ISSN 2039-1676


15 luglio 2014 |

The Italian Code of Criminal Procedure. Critical Essays and English Translation, a cura di M. Gialuz-L. Luparia-F. Scarpa, Milano, 2014, pp. 516

Presentazione del libro

 

Puoi descrivere la tua lingua
nella tua propria lingua:

ma non del tutto.

(Hans Magnus Enzensberger, Omaggio a Gödel, da "Gli elisir della scienza", Einaudi, 2004)

 

Nel venticinquesimo anno dalla sua entrata in vigore, il codice di procedura penale non poteva ricevere miglior regalo di quello offertogli da Gialuz, Luparia e Scarpa: la sua traduzione in lingua inglese.

La globalizzazione della giustizia penale obbliga anche il penalista interno a dialogare a livello internazionale e, soprattutto, europeo. Credere che si possa restare arroccati entro i propri confini, geografici e linguistici, è un'illusione che solo pochi ancora coltivano, dimentichi di come il confronto con l'altro sia da sempre veicolo di conoscenza. Tale dialogo, però, necessita di strumenti adeguati. Non sempre la conoscenza, anche buona, di una lingua straniera schiude le porte del sistema giuridico di un paese. Il diritto si nutre di tecnicismi, di termini estranei al quotidiano. O forza il significato di termini che nel quotidiano vogliono dire un'altra cosa. La traduzione in lingua inglese del codice di procedura penale risponde a questa esigenza di dialogo. Un'opera essenziale che rende finalmente accessibile il sistema penale interno agli studiosi ed ai pratici che non conoscono la nostra lingua. E ciò è tanto più importante nel contesto europeo, ove la spinta armonizzante proveniente dal Consiglio d'Europa e dall'Unione europea deve potersi nutrire di un confronto approfondito fra i diversi sistemi, di una conoscenza non superficiale degli istituti e delle regole nazionali. Il successo di un modello giuridico dipende dalla sua accessibilità, indissolubilmente legata alla sua capacità di circolare. Rendere il nostro sistema di giustizia intellegibile a chi non padroneggia la lingua italiana significa promuoverne la sua circolazione, consentire ai tanti, molti soggetti interessati di poter accedere ad una traduzione in lingua inglese di altissima qualità.

Per questo la traduzione del nostro codice processuale rappresenta un'opera il cui valore trascende le finalità immediatamente pratiche, che siano volte alla tutela giurisdizionale o alla comparazione giuridica.

Fino ad oggi il codice di procedura penale italiano era uno dei pochi testi non tradotti nel panorama dei grandi sistemi nazionali. Altre branche del diritto interno potevano contare su versioni inglesi dei loro testi fondamentali: pur se datate e bisognose di aggiornamento, le traduzioni del codice civile e penale hanno consentito al sistema italiano di inserirsi nella comparazione giuridica da protagonista. Fino ad ora, invece, si è precluso l'accesso al codice di rito a chiunque non padroneggiasse l'idioma nazionale.

Così, se da un lato la riforma del codice è stata fortemente influenzata dagli ordinamenti esteri, solo pochissimi studiosi stranieri potevano accedere al frutto di quel lavoro.  Fanalino di coda fra i grandi sistemi giuridici, l'Italia del processo penale ha attinto a piene mani dal patrimonio degli altri, francesi prima e anglosassoni poi, restituendo poco al dialogo internazionale.

L'opera colma quindi una lacuna istituzionale. Gli autori offrono quello che in altri paesi è vissuto come un compito delle istituzioni: offrire al pubblico internazionale la versione inglese dei propri testi di legge.

La traduzione in lingua inglese consente alla sintesi italiana, frutto di decennale lavoro di riforma, di essere conosciuta a livello internazionale ed in particolare europeo. Di ciò gli Autori dànno conto già nella premessa, in cui si precisa come la versione inglese del nostro codice sia diretta alla costruzione di uno Spazio di libertà, sicurezza e giustizia che sappia essere sintesi di un multiculturalismo vero. Il codice di rito rappresenta, infatti, un esperimento innovativo, poiché ha accolto alcuni principi tipici del sistema anglosassone inserendoli in una cornice ancora fortemente legata alla tradizione continentale.

La sua versione inglese è frutto di un lavoro interdisciplinare accurato ed approfondito, che ha coinvolto esperti di procedura penale e studiosi della traduzione giuridica. La fusione fra i diversi saperi è quanto mai necessaria in un settore così delicato come la giustizia penale, in cui ogni singolo istituto va analizzato tenendo a mente la dinamica che lega i vari segmenti del processo. 

Ed ancora, gli Autori precisano di aver utilizzato l'European English quale lingua veicolare, ovvero quella versione della lingua inglese che talvolta si allontana dagli istituti tipici dei sistemi anglosassoni per assumere una dimensione autonoma, capace di descrivere le regole continentali nell'idioma di Shakespeare senza alterarne la natura o il significato. Quella è la lingua sviluppata dal Consiglio d'Europa e dalla ricca produzione giurisprudenziale della sua Corte di Strasburgo; quella è la lingua usata dall'Unione europea nel costruire una giustizia penale europea.

