ISSN 2039-1676


01 marzo 2013 |

La Corte europea si pronuncia sui "casi ceceni di sparizione": la plurima scomparsa di cittadini ceceni nella regione del Caucaso settentrionale integra una violazione sistemica dei diritti umani da parte della Russia

Corte EDU, sez. I, sent. 18 dicembre 2012, Aslakhanova e altri c. Russia, ric. n. 2944/06, 8399/07, 42509/10, 50184/07 e 332/08

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Con la pronuncia qui segnalata la Corte europea si pronuncia nuovamente su alcuni casi di sparizione di cittadini ceceni nella regione del Caucaso settentrionale. A far data dal 1999, la Corte europea è stata chiamata più volte a giudicare sulle sparizioni di persone avvenute in tale territorio e, in particolare, in Cecenia e in Inguscezia. Ad oggi si contano più di centoventi sentenze in materia, alle quali si devono aggiungere un centinaio di procedimenti attualmente pendenti dinanzi alla Corte EDU ed un numero altrettanto elevato di denunce al Governo russo riguardanti casi simili.

Le modalità della scomparsa o, meglio, dei sequestri sono analoghe in tutti i casi. Con metodi simili ad operazioni militari, le vittime vengono prelevate dalle proprie abitazioni, per strada o dai luoghi di lavoro da uomini in uniforme mimetica, mascherati, armati e muniti di veicoli militari. Queste circostanze fattuali, unite al rilievo che i mezzi sui quali vengono trasportati i soggetti rapiti vengono visti superare i blocchi militari senza alcun controllo, portano concordemente a ritenere che si tratti di operazioni di sicurezza condotte da autorità militari appartenenti allo Stato. Nella maggior parte dei casi giunti all'attenzione della Corte europea non si hanno più notizie sulla sorte delle persone sequestrate. Solo eccezionalmente i soggetti rapiti riescono a far ritorno alla propria dimora. Anche nella fattispecie oggetto della sentenza in rassegna, i fatti si sono svolti con identiche modalità tra il marzo 2002 ed il luglio 2004, e solo una delle otto persone scomparse è riuscita a tornare in libertà.

I giudici europei riscontrano qui - all'unanimità - le medesime e, oramai, consuete violazioni dei diritti umani da parte della Russia, già contestate in precedenti occasioni.

La Corte europea ritiene integrata una violazione dell'art. 2 Cedu, sotto il profilo sostanziale, perché lo Stato non è stato in grado di proteggere adeguatamente la vita dei cittadini scomparsi. Nel particolare contesto di conflitto armato che anima l'area interessata dalle sparizioni, infatti, l'assoluta mancanza di notizie, protrattasi per anni - in merito alle condizioni di detenzione e alle condizioni di vita e di salute dei sequestrati - conduce a dover considerare tali persone - conformemente alla consolidata giurisprudenza della Corte europea - presuntivamente morte. Il Governo resistente viene, altresì, condannato per la violazione dell'art. 2 Cedu, sotto il profilo procedurale, perché le indagini sulle sparizioni sono state tardive, gravemente lacunose, superficiali e del tutto inefficaci. L'inerzia delle autorità investigative ha fatto sì che mai venissero scoperti i luoghi dove erano detenute le persone scomparse o l'identità dei responsabili dei rapimenti. I giudici di Strasburgo accertano, inoltre, la violazione del diritto alla libertà e alla sicurezza delle persone sequestrate (art. 5 Cedu), essendo la loro detenzione segreta del tutto arbitraria ed illegale. Con riferimento ai familiari delle vittime, la Corte europea riconosce la responsabilità dello Stato - ai sensi dell'art. 3 Cedu - per le notevoli e prolungate sofferenze psicologiche da essi patite, le quali devono considerarsi accresciute ed aggravate dall'angoscia conseguente alla continua inerzia delle indagini e alla perdurante mancanza di notizie sui propri cari.

In passato, vicende analoghe a quella in esame sono già state oggetto di denuncia e di biasimo da parte di diverse organizzazioni internazionali e di organismi di esperti, i quali hanno indicato alla Russia una serie di rimedi volti a debellare questo riprovevole fenomeno e a riconoscere lo status di vittime ai familiari delle persone scomparse. Alla luce di tali considerazioni, la Corte europea giunge finalmente a dichiarare che i menzionati numerosi "casi ceceni di sparizione" sono soltanto l'epifania di una violazione sistemica dei diritti umani da parte della Russia, dovuta - in particolar modo - alla carenza strutturale e alla persistente inefficacia delle indagini penali su tali crimini. La Corte EDU osserva, inoltre, che non è previsto alcun rimedio effettivo a livello nazionale (art. 13 Cedu) contro tali violazioni.

