ISSN 2039-1676


14 dicembre 2012 |

Fermo reale e diritto di difesa: una partita aperta

Cass. pen, Sez. III, 23/11/2012 (dep. 23/11/2012), n. 45850, Pres. Fiale, Rel. Ramacci, Imp. Abrogato

 

1. La sentenza che qui si segnala prende in esame il delicato tema della praticabilità di qualche margine di difesa in occasione del sequestro preventivo operato dalla polizia giudiziaria. Come noto, all'ordinaria cautela reale preventiva, disposta dal giudice su richiesta del pubblico ministero (art. 321 comma 1 c.p.p.), la legge n. 12 del 14 gennaio 1991 ha affiancato, per i casi di urgenza durante le indagini preliminari, prima dell'intervento dell'organo d'accusa, il sequestro preventivo eseguito dagli ufficiali di polizia giudiziaria, conosciuto con lo pseudonimo di "fermo reale" (art. 321 comma 3-bis c.p.p.)[1].

Una simile misura, pensata appunto per fronteggiare casi eccezionali di non rinviabilità determinata dal pericolo che la libera disponibilità della cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso o favorire la commissione di altri reati, appare quanto mai provvisoria: difatti, entro quarantotto ore il verbale di sequestro deve essere trasmesso al pubblico ministero, al quale spetta decidere, nelle successive quarantotto ore, se restituire le cose sequestrate oppure richiedere al giudice la convalida e l'emissione del decreto motivato. Qualora tali termini non vengano rispettati, oppure non giunga la convalida nei seguenti dieci giorni, il sequestro perde efficacia (comma 3-ter).

La ricordata struttura essenziale del fermo di beni reca con sé due ordini di conseguenze, con importanti risvolti prima sul piano normativo, poi su quello dell'applicazione giurisprudenziale.

Anzitutto, la novella legislativa ha configurato una fattispecie spuria di sequestro, eseguito senza il decreto del giudice in ragione dell'urgenza investigativa, da convalidare in seguito. Nel ribaltare la sequenza autorizzazione-esecuzione, tuttavia, non ha pensato di offrire un margine di tutela difensiva a favore della persona sottoposta a indagini[2], lasciando che ogni doglianza continui a riversarsi, attraverso la via del riesame, sul decreto giudiziale[3].

Coerentemente, la giurisprudenza - e con essa la pronuncia in esame - appare solida nell'affermare che l'oggetto esclusivo del riesame è il decreto di sequestro emesso dal giudice, «l'unico che legittima la misura cautelare», anche perché quando il giudice abbia ritenuto sussistere gli estremi per l'emissione del decreto di sequestro preventivo «ogni questione relativa alla convalida di quello disposto in via d'urgenza risulta priva d'attualità essendo, quest'ultimo, un provvedimento precario, destinato o ad essere implicitamente caducato ovvero ad essere sostituito dal decreto del giudice». Se ne deve concludere che ogni profilo di legittimità relativo all'apposizione del vincolo reale si risolva - e si dissolva - nella decisione giudiziale di procedere alla convalida.

 

2. Tra le questioni che così affiorano in modo problematico compare quella sulla quale si concentra la sentenza che ci occupa: trattasi di comprendere se, in occasione del sequestro preventivo eseguito dalla polizia giudiziaria, possa o debba farsi luogo all'avviso, da rivolgere alla persona indagata o imputata, circa la sua possibilità di ottenere l'assistenza di un difensore di fiducia; quindi, se la mancanza di tale avviso costituisca o meno violazione del diritto di difesa.

Il ricorrente, muovendo dal presupposto che l'informazione fosse dovuta, eccepiva la violazione dell'art. 114 disp. att. c.p.p., dalla quale sarebbe discesa una nullità di ordine generale, a regime intermedio. A parte l'incerto regime di rilevabilità di tale forma di nullità, talora reputata oggetto di attenzione da parte del giudice chiamato a convalidare il sequestro[4], altrove ritenuta materia di riesame[5] e in altre pronunce, al contrario, rispetto a quest'ultimo considerata estranea[6], il dubbio riguarda l'effettiva portata della disposizione attuativa destinata ad assicurare l'avvertimento circa il diritto all'assistenza del difensore durante gli atti investigativi della polizia giudiziaria.

In effetti, l'art. 114 disp. att. c.p.p. effettua un rimando ai soli atti di p.g. indicati nell'art. 356 c.p.p., così delimitando l'area del diritto della persona sottoposta alle indagini alla contestuale assistenza difensiva: poiché tale disposizione richiama solo gli artt. 352 e 354 c.p.p., si deduce che le attività "garantite" si riducono alle perquisizioni e agli accertamenti urgenti sui luoghi, sulle cose e sulle persone, nonché agli eventuali conseguenti sequestri funzionali alla conservazione dello status quo.

Peraltro, proprio la contiguità tra le diverse forme di sequestro potrebbe indurre a considerare estensibile alla cautela reale quell'informazione difensiva che invece appartiene al mezzo di ricerca della prova. Così ragionando, infatti, anche precedenti arresti del supremo Collegio, in particolare proprio della terza Sezione, hanno riscontrato un'irragionevole disparità tra i due istituti richiamati, concludendo per l'estensibilità dell'avviso alla difesa anche in caso di sequestro preventivo[7].

