ISSN 2039-1676


07 giugno 2012 |

Le Sezioni Unite si pronunciano sulla aggravante delle "più persone riunite" prevista per il delitto di estorsione

Cass. Pen., S.U., 29.3.2012 (dep. 5.6.2012), n. 21837, Pres. Lupo, Est. Marasca, ric. Alberti

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1. Con la sentenza pubblicata in allegato le Sezioni Unite hanno risolto il contrasto interpretativo formatosi nella giurisprudenza di legittimità in merito al significato da attribuire alla aggravante di cui all'art. 629, comma 2 c.p. delle "più persone riunite" prevista per il delitto di estorsione, affermando che è necessaria la simultanea presenza di non meno di due persone nel luogo ed al momento in cui si realizzano la violenza o la minaccia.

 

2. A tale riguardo si erano, infatti, delineati due contrapposti orientamenti ermeneutici all'interno delle Sezioni semplici della Suprema Corte.

Secondo un primo indirizzo interpretativo, più risalente nel tempo, ma di recente tornato in auge e condiviso anche dall'ordinanza di rimessione pubblicata sempre da questa Rivista con una nostra nota cui si rinvia per ulteriori riferimenti bibliografici e giurisprudenziali (cfr. Amarelli, L'aggravante speciale delle 'più persone riunite' nel delitto di estorsione al vaglio delle Sezioni Unite, 14 marzo 2012), la circostanza aggravante speciale e ad effetto speciale delle "più persone riunite" prevista dall'art. 629, comma 2 c.p. attraverso il rinvio all'art. 628, comma 3, n. 1 c.p. deve ritenersi integrata dando risalto al profilo oggettivo-materiale (in essa espressamente descritto) della effettiva presenza contestuale di almeno due persone nel luogo e nel momento della consumazione della condotta costrittiva o minacciosa.

Ad avviso di questa parte della giurisprudenza della Suprema Corte l'aggravante delle più persone riunite nel delitto di estorsione non si identifica con una generica ipotesi di concorso di persone nel reato, ma richiede un quid pluris, rappresentato proprio dalla simultanea presenza di non meno di due persone nel luogo e nel momento in cui si realizza la violenza o la minaccia, "in quanto solo in tal modo hanno luogo quegli effetti fisici e psichici di maggiore pressione sulla vittima che ne riducono significativamente la forza di reazione e giustificano il rilevante aumento di pena" (in tal senso, ex multis, Cass., Sez. II, 11 giugno 2010 n. 24367; conforme: Cass., Sez. II, 22 aprile 2009, n. 25614).

Secondo un diverso e contrapposto orientamento, emerso e consolidatosi nella giurisprudenza degli ultimi anni in relazione ai casi peculiari di c.d. 'estorsione a distanza' o 'indiretta' - vale a dire di estorsione commessa con minacce a mezzo lettera o telefono -, la circostanza aggravante in questione non richiede per la sua sussistenza la necessaria presenza simultanea di più persone riunite. Essa altresì è configurabile anche se la minaccia o la violenza siano state esercitate da un solo soggetto, essendo sufficiente che la vittima percepisca che tale condotta provenga da una pluralità di individui, "avendo tale fatto, per se stesso, maggiore effetto intimidatorio" (così Cass., Sez. V,  19 giugno 2009, n. 35054).

Vale a dire che ai fini della sua configurabilità non si reputa indispensabile l'accertamento, in una prospettiva reocentrica,  del requisito oggettivo della effettiva compresenza dei concorrenti al momento della commissione del reato, bensì si ritiene sufficiente, in una contrapposta prospettiva vittimocentrica, quello del requisito soggettivo del rafforzato metus ingenerato nella vittima. Ciò significa che il baricentro del giudizio di sussunzione del fatto concreto nel tipo criminoso viene spostato dal comportamento materiale dei concorrenti preso in considerazione a chiare lettere dalla norma, all'atteggiamento interiore del soggetto passivo di cui tuttavia non vi è menzione, se non nella fattispecie base come evento intermedio della stessa (l'art. 629, comma 1 c.p., infatti, richiede sempre per la sussistenza del delitto di estorsione il requisito del 'constrigimento psichico' della vittima).

 

3. La sentenza in epigrafe risolve tale contrasto propendendo per la soluzione 'oggettiva' sinora minoritaria, attraverso un iter argomentativo solido ed articolato che non affronta il quesito da una prospettiva ristretta di tipo monodimensionale, bensì da una più completa e profonda di tipo polidimensionale. Alla base di questa condivisibile decisione si trovano, infatti, sia ragioni ricavate dal canone ermeneutico classico dell'interpretazione letterale, sia ragioni ricavate dai diversi criteri ermeneutici di tipo teleologico esistematico, quasi a ribadire che l'affannosa ricerca del confine tra interpretazione legittima e applicazione analogica vietata non debba essere condotta valorizzando solo uno dei tanti profili in cui si declina l'attività interpretativa, bensì contemperandoli insieme. In altre parole, per la definizione del c.d. tipo criminoso non si può prescindere da una attenta interpretazione e ricognizione del significato letterale delle parole e delle espressioni utilizzate dalla legge, né si può fare a meno di una approfondita disamina di carattere teleologico e sistematico per evitare di avallare soluzioni irragionevoli.

