ISSN 2039-1676


19 giugno 2012 |

La tutela penale della libertà  di concorrenza nelle gare pubbliche (autorelazione sul volume)

Jovene editore, Napoli, 2012, pp. XI- 428

1. Il volume, pubblicato nella collana del Dipartimento di Scienze Giuridiche dell'Università degli Studi di Roma " La Sapienza", ha ad oggetto il microsistema normativo dedicato alla penalizzazione degli illeciti volti ad alterare la libera dialettica economica negli incanti.

L'approfondimento della tutela penale della libertà di concorrenza nelle gare pubbliche rinviene le proprie ragioni di interesse anzitutto nello speciale rilievo annesso da sempre a questa tematica dal diritto positivo.

In effetti, l'istituzione di un apposito apparato repressivo per le turbative commesse nei procedimenti di selezione dei contraenti con la pubblica amministrazione già in taluni codici preunitari e poi, via via, nel codice Zanardelli e nell'assetto originario del codice Rocco segnalano la persistente attenzione del legislatore alla cura di questo determinato settore di operatività dei pubblici poteri.

Attenzione che si è di recente nuovamente manifestata, dimostrando la sua perdurante attualità, per il tramite dell'intervento novellatore, dovuto alla legge 13 agosto 2010, n. 136 - intitolata: " Piano straordinario contro le mafie, nonché delega al Governo in materia di normativa antimafia"-, con cui, per un verso, sono stati notevolmente irrigiditi i riflessi sanzionatori collegati al delitto di turbativa d'asta - se prima era stabilita una pena detentiva non superiore a due anni di reclusione, l'art. 9 della novella ha delineato una nuova cornice edittale che prevede ora la reclusione da sei mesi fino cinque anni-, per l'altro, è stato introdotto il delitto di turbata libertà del procedimento di scelta di cui al nuovo art. 353- bis c.p.

Nel corso della ricerca è emerso come il legislatore abbia costantemente reputato meritevoli di una specifica guarentigia le gare pubbliche in quanto tali procedure, e il principio di libera concorrenza che le impernia, si atteggiano a meccanismi strumentali ad assicurare agli apparati pubblici una contrattazione giusta e vantaggiosa, di talché la loro protezione si rifrange direttamente sul perseguimento del fondamentale interesse a una corretta allocazione delle risorse dello Stato.

D'altro canto, se nel clima culturale che ha fatto da sfondo alla genesi del codice attualmente in vigore, in cui imperava un'idea pervasiva dello Stato nella vita economica e in cui, quindi, il concorso del privato alla gestione delle pubbliche ricchezze era giudicato di scarsa importanza - e da ciò la benevola cornice edittale in principio disegnata per la violazione dell'art. 353 c.p.-, oggi balza ancora più evidente la dignità attribuita dal diritto positivo al ruolo dei procedimenti in questione e al principio di libertà di concorrenza su cui i medesimi si radicano.

Invero, il legislatore, anche in adempimento a obblighi di origine comunitaria ( e questo a testimonianza della centralità riconosciuta alla libertà di concorrenza financo a livello sovranazionale), e al culmine di un processo di riforma della materia le cui tracce erano già visibili in altri precedenti interventi normativi, ha incrementato a dismisura, mediante il varo del decreto legislativo n. 163 del 2006, contenente il " Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/ 17/ CE e 2004/ 18/ CE", i casi in cui alla pubblica amministrazione viene precluso di affidare le proprie commesse in via diretta, senza avvalersi di sistemi di selezione delle offerte scanditi da regole predefinite volte a garantire che l'aggiudicazione del contratto sia la risultante di una sana e libera competizione tra le parti.

Per questa via, si è positivizzata una tendenza già molto in voga nella prassi dove l'amministrazione, seppure a suo piacimento e nell'esercizio dei suoi ampi poteri discrezionali, si serviva comunque spesso di una qualche forma competitiva di selezione delle offerte anche in caso di ricorso a congegni ( pensiamo alle trattative private) a cui, a differenza dei pubblici incanti e dalle licitazioni private, risultava teoricamente estraneo il concetto di gara.

Proprio questa circostanza ha concorso ad esaltare ulteriormente la funzione repressiva assolta dalle disposizioni in commento, inducendo la giurisprudenza, a cominciare dagli anni '70 del secolo passato, a espandere alquanto la loro operatività, dilatandone il raggio d'azione a sistemi di cooptazione del contraente ivi non espressamente citati, con un'operazione fortemente sospetta di tradursi in una aperta violazione del divieto di interpretazione analogica in malam partem.

Insomma, se lo scopo ultimo implicito alle gare pubbliche è quello di consentire una gestione efficace e produttiva delle finanze della comunità, allora si intuisce agevolmente la ratio istitutiva del microcosmo normativo oggetto del nostro studio e la crescente rilevanza ascritta al medesimo anche in sede applicativa.

Tra l'altro, il disvalore delle condotte indirizzate a turbare la regolarità delle procedure di individuazione del contraente con la pubblica amministrazione è acuita dai riverberi negativi che le stesse producono sulla legittima aspettativa di tutti i partecipanti a un'equa valutazione delle rispettive offerte.

