ISSN 2039-1676


20 marzo 2012 |

Un'innovativa pronuncia di merito in tema di diritto all'assistenza difensiva dell'arrestato

Nota a Trib. Avezzano, Giudice per le indagini preliminari (dott. Taviano), ord. 2 gennaio 2012.

1. L'ordinanza che si legge in allegato offre lo spunto per soffermarsi sui doveri della polizia giudiziaria in caso di arresto o fermo (art. 386 c.p.p.) e per definire i corrispondenti diritti di assistenza difensiva così come essi hanno modo di atteggiarsi nelle varie fasi che caratterizzano le cosiddette misure "precautelari" [1]. Questioni di viva attualità, specialmente all'indomani dell'emanazione della Legge 17 febbraio 2012, n. 9, di conversione, con modificazioni, del D.L. 22 dicembre 2011 n. 211 (più noto come decreto "porte girevoli"), con le nobili implicazioni di civiltà giuridica che la sottendono[2].

Segnatamente, il gip di Avezzano ha dichiarato la nullità dell'arresto sottoposto al suo vaglio "non convalidando lo stesso per violazione da parte della Polizia Giudiziaria di norme sull'assistenza e rappresentanza della persona sottoposta alle indagini arrestata, previste a pena di nullità".

Nella motivazione - opportunamente sintetica come è proprio della tipologia del provvedimento e del contesto giudiziario in cui è stata pronunciata - si censura il verbale di arresto poiché dallo stesso "si evince che la P.G. operante non aveva provveduto a richiedere alla Procura la nomina di un difensore di ufficio all'arrestato che non aveva nominato un difensore di fiducia". Conseguentemente, l'arresto non era stato comunicato ad alcun difensore e l'arrestato era rimasto privo dell'assistenza difensiva prevista dall'art. 386, secondo comma, c.p.p. Solo a seguito della comunicazione del decreto di fissazione dell'udienza di convalida dell'arresto da parte della cancelleria del giudice per le indagini preliminari, l'indagato ha potuto fruire dell'assistenza di un difensore, nominato d'ufficio dallo stesso gip.

Ad avviso del gip la suddetta omissione dei verbalizzanti e, in particolare, "la violazione dei doveri di cui all'art. 386, comma 2, c.p.p. da parte della P.G. costituisce violazione di una norma inerente l'assistenza e la rappresentanza dell'imputato,  norma estensibile ex art. 61 c.p.p. anche alla persona sottoposta alle indagini in quanto relativa alla tutela del diritto di difesa costituzionalmente garantito". Per il medesimo giudice "tale violazione concretizza una nullità di ordine generale [...] ai sensi dell'art. 178 lett. c) c.p.p."

 

2. Si tratta di una decisione in netto contrasto con il costante orientamento della Cassazione che, per vero, in maniera tralaticia, con motivazioni ripetitive e sostanzialmente apodittiche, afferma che "non è causa di nullità l'inosservanza da parte della polizia giudiziaria dell'obbligo di avvisare il difensore d'ufficio, nominato nella circostanza, dell'avvenuto arresto in flagranza, mancando una previsione espressa in tal senso e non ricorrendo alcuna violazione del diritto di difesa dell'imputato riconducibile alle cause generali di nullità"[3]. In particolare, con riferimento a quest'ultimo profilo, i giudici di Piazza Cavour sostengono che "quell'obbligo di informazione dell'arresto non attiene, in modo diretto, all'assistenza dell'imputato, e non incide, quindi sul diritto di difesa, al cui esercizio è finalizzato il successivo interrogatorio da parte del giudice competente per la convalida".  