Rilevata la portata e la natura di tali problemi, i giudici europei individuano due ampie categorie di misure generali che il Governo russo dovrà adottare sotto la supervisione del Comitato dei Ministri. Sarà necessario predisporre - senza ritardo - un piano di azione generale e coordinato con la previsione di misure volte ad alleviare le sofferenze dei familiari delle vittime e, soprattutto, di regole procedurali dirette ad eliminare la deficienza congenita delle indagini penali. La Corte europea suggerisce, in particolare, l'istituzione di un unico organismo specializzato incaricato esclusivamente di indagare sui predetti casi di sequestri - dotato di incisivi poteri di indagine e composto da soggetti imparziali e non coinvolti -, lo stanziamento di fondi speciali per lo svolgimento delle indagini, la creazione di un database condiviso ed aggiornato contenente le informazioni riguardanti tutte le sparizioni e l'introduzione di strumenti di ristoro economico per le famiglie delle vittime. Il Governo russo dovrà far luce sulle sparizioni già avvenute, perseguirne i responsabili ed impedire la continuazione di questo fenomeno. Sarà necessario anche rivalutare l'adeguatezza della definizione giuridica attualmente vigente di questi atti criminali, riformarne la disciplina della prescrizione e prevedere meccanismi che permettano ai familiari delle persone scomparse di accedere alle informazioni relative alle indagini svolte.

Queste raccomandazioni, adottate dalla Corte EDU ai sensi dell'art. 46 Cedu, non vengono ribadite nel dispositivo della sentenza, a differenza di quanto è avvenuto di recente in alcune pronunce di carattere 'dispositivo' adottate nei confronti di altri Stati contraenti (cfr., ad esempio, C. eur. dir. uomo, sez. II, sent. 8 gennaio 2013, Torreggiani e altri c. Italia). La Corte europea, tuttavia, rilevata la gravità e la cronicità delle violazioni riscontrate, si impegna a non sospendere i giudizi pendenti che vertono su casi analoghi.

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Sulla responsabilità della Russia in relazione ai precedenti casi di sparizione di cittadini nel Caucaso settentrionale, cfr. ex multis: con riferimento alla violazione dell'art. 2 Cedu, sotto il profilo procedurale, C. eur . dir. uomo, sez. I, sent. 31 luglio 2012, Umarova e altri c. Russia; sez. I, 3 maggio 2011, Shokkarov e altri c. Russia; sez. I, sent. 29 ottobre 2009, Vakhayeva e altri c Russia; con riferimento alla violazione dell'art. 2 Cedu, sotto il profilo sostanziale, C. eur. dir. uomo, sez. I, sent. 25 novembre 2010, Amuyeva e altri c. Russia; sez. I, sent. 11 febbraio 2010, Dubayev e Bersnukayeva c. Russia; sez. I, sent. 4 dicembre 2008, Askharova c. Russia; sez. I, sent. 6 novembre 2008, Tsurova e altri c. Russia; sez. I, sent. 6 novembre 2008, Magamadova e Iskhanova c. Russia; con riferimento alla violazione dell'art. 3 Cedu, per la sofferenza patita dai familiari delle persone scomparse per la mancanza prolungata di notizie in merito a questi ultimi, C. eur. dir. uomo, sez. I, sent. 2 dicembre 2010, Dzhabirailova e Dzhabrailova c. Russia.

In argomento e per ulteriori riferimenti sui 'casi ceceni di sparizione' decisi dalla Corte EDU, cfr. A. Colella, La giurisprudenza di Strasburgo 2008-2010: il diritto alla vita (art. 2 CEDU), in questa Rivista - Riv. trim., 2011, n. 1, p. 197 ss.; Id., La giurisprudenza di Strasburgo 2008-2010: il divieto di tortura e trattamenti inumani o degradanti (art. 3 CEDU), in questa Rivista - Riv. trim., 2011, n. 1, p. 221 ss.; L. Beduschi, La giurisprudenza di Strasburgo 2008-2010: il diritto alla libertà personale (art. 5 CEDU e art. 2 Prot. 4), in questa Rivista - Riv. trim., 2011, n. 1, p. 255 ss.; Id., La giurisprudenza di Strasburgo 2011: il diritto alla libertà personale (art. 5 § 1 Cedu e art. 2 prot. n. 4 Cedu), in questa Rivista - Riv. trim., 2012, n. 3-4, p. 235 ss.