24 luglio 2013 |
La Corte costituzionale su diritto alla vita privata e familiare dello straniero ex art. 8 CEDU e diniego del permesso di soggiorno per reato ostativo
Corte cost., sent. 18 luglio 2013, n. 202, Pres. Gallo, Rel. Cartabia (illegittimo l'art. 5 co. 5 del d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286)
1. Con la sentenza allegata la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 5, comma 5, del Testo Unico immigrazione (d.lgs. n. 286 del 1998). La pronuncia si segnala per fondarsi tanto sul più "consueto" parametro dell'uguaglianza di cui all'art. 3 Cost., in relazione anche alle esigenze di tutela dei rapporti familiari desumibili dagli artt. 2, 29, 30 e 31 Cost., quanto sul parametro interposto costituito dall'art. 8 CEDU, richiamato ex art. 117 co. 1 Cost.
La questione incidentale di costituzionalità era stata sollevata dal TAR Veneto, il quale si trovava a dover decidere un giudizio di annullamento introdotto dal cittadino di Stato non appartenente all'Unione europea S.B. avverso il decreto del Questore di Venezia il quale aveva negato il rinnovo di permesso di soggiorno per lavoro autonomo sulla base di un giudizio di pericolosità sociale dell'istante desunto da a) una precedente espulsione disposta il 15 febbraio 1992, da b) un «deferimento» all'autorità giudiziaria per il reato di «appropriazione indebita», risalente all'anno 2006, e da c) una condanna non definitiva in materia di stupefacenti, riportata in data 22 gennaio 2010 e relativa a fatti del 2002. Si doleva il ricorrente che i provvedimento di diniego del rinnovo non avesse tenuto conto del fatto che egli aveva contratto in Italia un primo matrimonio con una cittadina italiana (unione dalla quale era nato un figlio in favore del quale, dopo la sentenza divorzile, grava sul ricorrente obbligo alimentare) e un secondo matrimonio con una cittadina straniera (unione dalla quale sono nati due figli, entrambi minorenni alla data dell'istanza di rinnovo).
Al riguardo, occorre considerare che in via generale, ai sensi dell'art. 5 co. 5 t.u. imm., il permesso di soggiorno o il suo rinnovo "sono rifiutati [...] quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l'ingresso o il soggiorno nel territorio dello Stato". Tali requisiti sono posti dal precedente art. 4, nel cui comma 3 si stabilisce, in particolare, che "non è ammesso in Italia lo straniero [...] che sia considerato una minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato" o che comunque "risulti condannato, anche con sentenza non definitiva" per una serie assai ampia di reati, tra cui quelli che concernono gli stupefacenti.
L'automatismo ostativo stabilito dall'art. 4 comma 3 alla concessione del rinnovo del permesso di soggiorno viene censurato dal giudice rimettente in quanto non consente di tenere in considerazione taluni parametri relativi alla tutela della vita relazionale e familiare dello straniero, ciò che invece è consentito da due altre norme di natura eccezionale: da un lato lo stesso art. 5, comma 5, nella parte in cui concerne però la sola specifica situazione dello "straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare" e il "familiare ricongiunto"; dall'altro l'art. 9 inerente il "permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo".
In questi casi, infatti, l'automatismo ostativo di cui all'art. 4, comma 3 viene eccezionalmente temperato dalla necessità di un'analisi in concreto - e non più presuntiva - della pericolosità dello straniero, nonché dall'indagine circa i legami familiari dallo stesso formati e intrattenuti nel territorio dello Stato operando un vero e proprio bilanciamento tra diverse esigenze concorrenti ("si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato e dell'esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d'origine, nonché, per lo straniero già presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale" - art. 5, comma 5; "si tiene conto anche dell'età dell'interessato, della durata del soggiorno sul territorio nazionale, delle conseguenze dell'espulsione per l'interessato e i suoi familiari, dell'esistenza di legami familiari e sociali nel territorio nazionale e dell'assenza di tali vincoli con il Paese di origine" - art. 9, comma 11).
2. La Corte, limitando per ragioni di rilevanza il giudizio a quanto previsto dall'art. 5, comma 5, e preliminarmente disattendendo le argomentazioni della difesa erariale la quale sosteneva l'applicabilità al caso de quo di altra e più favorevole norma, ritiene fondate le censure di incostituzionalità sulla base di tutti i parametri ('interni' e 'internazionali') sopracitati.
In particolare la Corte censura la norma impugnata nella parte in cui fa dipendere l'esito del bilanciamento tra le esigenze di sicurezza, ordine pubblico e controllo delle frontiere, da un lato, e il rispetto e la tutela della vita familiare, dall'altro, dalla mera circostanza dell'esercizio da parte dell'interessato del diritto a richiedere il ricongiungimento familiare, a prescindere dalla concreta sussistenza dei requisiti che legittimerebbero l'accoglimento di tale istanza.