La traduzione del codice viene preceduta da tre saggi introduttivi, i primi di carattere giuridico (opera di Luparia e Gialuz), il terzo di teoria e tecnica della traduzione (a firma di Scarpa, Peruzzo e Pontrandolfo).

Il lettore straniero viene così accompagnato passo passo lungo il percorso che porta alla traduzione in lingua inglese delle regole processuali.

I primi due saggi ripercorrono la storia recente del nostro sistema processuale penale, soffermandosi sui contrasti culturali che hanno ostacolato, e talvolta impedito, la sua messa in opera. Essi consentono al lettore di cogliere il senso delle previsioni codicistiche illustrando il percorso che ha portato alla riforma del 1988, e da questa alla versione attuale, oggetto di traduzione. Gli Autori godono di una tale padronanza sistemica della materia da essere in grado di offrire un'analisi al contempo sintetica ed approfondita. Viene evidenziata la natura profonda del nostro sistema processuale penale, il suo essere un esperimento che si basa sul consolidato della tradizione anglosassone più che sul modello applicato concretamente in Inghilterra o negli Stati Uniti. La traduzione deve tener conto delle dinamiche del legal transplant, degli effetti perversi e talvolta non prevedibili delle contaminazioni giuridiche. Ed allora rintracciare la famiglia giuridica da cui alcuni istituti provengono è operazione, da sola, insufficiente poiché l'istituto straniero assume un nuovo volto quando si innesta nell'ordinamento che lo riceve. Basti, per tutti, l'esempio del patteggiamento, epifenomeno del trapianto legale e dei limiti dell'imitazione giuridica. Questa sensibilità alle mutazioni genetiche è costantemente presente nell'opera e la qualità del risultato lo dimostra.

Anche i difetti ricevono la dovuta attenzione, quali la mancata riforma del sistema delle impugnazioni penali, che resta inefficiente ed ipertrofico o la distanza fra le regole del codice e la prassi delle aule di giustizia.

Il terzo saggio, dedicato alla metodologia ed alle tecniche della traduzione, dimostra ancora una volta l'accuratezza e la precisione con cui la scelta terminologica è stata effettuata. Si avverte l'entusiasmo della sfida ma anche la difficoltà delle tante scelte che i traduttori sono stati chiamati a fare. Il problema è che in procedura penale la ricerca dell'equivalente nel sistema di riferimento è un esercizio spesso sterile. "Dire quasi la stessa cosa", per dirla con Umberto Eco, è operazione tanto necessaria quanto quotidiana. Gli Autori non mancano di segnalare come in alcuni casi si sia dovuti ricorrere alla creazione di nuove distinzioni concettuali, estranee alla lingua ed alla tradizione della giustizia penale anglosassone. Per mantenere inalterato il significato giuridico di alcuni istituti si è preferito ricorrere alla traduzione fraseologica invece che affidarsi a quella semantica. Emblematico il caso della prova penale, ove l'impossibilità di rinvenire istituti omologhi alla triade ammissione-assunzione-acquisizione della prova penale ha spinto gli Autori a definire ex novo alcuni termini inglesi.

La puntuale scelta terminologica, la cura lessicale con cui gli autori hanno reso in lingua inglese concetti di notevole complessità, l'attenzione con cui si cerca una forte coerenza interna confermano il pregio dell'opera.

Il risultato va ben aldilà di quanto dichiarato nel titolo: esso non offre soltanto  uno strumento fondamentale per la conoscenza del nostro sistema nel mondo ma si spinge ben oltre affrontando, per la prima volta, le problematiche legate alla traduzione delle regole processuali e lo fa con serietà e scrupolo, entrando nel dettaglio degli istituti più complessi, svelandone la funzione.

Anche il lettore interno è spinto alla riflessione, ancor più di quanto accada leggendo la versione nostrana, come se il cambiare lingua offrisse una nuova chiave di lettura a disposizioni che credevamo di conoscere nel profondo.  

La traduzione del codice di procedura penale nella lingua franca della giustizia penale europea è quindi da salutare con entusiasmo e riconoscenza, quale strumento fondamentale per la comparazione, utile sia ai teorici che ai pratici. Un indispensabile strumento di lavoro per chi - e sono sempre di più - crede che oggi l'analisi giuridica non possa prescindere dalla conoscenza di altri sistemi; essa è veicolo di conoscenza che consente la contaminazione fra gli ordinamenti nazionali, essenza stessa del progressivo avvicinamento delle regole della giustizia penale europea.

Frutto della collaborazione intensa fra giuristi e linguisti, l'opera testimonia di un passaggio culturale; ci auguriamo non resti isolata ma possa, al contrario, rappresentare l'inizio di un percorso di apertura, perché dal multilinguismo si passi all'interculturalità. Da Carrara a Cappelletti, da Calamandrei a Cordero, i nostri Maestri hanno attinto a piene mani nel prezioso patrimonio estero di conoscenze ed esperienze, superando le barriere linguistiche. Quest'opera può aiutare la cultura giuridica italiana ed il mondo accademico ad uscire dal recente provincialismo ed a tornare ad essere un interlocutore privilegiato ed apprezzato nel panorama europeo ed internazionale. Chi, come chi scrive, sa quanta fatica costi illustrare il nostro sistema in inglese, e quanto si paghi l'improvvisazione nella traduzione, calorosamente ringrazia.

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