ISSN 2039-1676


25 gennaio 2019 |

P. Tonini, Manuale di procedura penale, Giuffrè, Milano, 19^ ed., 2018

Recensione

 

Giunto alla diciannovesima edizione, il Manuale si apre con una vivace esposizione dell’evoluzione storica del processo penale dalle origini fino allo snodo illuministico che si è espresso nella Rivoluzione francese e si è cristallizzato nel sistema misto accolto dal Code d'instruction criminelle del 1808. Sono esposti i motivi per i quali il legislatore italiano ha abbandonato il modello napoleonico, tuttora vigente nella maggior parte dei Paesi dell’Europa continentale, e viene sottolineata la singolarità della scelta compiuta dal codice del 1988. Sono posti in luce gli aspetti problematici delle modifiche succedutesi da allora e le difficoltà nel decifrare la portata di istituti dalla regolamentazione contraddittoria come, ad esempio, l’incidente probatorio. Di notevole interesse appare il riferimento al ruolo assunto dalla corte europea dei diritti umani.

Dopo aver delineato i profili dei soggetti del processo e della validità degli atti, il volume offre una analisi sistematica della tematica della prova penale. La prova critica non è svalutata bensì è ricondotta al corretto uso delle massime di esperienza delle quali si sottolinea l’esigenza di una corretta formulazione. Per contrastare l’opinabilità del ragionamento indiziario si evidenzia l’importanza del c.d. tentativo di smentita, che è espressione del moderno metodo scientifico di accertamento dei fatti. Il parere dell’esperto, tuttavia, non gode di un credito privilegiato, ma risulta attendibile soltanto se la tesi sostenuta sia espressione di principi scientifici verificabili, se resista all’urto del contraddittorio e se sia coerente con le altre prove raccolte nel processo.

Il punto centrale concerne il diritto alla prova. Sono esaminati i limiti della sua attuazione nelle distinte fasi della ricerca, dell’ammissione, dell’assunzione e della valutazione della prova, in relazione ai segmenti procedimentali delle indagini, del dibattimento e delle impugnazioni. Del principio di legalità è messa in luce la difficoltà di attuazione in relazione ai mezzi di ricerca della prova, quando devono trovare un bilanciamento le esigenze costituzionali di accertamento dei fatti e le parimenti importanti esigenze di controllo di attendibilità dei nuovi metodi scientifici; in questo quadro è sottolineata l’importanza del nuovo principio di “non sostituibilità” al fine di evitare che siano aggirati i divieti probatori posti dal legislatore. Il confronto tra orientamenti dottrinali e giurisprudenziali permette al lettore di verificare lo stato del diritto vivente nelle sue contraddizioni e nella incessante evoluzione di istituti quali le videoriprese e l’agente segreto attrezzato per il suono.

Conclude il volume un’appendice che mette in guardia il giurista circa il delicato compito di valutare la testimonianza. La scienza ha applicato il suo metodo, raffinatosi a partire dai tempi di Galileo, nel delineare le leggi della mente umana: non sono più accettabili i postulati della Scuola classica secondo cui il testimone vede e percepisce tutto quello che ha di fronte. È importante che l’operatore conosca i limiti e gli errori che si riscontrano nelle varie fasi della sensazione, della percezione, della rielaborazione, della memoria e dell’espressione del racconto da parte del testimone. Le argomentazioni svolte completano quanto esposto nei capitoli precedenti a proposito della ricognizione di persone: la prova che provoca il maggior numero di errori giudiziari, e si collegano alle amare considerazioni sul rilevantissimo numero di errori giudiziari commessi in Italia e dovuti in parte ad uso scorretto della scienza e ad indagini incomplete, ma soprattutto all’utilizzazione di un ragionamento probatorio basato non sulla moderna teoria del dubbio, ma su un concetto di libero convincimento che tende a sconfinare nell’arbitrio.

La trattazione della materia mostra rigore analitico e ampio respiro culturale nel tenere conto dei princìpi emergenti, quali il bilanciamento dei diritti fondamentali e il conseguente principio di proporzionalità, chiamati a sostituire il massimalismo con il quale erano affrontate in passato le problematiche del processo penale. Sono spiegate con chiarezza le ragioni fondanti degli istituti a partire dal testo del codice del 1988 fino alla configurazione attuale. Le scelte interpretative della dottrina e della giurisprudenza sono argomentate in modo rigoroso facendone risaltare gli aspetti problematici.

Da ultimo, va posta in evidenza la completa e puntuale citazione critica della spesso confusa e tumultuosa evoluzione normativa, che impone un notevole sforzo ricostruttivo e sistematico.