Tale assetto normativo, pure inquadrato nell'ampia discrezionalità della quale gode il legislatore nel momento in cui opera delle limitazioni - anche di carattere presuntivo - alla regolamentazione dell'ingresso sul territorio nazionale, confligge da un lato con l'art. 3, in quanto tratta diversamente situazione eguali sul piano sostanziale, le quali differiscano solo per l'avvenuto esercizio di un diritto potestativo da parte dell'interessato, nonché con le norme costituzionali che tutelano i rapporti familiari dell'individuo, recando "un irragionevole pregiudizio ai rapporti familiari, che dovrebbero ricevere una protezione privilegiata ai sensi degli artt. 29, 30 e 31 Cost. e che la Repubblica è vincolata a sostenere, anche con specifiche agevolazioni e provvidenze, in base alle suddette previsioni costituzionali" (così il par. 4.4 in diritto).
Dall'altro lato, tale esito confligge con l'art. 8 CEDU, "come applicato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo" (la Corte cita in particolare la sentenza 7 aprile 2009, Cherif e altri c. Italia). Sottolinea la Corte come tale norma convenzionale "esprim[a] un livello di tutela dei rapporti familiari equivalente, per quanto rileva nel caso in esame, alla protezione accordata alla famiglia nel nostro ordinamento costituzionale", così come desumibile dagli artt. 2, 29, 30 e 31 e consenta pertanto di giungere alle medesime conclusioni circa la necessità del sopracennato bilanciamento: "quando nel Paese dove lo straniero intende soggiornare vivono i membri stretti della sua famiglia, occorre bilanciare in modo proporzionato il diritto alla vita familiare del ricorrente e dei suoi congiunti con il bene giuridico della pubblica sicurezza e con l'esigenza di prevenire minacce all'ordine pubblico" (così par. 5 in diritto), operando tale valutazione per mezzo dei diversificati parametri fattuali elaborati dalla giurisprudenza della Corte EDU, "quali, ad esempio, la natura e la gravità del reato commesso dal ricorrente; la durata del soggiorno dell'interessato; il lasso di tempo trascorso dalla commissione del reato e la condotta del ricorrente durante tale periodo; la nazionalità delle diverse persone interessate; la situazione familiare del ricorrente, e segnatamente, all'occorrenza, la durata del suo matrimonio ed altri fattori che testimonino l'effettività di una vita familiare in seno alla coppia; la circostanza che il coniuge fosse a conoscenza del reato all'epoca della creazione della relazione familiare; il fatto che dal matrimonio siano nati dei figli e la loro età; le difficoltà che il coniuge o i figli rischiano di trovarsi ad affrontare in caso di espulsione; l'interesse e il benessere dei figli; la solidità dei legami sociali, culturali e familiari con il paese ospite".
All'esito di tali argomentazioni, la Corte dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 5, comma 5, del t.u. imm., "nella parte in cui prevede che la valutazione discrezionale in esso stabilita si applichi solo allo straniero che «ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare» o al «familiare ricongiunto», e non anche allo straniero «che abbia legami familiari nel territorio dello Stato»".
3. La sentenza qui pubblicata costituisce un ulteriore esempio, in conclusione, del circolo virtuoso innescato dalla clausola di apertura dell'ordinamento nazionale alle fonti di internazionali rappresentata dall'art. 117 co. 1 Cost. Anche ammesso, infatti, che la tutela di cui all'art. 8 CEDU sia equivalente a quella desumibile nel nostro ordinamento costituzionale dagli artt. 2, 29, 30 e 31 Cost., il valore aggiunto del richiamo alla norma convenzionale quale parametro interposto di costituzionalità sta - ovviamente - nel contestuale richiamo a una giurisprudenza che declina in concreto non soltanto l'an della tutela, ma soprattutto il "come" e il "quanto" di tale tutela, fornendo così un ampio bacino casistico di certo utile al giudice nazionale che si trovi a declinare in concreto i livelli di tutela previsti per i legami familiari dello straniero.
Per i riferimenti essenziali sulla giurisprudenza della Corte EDU in materia di bilanciamento tra diritto alla vita privata e familiare dello straniero esplusioni e tutela della sicurezza e dell'ordine pubblico nazionale, cfr. le rassegne curate da L. Beduschi pubblicate sulla nostra Rivista trimestrale (clicca qui per accedere alla rassegna 2008-2010 e clicca qui per accedere alla Rassegna 2011).