ISSN 2039-1676


29 novembre 2018 |

La Grande Camera della Corte EDU chiude, senza decidere, la causa Berlusconi c. Italia

C. Edu, GC, dec. 26 novembre 2018, Berlusconi c. Italia

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Pubblichiamo – anche per la grande risonanza mediatica della vicenda in questione – la decisione della Grande Camera della Corte Edu che ha disposto la radiazione dal ruolo della causa Berlusconi c. Italia.

Si tratta, come si ricorderà, del ricorso introdotto da Silvio Berlusconi nel settembre del 2013, all’indomani della condanna per frode fiscale nel ‘processo Mediaset’, all’esito della quale –  per effetto dell’allora recentemente introdotto d.lgs. 235 del 2012 – l’ex Presidente del consiglio decadeva dalla carica di senatore e perdeva la possibilità di candidarsi alle elezioni politiche del 2014.

Più precisamente, il ricorrente si doleva – innanzi tutto – di una violazione dell’art. 7 Cedu (nulla poena sine lege): egli assumeva, infatti, che la natura delle sanzioni lui imposte (a norma dell’art. 1 d.lgs 235 del 2012) fosse sostanzialmente penale, e che tali sanzioni gli fossero state inflitte in violazione dei principi di legalità e irretroattività della legge penale, poiché i fatti per i quali era stato condannato erano di molto precedenti all’entrata in vigore della c.d. riforma Severino. Il leader di Forza Italia lamentava, poi, l’indebita e sproporzionata ingerenza della normativa in questione sulle garanzie di cui all’art. 3 Prot. 1 Cedu (diritto di voto), in quanto essa di fatto gli precludeva di portare a termine il proprio mandato elettorale e frustrava le aspettative di quanti avevano votato per lui. Infine, un ulteriore profilo di frizione del d.lgs. 235 del 2012 con la Convenzione era individuato, dal ricorrente, nell’assenza di rimedi giurisdizionali (art. 13 Cedu) contro la decisione del Senato alla quale conseguiva la sua decadenza dalla carica di senatore.

La questione appariva sin da subito piuttosto complessa – oltre che molto delicata da un punto di vista strettamente politico – e pertanto la causa veniva dapprima rimessa alla Grande Camera; in seguito i giudici di Strasburgo sollecitavano l’intervento della European Commission for Democracy through Law (c.d. Commissione di Venezia), importante organo consultivo del Consiglio d’Europa in materia di diritto costituzionale. La questione veniva, infine, discussa nell’udienza pubblica del 22 novembre 2017.

Nel maggio di quest’anno, Silvio Berlusconi otteneva dal Tribunale di Milano la riabilitazione e nel successivo mese di luglio – non essendo i giudici di Strasburgo ancora pervenuti ad una decisione – rinunciava al ricorso, divenuto ormai superfluo.

Ebbene, la Grande camera ha ritenuto – come anticipato – che la rinuncia sia valida e che non sussistano «circostanze speciali riguardanti il rispetto dei diritti dell’uomo garantiti dalla Convenzione e dai suoi Protocolli». I giudici di Strasburgo non ritengono, in altri termini, che la prosecuzione della causa sia necessaria per tutelare i diritti di soggetti diversi dallo specifico ricorrente, diritti che potrebbero essere lesi dalla normativa la cui problematica compatibilità con la Convenzione si denunciava; né ritiene che una pronuncia su questo specifico caso sia necessaria per chiarire o promuovere le garanzie convenzionali, nell’interpretazione che la Corte stessa è chiamata a fornire.

Ne consegue, dunque, che nessuna risposta ci perviene (né perverrà, per il momento) da Strasburgo circa: la reale natura delle ‘incandidabilità’ di cui a d.lgs. 235 del 2012 – sono pene mascherate che assolvono a una prevalente funzione punitiva o, piuttosto, misure essenzialmente preventive di gravi fenomeni di corruzione all’interno di organi politici di rilevanza costituzionale? –; la conseguente legittimità di una loro applicazione in relazione a fatti di reato commessi prima dell’entrata in vigore della ‘riforma Severino’; l’accettabilità della compressione del diritto di voto che la disciplina in questione indubbiamente presenta.