the case of mass demonstrations, which are becoming more and more frequent in a globalised world, the obligation to protect the right to life safeguarded by the Convention necessarily takes on another dimension”.