ISSN 2039-1676


27 gennaio 2011 |

Cass. pen., sez. III, 27.01.2011 (dep. 23.02.2011), n. 6890, Pres. De Maio, Rel. Ramacci, Ric. De Ieso

Sul sequestro preventivo e sulla confisca del mezzo di trasporto impiegato per il trasporto illecito di rifiuti

La sentenza annotata, che può leggersi in allegato, ha ad oggetto il sequestro preventivo del mezzo di trasporto utilizzato per la commissione del reato di trasporto illecito di rifiuti, disposto ai sensi dell’art. 321 co. 1 e 2 c.p.p. in relazione agli artt. 256 e 259 D.lg. 03.04.2006, n. 152 (T.U. ambientale), nonché la correlata ipotesi speciale di confisca obbligatoria prevista dall’art. 259 co. 2 T.U. ambientale.

1. Con riferimento all’oggetto della misura cautelare, con la sentenza annotata la Cassazione precisa che è suscettibile di sequestro preventivo il veicolo destinato, per le intrinseche caratteristiche costruttive, al trasporto di materiali e già adibito al trasporto di rifiuti dal proprietario che sia titolare di un’impresa che svolge un’attività che comporta la loro produzione.
 
La libera disponibilità del mezzo integra il pericolo di agevolazione della commissione di altri reati ai sensi dell’art. 321 c.p.p. e, conseguentemente, il sequestro può legittimamente essere applicato, anche in ragione della prevista confisca obbligatoria del mezzo di trasporto di cui all’art. 259 T.U. ambientale.
 
2. I Giudici di legittimità soffermano, inoltre, l’attenzione sulla natura obbligatoria della confisca del mezzo di trasporto contemplata dall’art. 259 T.U. ambientale e respingono – in quanto manifestamente infondate - le censure di legittimità costituzionale denunciate dal ricorrente.
 
Da un lato, non è condivisibile il ritenuto eccesso di delega poiché, conformemente a quanto disposto dall’art. 1 lett. i) della legge delega n. 308/2004, l’art. 259 T.U. ambientale non comporta alcuna innovazione rispetto al precedente D.lg. n. 22/1997.
 
Dall’altro lato, la questione di legittimità costituzionale relativa all’asserita disparità di trattamento tra il proprietario del mezzo utilizzato per il trasporto illecito di rifiuti, che subisce la confisca, e gli altri soggetti concorrenti nel reato è manifestamente infondata.
 
Il legislatore ha, infatti, attribuito alla confisca del mezzo di trasporto di cui all’art. 259 T.U. ambientale una funzione “generalpreventiva-dissuasiva”, che si fonda su una presunzione legislativa di pericolosità della cosa. La scelta legislativa, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, non determina alcuna disparità di trattamento rispetto agli altri eventuali soggetti concorrenti nel reato, poiché è proprio la libera disponibilità del veicolo che ha reso possibile la commissione del reato.
 
In ultimo, la Suprema Corte ha precisato che il rinvio contenuto nell’art. 259 T.U. ambientale alle ipotesi di reato di trasporto illecito di rifiuti previste dall’art. 256 T.U. ambientale ha carattere di rinvio ‘mobile’, suscettibile pertanto di riferirsi anche alle fattispecie di trasporto illecito di rifiuti di successiva introduzione.
 
3. La sentenza in commento, pur avendo origine da una vicenda riguardante la speciale ipotesi di sequestro preventivo del veicolo utilizzato per la commissione del reato di trasporto illecito di rifiuti, enuncia infine un principio di portata generale valevole per tutte le ipotesi di sequestro preventivo previste dall’ordinamento italiano.
 
La Suprema Corte rileva che il sequestro preventivo è una misura cautelare che ha natura distinta dal sequestro probatorio, quale atto di indagine preliminare, compiuto autonomamente dal pubblico ministero, destinato alla ricerca delle fonti di prova necessarie per le determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione penale.
 
La Corte precisa che il sequestro preventivo risponde all’esigenza di evitare che la libera disponibilità della cosa pertinente al reato possa protrarre o aggravare le conseguenze del reato stesso o determinare la commissione di altri reati. Tale misura cautelare reale è disposta da un soggetto processuale neutrale: il giudice. In questa sede, infatti, il pubblico ministero svolge una funzione meramente esecutiva del decreto giudiziale di sequestro preventivo (artt. 104 e 92 disp. att. c.p.p.).
 
La differenza tra sequestro preventivo e sequestro probatorio era già stata messa in luce da un recente orientamento giurisprudenziale (cfr., tra le tante, Cass. pen., sez. IV, 26.10.2010, n. 37937; Cass. pen., sez. IV, 05.11.2009, n. 42512; Cass. pen., sez. III, 05.12.2002, n. 40970; Cass. pen., sez. III, 20.05.1999, n. 1266), che i Giudici di Cassazione hanno sentito l’esigenza di richiamare espressamente e di confermare.
 
Il ruolo strettamente esecutivo svolto dall’autorità inquirente nell’applicazione della misura cautelare reale non richiede il rispetto di quelle particolari garanzie previste a tutela del diritto di difesa della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini. Il pubblico ministero non deve pertanto richiedere all’indagato se sia assistito da un difensore di fiducia, né - qualora ne sia privo – deve designargli un difensore d’ufficio (art. 365 c.p.p.).
 
Considerata la natura di “atto a sorpresa” del provvedimento giudiziale di sequestro preventivo, la Suprema Corte afferma, inoltre, che non è necessario avvisare preventivamente il difensore della facoltà di assistere alle operazioni di sequestro, né tale informazione spetta all’indagato.
 
Il diritto di difesa della persona sottoposta alle indagini è garantito ab origine dalla neutralità del provvedimento giudiziale, il quale deve essere analiticamente motivato (cfr. Cass. pen., sez. II, 24.06.2008, n. 25694). Di conseguenza, non è dovuta la preventiva informazione di garanzia ex art. 269 c.p.p., né è richiesta la presenza di tutti i suoi contenuti nel provvedimento cautelare del Giudice delle Indagini Preliminari.
 
Con tali affermazioni, la Corte di Cassazione abbandona pertanto il precedente orientamento giurisprudenziale, che assimilava la disciplina del sequestro preventivo a quella del sequestro probatorio, estendendo le garanzie del diritto di difesa riconosciute all’indagato avverso gli atti di indagine compiuti dalle autorità inquirenti anche nei confronti di taluni provvedimenti giudiziali che devono, invece, solamente essere eseguiti dal pubblico ministero o dalla polizia giudiziaria (cfr. Cass. pen., sez. III, 26.04.1996, n. 1970; Cass. pen., sez. III, 04.04.1991, n. 1875).