Pur trattandosi di un interesse coinvolto solo indirettamente e di riflesso nelle fattispecie in esame - le quali sono pensate e calibrate su profili di danno di natura prettamente pubblicistica- non si può certo trascurare l'importanza che la libera concorrenza finisce per assumere anche in una prospettiva più estesa, tendente al corretto svolgimento di una libertà di iniziativa economica che ormai si esplica in un contesto globalizzato in cui la dimensione quantitativa delle risorse pubbliche investite assorbe quote di mercato talmente elevate da annacquare la distinzione tra l'aspirazione dei pubblici poteri a un loro efficiente impiego e quella dei privati a una loro distribuzione sulla base di ferree logiche concorsuali.

Se è così, risulta ancora più chiara la scelta di esplorare a fondo gli strumenti di tutela di un bene che ha acquisito un rilievo imponente nell'ordinamento giuridico.

E questo anche allo scopo di suggerire, in una prospettiva evolutiva e in linea con la filosofia di base che ha ispirato le recenti innovazioni legislative, ulteriori modifiche idonee a commisurare l'intensità della complessiva risposta penale, non solo con riferimento alla misura delle pene ( si pensi, a titolo meramente esemplificativo e non certo esaustivo, alla necessità di inserire tali illecite tra quelli per cui è prevista la responsabilità " amministrativa" degli enti o all'esigenza di allargarne il raggio d'influenza alla trattativa privata e all'appalto- concorso), al peso preponderante acquistato dai valori in gioco.

 

2. Oltre a ragioni di ordine sostanziale, legate alla progressiva importanza assegnata al bene protetto, vi sono poi argomenti di natura strettamente tecnico- penalistica, afferenti alla particolare struttura della fattispecie che costituisce il baricentro dei reati in parola, che ne hanno reso meritevole l'approfondimento e che, peraltro, confermano la rilevanza ascritta dal legislatore al settore delle gare pubbliche e la sua volontà di punire qualsiasi forma di aggressione al loro genuino svolgimento, senza lasciare aree penalmente scoperte.

Ed invero, il delitto di turbata libertà degli incanti, di cui all'art. 353 c.p., si presenta come una disposizione concepita apposta per assolvere una funzione di completamento del sistema mediante l'incriminazione di accadimenti che altrimenti sfuggirebbero alle maglie del diritto penale.

Sono significative di questo fenomeno, le condotte di erogazione di doni e di enunciazione di promesse ( adesso previste anche nell'art. 353- bis c.p.), in special modo nell'ipotesi in cui le stesse siano indirizzate a un soggetto investito di qualifiche pubblicistiche, come, per esempio, il preposto alla procedura selettiva.

Tramite l'enucleazione di simili contegni, l'art. 353 c.p. ingloba al suo interno una situazione dalle sfumature, anche di natura psicologica, peculiari, insuscettibile di essere ricondotta al tessuto connettivo di altri moduli astratti e segnatamente a quelli della corruzione antecedente.

Mentre nei delitti di corruzione antecedente si stigmatizza la stipula di un patto sinallagmatico, impostato sulla logica del do ut des, la fattispecie in parola, in parte qua, sbarra il passo a comportamenti che, pur non innestandosi in una relazione di scambio caratterizzata dall'assunzione di impegni reciproci, possono influire indebitamente sull'attività amministrativa, dando vita al turbamento della gara.

In altri termini, la prescrizione legale, su tale versante, prende in considerazione un semplice rapporto di causa- effetto, mirando a colpire soltanto colui il quale dona o promette  ( e non anche il beneficiario di tale attività) quando tali atti, pur non collocandosi nella trama di un illecito accordo " negoziale" - alla stregua della corruzione-, abbiano nondimeno interferito sulle altrui scelte, impedendo l'evoluzione della procedura in regime di parità tra i concorrenti.

Esemplificando, si pensi a un imprenditore attivo nel campo delle costruzioni di " grandi opere" il quale, nella fondata convinzione della imminente pubblicazione di un bando per la realizzazione di una importante infrastruttura pubblica, omaggi di una serie di oggetti di ingente valore colui il quale si sappia essere stato incaricato della redazione di tale documento affinché lo stesso, a seguito di tali blandizie, inserisca al suo interno clausole idonee a favorirlo, senza però in alcun modo subordinare le dazioni all'assunzione di qualsivoglia specie impegno e senza neppure esplicitare le reali ragioni collegate a tali gesti di liberalità.

In un fatto come quello immaginato, laddove il preposto alla formazione del bando si lasci effettivamente influenzare dai doni ricevuti, avvantaggiando l'agente, ancorché ci si trovi al di là dello schema tipico della corruzione - in cui le dazioni, almeno a nostro modo di vedere, si qualificano in termini di vere retribuzioni-, per il donante si integrano ugualmente i presupposti del reato di turbativa d'asta al quale, come detto, basta l'instaurazione di un collegamento causale tra condotta ed evento- turbamento.  