 

3.1. Ed infatti, la soluzione proposta dalle S.U. in questa pronuncia - secondo cui per la sussistenza dell'aggravante è richiesta la necessaria contestuale presenza delle più persone nel luogo e nel momento della commissione della condotta estorsiva - trova riscontro in primo luogo in una "interpretazione letterale, rispettosa del principio di legalità nella duplice accezione della precisione-determinatezza della condotta punibile e del divieto di analogia in malam partem in materia penale".

Seguendo la regola fissata dall'art. 12 delle preleggi, in base alla quale è necessario in primo luogo tenere conto nella interpretazione delle norme del significato lessicale dei termini utilizzati dal legislatore, la Suprema Corte approda alla conclusione che il termine "riunite" impiegato nell'art. 629, comma 2 c.p. per connotare la condotta da cui deriva l'aggravamento di pena è semanticamente univoco, indicando in maniera chiara ed incontrovertibile la compresenza in un luogo determinato di più persone. Leggerlo diversamente, in una accezione 'soggettiva', significherebbe violare palesemente il principio di tassatività ed il divieto di analogia delle norme penali sanciti dall'art. 25, comma 2 Cost.

Anzi, la specificazione di tale aspetto della "riunione" costituisce proprio l'elemento che caratterizza e contraddistingue l'aggravante de qua rispetto alle normali forme di compartecipazione criminosa.

 

3.2. In secondo luogo, la tesi 'oggettiva' sposata dalla decisione delle Sezioni Unite è confortata anche da un argomento teleologico.

Si ritiene infatti che la ratio dell'inasprimento della pena in questo caso sia rappresentata dal maggiore effetto intimidatorio e dalla minorata difesa della vittima generati dal dato oggettivo-causale della contestuale presenza di più persone nel luogo e nel momento della realizzazione della minaccia o della violenza. In questo modo si riesce anche a spiegare la possibilità di ritenere configurata detta aggravante nelle ipotesi di estorsione 'indiretta' o 'mediata', ma solo laddove la condotta minaccia sia oggettivamente realizzata da più persone insieme, non al cospetto della vittima (es.: lettera firmata da più soggetti, o telefonata in cui si riconoscono chiaramente le minacce provenienti da una pluralità di voci diverse).

Peraltro, che la ratio non sia costituita dalla sensazione o dalla percezione del soggetto passivo della provenienza dell'azione minatoria da parte di più persone, invece che dalla simultanea presenza delle stesse, lo si evince dal fatto che non solo ciò confliggerebbe con il tenore letterale della norma che non prende proprio in considerazione la vittima e le sue percezioni, ma anche perché i concetti di "sensazione" e "percezione" sono estremamente opinabili, evanescenti e privi di qualsiasi oggettività.

Senza trascurare che, nel caso in cui le minacce provengano da più persone non contestualmente, ma in momenti diversi, si potrà al più integrare l'aggravante comune di cui all'art. 112, comma 1 c.p. nel caso in cui i concorrenti siano cinque o più.

 

3.3. Sotto il profilo logico-sistematico, infine, la soluzione fornita al quesito sottoposto alle Sezioni unite è avvalorata da una attenta ricognizione delle interpretazioni che la giurisprudenza ha fornito alla identica espressione "più persone riunite" utilizzata dal legislatore in altre fattispecie incriminatrici.

Ed invero, per quanto concerne la fattispecie affine di rapina, secondo l'avviso unanime della Suprema Corte e della dottrina, ai fini della configurazione dell'aggravante ad effetto speciale descritta dall'art. 628, comma 3, n. 1 c.p. è sempre necessaria la simultanea ed effettiva presenza dei correi nel luogo e nel momento del fatto a prescindere dalla commissione della violenza o della minaccia da parte di ciascuno di essi (cfr. Cass., Sez. un., 23 marzo 1992, n. 3394; Cass., 10 giugno 1974, Messina, CED 129081; 23 giugno 1981, CED 149461, in Riv. pen., 1981, 681).

Analogamente, ai fini della configurazione dell'art. 609 octies c.p., che incrimina il delitto di violenza sessuale di gruppo a titolo di fattispecie autonoma punita più gravemente rispetto al delitto di violenza sessuale di cui all'art. 609 bis c.p. proprio in ragione del requisito modale della presenza delle "più persone riunite", la dottrina e la giurisprudenza hanno sostenuto una lettura di questa espressione perfettamente collimante con quella elaborata in relazione al delitto di rapina. Secondo il loro concorde avviso, tale locuzione evoca situazioni e concetti parzialmente differenti da quelli propri del mero concorso eventuale ed individua un reato necessariamente plurisoggettivo proprio il cui quid pluris rispetto alla mera compartecipazione criminosa ex art. 110 c.p. è costituito proprio dal fatto che al momento e nel luogo della sua commissione i partecipanti siano riuniti.

Ed ancora, tale interpretazione 'oggettiva' della locuzione "più persone riunite" è stata sostenuta anche nelle altre fattispecie circostanziali che la prevedono, vale a dire negli artt. 339 e 385 c.p., rispettivamente recanti delle circostanze aggravanti speciali per alcuni delitti contro la p.a. e contro l'amministrazione della giustizia commessi con violenza o minaccia. In entrambe queste ipotesi, è richiesta per la configurazione delle rispettive aggravanti la simultanea e consapevole presenza di tutte le persone sul luogo del reato anche se non è necessario il previo concerto, bastando un accordo subitaneo o un'implicita intesa.