Alla forza evocativa dell'argomento letterale, però, non sfugge la decisione in esame: uniformandosi all'indirizzo più rigoroso[8], esclude che nel perimetro dell'art. 114 disp. att. c.p.p. possa farsi confluire l'istituto disciplinato all'art. 321 c.p.p., strutturalmente vicino alla figura di sequestro ospitata all'art. 253 e ss. c.p.p., ma distante da essa sotto il profilo funzionale. Una vera irragionevolezza nella differenza di trattamento, poi, non parrebbe ravvisabile dal momento che le attività richiamate dall'art. 356 c.p.p., tutte strumentali ad assicurare le fonti di prova, sono soggette al mero controllo del pubblico ministero, mentre il "fermo reale" risulta sottoposto alla convalida del giudice. L'occhio attento della giurisdizione, allora, pare doversi considerare ristoro sufficiente, capace com'è di valutare non solo l'opportunità ma anche la legittimità della procedura cautelare avviata dalla polizia, nel caso sanzionandola con il diniego della convalida e del seguente decreto.

Meno convincente, anche se impiegato solo ad adiuvandum, l'argomento incentrato sulla volontà del legislatore il quale, ove avesse voluto dotare la fattispecie cautelare preventiva delle garanzie difensive riservate al sequestro probatorio, lo avrebbe potuto decidere espressamente in sede di modifica, nel 1991, dell'art. 321 c.p.p. Per dirla con Cordero, quel che pensava il legislatore è roba da curiosi d'aneddoti. Sta di fatto che la trama delle norme richiamate permette alla Corte di cassazione di fornire una risposta assai certa, difficilmente scalfibile anche usando il potente strumento del diritto costituzionale di difesa, in effetti qui poco considerato.

 

3. Sebbene il traguardo raggiunto dalla Corte di cassazione sembri derivare da una corretta esegesi delle disposizioni interessate, forse rivela una piccola falla - tra le molte - nel sistema. La progressiva conquista di spazi difensivi, soprattutto agli esordi dell'indagine preliminare, beneficia certamente dell'opera responsabile della giurisprudenza; però, non è possibile sperare che il giudice sconfini nel terreno riservato al legislatore. Altro è estendere l'esistente, altro forgiare l'inesistente.

Certo, il ricompattato indirizzo interpretativo della Suprema Corte che ritrae un vuoto difensivo nel delicato momento del sequestro preventivo (operato d'urgenza), il cui oggetto è notoriamente molto elastico per tipologia (stante l'identità variabile delle cose pertinenti al reato), e la cui efficacia in termini di incisività nella vita delle persone non richiede approfondimenti (basti richiamare il fine mediato della confisca, anche per equivalente), sembra un forte - l'ennesimo - monito contro la frettolosità del legiferare.

 


[1] Terminologia felicemente coniata da E. Zappalà, Le misure cautelari reali, in D. Siracusano, A. Galati, G. Tranchina, E. Zappalà, Diritto processuale penale, Giuffrè, 2011, p. 496.

[2] Lamenta la ristrettezza degli spazi difensivi in materia di sequestro preventivo, in particolare, M. Ceresa-Gastaldo, Garanzie insufficienti nella disciplina del sequestro preventivo, in Cass. pen., 2010, p. 4439 s.

[3] Per uno sguardo d'insieme sui problemi sollevati dall'istituto in esame v. P. Balducci, Il sequestro preventivo nel processo penale, Giuffrè, 1991, passim.

[4] Sul punto, una parte della giurisprudenza afferma che, in realtà, la nullità di ordine generale, a regime intermedio, vada eccepita, ai sensi dell'art. 182 c.p.p., o prima del compimento dell'atto o immediatamente dopo. Così, tra altre, Cass., Sez. IV, 14/03/2008, n. 15739; Cass., Sez. III, 28/09/2004, n. 42896. Secondo Cass., Sez. III, 11/10/2006, n. 41625, in Cass. pen., 2008, p. 283, la nullità dovrebbe essere eccepita dal difensore subito dopo la sua nomina. In tema, Cass., Sez. IV, 25/09/2003, Giannandrea, in C.E.D. Cass., n. 227303, ha precisato che la formulazione dell'eccezione di nullità può avere luogo anche al di fuori del compimento di specifici atti processuali, assumendo la forma della memoria difensiva o della richiesta ex art. 121 c.p.p.

[5] In tal senso v. Cass., Sez. III, 14/05/2009, Di Sturco, in Cass. pen., 2010, p. 1861, che ha ritenuto tempestiva l'eccezione sebbene sollevata per la prima volta in sede di riesame.

[6] Cass., Sez. II, 12/04/2011, n. 19100; Cass., Sez. IV, 4/11/2009, n. 45622. In questa direzione, da ultimo, muove anche la sentenza che si annota.

[7] Hanno così deciso, tra altre, Cass., Sez. III, 4/04/2012, G., in Dir. & Giust., 5/10/2012; Cass., Sez. V, 9/10/2008, n. 44538; Cass., Sez. III, 3/04/2007, C.M., in Riv. Giur. sarda, 2008, n. 2, p. 465; Cass., Sez. III, 20/05/2005, n. 20168, in C.E.D. Cass., n. 232244.

[8] Espresso, non ultimo, da Cass., Sez. Un., 10/01/2000, Mariano, in Cass. pen., 2000, p. 2225; più di recente ripreso da Cass., Sez. I, 4/05/2012, n. 25849; Cass., Sez. IV, 7/07/2010, n. 37937; Cass., Sez. IV, 16/07/2009, O., in Guida dir., 2010, n. 1, p. 75.