Si ponga mente, ancora, al fatto di un imprenditorie il quale, mediante costose regalìe, non asservite però alla richiesta di alcuna controprestazione, entri nelle grazie di un esponente di vertice di un'amministrazione locale.

Nell'ipotesi in cui il percettore delle utilità, al di fuori di qualsiasi intesa " corruttiva", ma a seguito delle blandizie ricevute, raccomandi agli uffici competenti, come poi effettivamente avviene, di concepire la sequenza di gara in guisa da favorire il suo " protetto", di nuovo, a carico del donante, si potranno rinvenire i connotati tipici della fattispecie in parola.

Nei casi di specie, tuttavia, facendo difetto una situazione " soggettivamente pregnante", assimilabile a quella definita con il concetto di sinallagma, descritta nei delitti di corruzione, occorrerà analizzare con estrema accuratezza i tratti materiali dell'accadimento concreto, appurando se dalla sua conformazione storica si stagli con contorni nitidi e certi - ed evitando, quindi, qualsiasi scorciatoia probatoria- la finalizzazione del dono o della promessa allo sviamento della contesa così come, d'altronde, la sua diretta efficacia condizionalistica sulla successiva manipolazione dell'iter selettivo.

Al riguardo, sia detto incidentalmente, risulta poco comprensibile la scelta di punire solo il donante o il promittente e non anche colui il quale turba la gara a seguito dei benefici ottenuti o annunciati, soprattutto allorché si tratti di un agente pubblico il quale, nondimeno, se ne sussistono i presupposti, potrà rispondere di altri reati contro la pubblico amministrazione e, in particolare, di abuso d'ufficio.

Un ulteriore profilo di assoluta originalità nello studio della norma lo si scorge nel punto in cui la stessa contempla la condotta di collusioni.

Qui, l'art. 353 c.p. si riferisce a un vero e proprio accordo clandestino espressamente proteso a manomettere la gara, in cui le parti si assumono impegni precisi e dove, in ossequio alla regolamentazione del c.d. reato plurisoggettivo proprio, tutti i partecipanti sono sottoposti ai rigori del diritto penale.

Pertanto, nell'ipotesi in cui il patto collusivo intervenga unicamente tra privati, prevedendo per giunta la consegna di utilità a fronte della promessa di modificare l'atteggiamento di gara in guisa da agevolare  il " corruttore", il delitto di turbativa d'asta - come, del resto, quello di cui al nuovo art. 353- bis c.p. e quello di cui all'art. 354 c.p .- assume le sembianze di una speciale ipotesi di corruzione tra privati.

Alle attitudini ora sommariamente tratteggiate si aggiunge, inoltre, una notevole duttilità e adattabilità della turbativa d'asta ai " nuovi" scenari, delineati dall'incessante progredire della normativa di settore, entro i quali si possono verificare aggressioni alla libertà di concorrenza nelle gare pubbliche.

Il ricorso allo strumento concorsuale è infatti destinato ad assumere dimensioni quantitative sempre più massicce anche a seguito dell'obbligo imposto dal c.d. Codice dei contratti pubblici a soggetti formalmente privati - ci riferiamo ai c.d. organismi di diritto pubblico e alle c.d. imprese pubbliche-, distinti dalla pubblica amministrazione, ma erogatori di pubblici servizi per antonomasia ( pensiamo a quelle società una volta denominate municipalizzate), di reclutare il soggetto a cui affidare le commesse predisponendo una gara secondo le cadenze tipiche dei pubblici incanti o delle licitazioni private.

Orbene, gli illeciti commessi nell'ambito delle licitazioni private organizzate da queste entità giuridiche, parto della moderna attività di produzione legislativa in campo amministrativo, anziché cogliere alla sprovvista il diritto penale, possono essere ricondotte sotto l'egida dell'art. 353 c.p. sfruttando la previsione contenuta nel suo terzo comma.

 

3. In definitiva, l'indagine si è concentrata su un microsistema normativo, per un verso, adibito alla salvaguardia di un interesse ormai divenuto strategico ( la libertà di concorrenza nelle gare pubbliche), per l'altro, dalle indubbie potenzialità operative.

Proprio queste notevoli capacità funzionali, d'altronde, potrebbero contribuire a stemperare la percepita esigenze di nuove fattispecie - pensiamo alla corruzione tra privati o al multiforme campionario del c.d. " traffico d'influenze" in cui, quantomeno in parte, come si evince dalla breve rassegna esemplificativa proposta, potrebbero rientrare le blandizie costituite dai doni o dalle promesse- finalizzate a fare fronte a presunti vuoti di tutela, colmabili, in realtà, perlomeno nella materia in esame, mediante l'adeguata valorizzazione del vasto orizzonte applicativo degli illeciti in parola ovvero introducendo lievi aggiustamenti di disciplina strumentali all'estensione della punibilità anche a colui il quale - sia esso un privato o un pubblico funzionario- si lasci suggestionare dalle liberalità di cui ha fruito.