Questa linea ermeneutica, ancorchè autorevole, non convince. Al contrario, la soluzione interpretativa adottata dal gip di Avezzano appare corretta e assolutamente rispettosa del dato normativo. L'art. 386 c.p.p., infatti, così testualmente dispone: "dell'avvenuto arresto o fermo gli ufficiali o agenti di polizia giudiziaria informano immediatamente il difensore di fiducia eventualmente nominato ovvero quello di ufficio designato dal pubblico ministero a norma dell'art. 97 c.p.p." E' evidente la ratio della norma: garantire il diritto di difesa alla persona arrestata o fermata, e in particolare il diritto ad una reale assistenza difensiva, sin dai primi momenti di privazione della libertà personale. Il dovere di "informativa immediata" previsto dalla citata norma si spiega in un'ottica di concreta, proficua e immediata partecipazione del difensore allo svolgimento di attività che non necessariamente sono destinate a concludersi con la conduzione dell'arrestato in una casa circondariale o mandamentale. Il difensore, infatti, se immediatamente informato, potrà da subito conferire con la persona arrestata o fermata, salve le eccezionali dilazioni previste dell'art. 104 c.p.p; potrà utilmente interloquire con la polizia giudiziaria e con il pubblico ministero in punto di astratta legittimità dell'arresto; potrà prospettare l'opportunità di un'immediata liberazione dell'arrestato o del fermato, ai sensi degli artt. 389 c.p.p. e 121 disp. att. c.p.p. o, ancora, suggerire la detenzione in un luogo diverso dalla struttura carceraria.

In buona sostanza, solo garantendo la puntuale nomina di un difensore di fiducia o d'ufficio ex art. 97 c.p.p. e provvedendo ad un'immediata informativa dello stesso, il diritto di difesa che l'art. 386, secondo comma, c.p.p. intende assicurare alla persona privata della libertà personale, avrà modo di esplicarsi efficacemente e, soprattutto tempestivamente.

Ora, la citata L. 9/2012, emanata proprio al fine di ridurre "significativamente" - come si legge nella Relazione che accompagna il D.L. 211/2011 - il numero delle persone custodite nelle case circondariali per periodi di tempo brevissimi[4], non può che rafforzare la validità di tali argomenti.

Né può essere sottaciuto che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione[5], a proposito del diritto di accesso difensivo agli atti nel procedimento per la convalida dell'arresto o del fermo (artt. 390 e seguenti c.p.p.), hanno incontrovertibilmente chiarito - ponendosi nel solco già tracciato dalla Corte Costituzionale (cfr., ex plurimis, Corte Cost. ordinanze nn. 291 e 230 del 2005 e sentenza n. 175 del 1996) - che il diritto di difesa, presidiato come diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento dall'art. 24 Cost., deve essere inteso come potestà effettiva di assistenza tecnica e professionale.

Ineccepibile, quindi, la decisione del gip di Avezzano di non convalidare l'arresto (e comunque disporre, contestualmente, la misura della custodia cautelare in carcere) sul presupposto che il verbale di arresto fosse affetto da nullità di ordine generale a regime intermedio ex art. 178 lett. c) c.p.p., concernente la violazione del diritto di assistenza difensiva dell'indagato, tempestivamente eccepita a norma dell'art. 180 c.p.p.

 


[1] Così Tonini P., Manuale di procedura penale, Giuffrè, 2006, p. 435.

[2] Cfr. la relazione redatta dal dott. Luca Pistorelli per l'Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione, avente ad oggetto la legge n. 9 del 2012, in questa rivista, pubbl. 27 febbraio 2012.       

[3] Cass. sez. 6°, n. 31281 del 6 maggio 2009 (dep. 29.7.2009) Rv 244679, Spennati; Cass. sez. 6°, n. 246 del 14 gennaio 2001 (dep. 28.2.2000) Rv 216513, Sljivic; Cass. sez. 1°, n. 4997 del 19 dicembre 1991 (dep. 13.2.1992) Rv 189429, Oriunto e altri.

[4]Cfr. il testo consolidato del d.l. 22 dicembre 2011 n. 211 (Interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri) alla luce delle modifiche intervenute in sede di approvazione da parte del Senato della Repubblica del d.d.l. di conversione;  Relazione a cura dell'Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione, redatta dal dott. Luca Pistorelli, avente ad oggetto il decreto-legge n. 211 del 2011, in questa rivista, 28 dicembre 2011, p. 3 s.; Sara Turchetti, a proposito del d.l. 22 dicembre 2011, n. 211 e del c.d. Pacchetto Severino, in questa rivista, pubbl. 13 gennaio 2012.

[5]Cfr. Cass., Sez. Un., 30.9.2010 (dep. 11.10.2010), n. 36212, ric. X, Pres. Lupo, Est. Macchia, in questa rivista, 15 ottobre 2010, con nota di Guglielmo Leo