Tra le disposizioni modificate dal decreto legge 6 luglio 2011, n. 98 – c.d. manovra finanziaria – convertito in l. 12 luglio 2011, n. 106 - figura l’art. 36 c.p., che come è noto reca la disciplina generale della pubblicazione della sentenza di condanna a titolo di pena accessoria.
La novella legislativa interviene a meno di due anni di distanza da una precedente modifica che ha interessato l’art. 36 c.p., operata con la l. 18 giugno 2009, n. 69, ed in sostanziale continuità con essa.
Nel 2009, infatti, il legislatore aveva affiancato alla pubblicazione della sentenza di condanna su uno o più quotidiani la pubblicazione della medesima nel sito internet del Ministero della Giustizia; con la più recente modifica che qui segnaliamo, invece, si abbandona definitivamente la pubblicazione sui giornali in favore dell’adempimento per via telematica: il d.l. n. 98/2011, infatti, abroga ogni riferimento alla pubblicazione della sentenza sulla stampa periodica, lasciando inalterata la previsione, inserita nel 2009, relativa alla pubblicazione “nel sito internet del Ministero della giustizia”.
Il fatto che una simile modifica sia contenuta in un testo normativo di carattere prettamente economico non deve stupire: esplicitamente, infatti, il legislatore ha disposto la novella “al fine di ridurre la spese di giustizia” (così l’incipit dell’art. 37, co. 18, d.l. 98/2011, non modificato in sede di conversione in legge).
Secondo quanto disposto dall’art. 4 d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115 (T.U. spese di giustizia), infatti, salvo il particolare caso in cui la condanna abbia riguardato il direttore responsabile di un giornale per reati da lui stesso commessi (cfr. art. 694, co. 1, c.p.p.), le spese per la pubblicazione della sentenza di condanna sono sempre anticipate dallo Stato, il quale potrà poi rivalersi sul condannato e sul responsabile civile.
Evidente, dunque, il risparmio economico perseguito con la modifica all’art. 36 c.p.: eliminando la pubblicazione sulla carta stampata, lo Stato non dovrà più sostenere le spese dell’acquisto dello spazio sui quotidiani, né affrontare il rischio che il condannato si riveli insolvente. Il risparmio, peraltro, è limitato alle ipotesi in cui la pubblicazione della sentenza di condanna va eseguita ai sensi dell'art. 36 c.p., e non riguarda invece le non poche ipotesi, di cui si dirà, in cui la medesima pena accessoria è autonomamente disciplinata.
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La riforma della disciplina dell'art. 36 c.p., dettata da intenti di contenimento della spesa pubblica, ci sembra però vanificare, di fatto, la ratio della pubblicazione della sentenza di condanna a titolo di pena accessoria: la divulgazione della pronuncia giudiziale in uno o più quotidiani, infatti, mette a conoscenza i lettori dei giornali stessi, diffondendo adeguatamente la notizia; viceversa, la semplice menzione nel sito internet del Ministero della Giustizia non garantisce affatto che il contenuto della decisione giudiziale sia diffuso in maniera efficace e rilevante, poiché ne avrà contezza soltanto chi, per sua autonoma iniziativa, si premuri di consultare l’apposita sezione del sito internet del Ministero della Giustizia (presumibilmente si tratterà della vittima e dell'autore del reato, e di pochi altri curiosi).
La rilevanza del problema non pare essere esclusivamente teorica: è infatti destinata ad avere riflessi sulla disciplina sanzionatoria di numerose ipotesi di reato per cui la pubblicazione della sentenza, ai sensi dell’art. 36 c.p., costituisce pena accessoria.
Si pensi, anzitutto, alle numerose figure di delitto contemplate nel codice penale, tra cui i delitti contro l’incolumità pubblica mediante frode (cfr. art. 448 c.p.), i reati in tema di contraffazione di marchi e brevetti industriali e la relativa importazione nel nostro Paese (cfr. art. 475 c.p.), le varie fattispecie di frode in commercio (cfr. artt. 501 bis e 517 c.p.), fino alle contravvenzioni in materia di gioco d’azzardo (cfr. art. 722 c.p.).
Ancora, anche rilevanti ipotesi di reato previste dalla legislazione speciale vedono mutata, nei contenuti, la pena accessoria in discorso: è il caso, ad es., dei reati tributari (cfr. l'art. 12 d.lgs. 74/2000). E la novella ha ripercussioni altresì sulla disciplina della responsabilità da reato degli enti: l’art. 18 d.lgs. 231/2001, infatti, richiama espressamente l'art. 36 c.p. quanto alle modalità di pubblicazione della sentenza di condanna dell'ente.
Viceversa, non sono destinate ad essere coinvolte dalla modifica (e dal risparmio di risore pubbliche cui essa è preordinata) - essendo soggette ad autonoma disciplina - altre disposizioni contenute nella legislazione complementare.
Così, ad esempio, l’art. 186 d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (cd. Testo Unico della Finanza), nell’enumerare le pene accessorie che conseguono alla commissione dei reati previsti dagli articoli precedenti, stabilisce che “la condanna per taluno dei delitti previsti dal presente capo importa l'applicazione delle pene accessorie previste dagli articoli 28, 30, 32-bis e 32-ter del codice penale per una durata non inferiore a sei mesi e non superiore a due anni, nonché la pubblicazione della sentenza su almeno due quotidiani, di cui uno economico, a diffusione nazionale”. Ora, pare significativo che il legislatore abbia elencato diverse pene accessorie mediante il rinvio alle relative norme del codice penale, mentre abbia autonomamente disciplinato il regime di pubblicazione della sentenza di condanna, senza in alcun modo richiamare l’art. 36 c.p.; ancora, l’ art. 6 l. 30 aprile 1962, n. 283, in materia di disciplina dell’igiene degli alimenti, stabilisce che “nei casi previsti dal precedente comma, la condanna importa la pubblicazione della sentenza in uno o più giornali, a diffusione nazionale, designati dal giudice, nei modi stabiliti nel terzo comma dell'art. 36, Codice penale”. Nemmeno in questa seconda ipotesi, dunque, la modifica operata dal d.l. 98/2011 sembra destinata ad operare: il rinvio all’art. 36 co. 3 c.p. attribuisce al giudice soltanto il potere di disporre la pubblicazione della pronuncia per intero o per estratto.
Per tali specifiche ipotesi continuerà dunque a trovare autonoma applicazione la normativa processuale dettata dal codice di rito: il Giudice, pertanto, dovrà indicare nel dispositivo della sentenza di condanna i titoli dei quotidiani in cui dovrà trovare pubblicazione la pronuncia, specificando se sia necessaria la pubblicazione integrale della decisione o se invece sia sufficiente dare notizia della condanna mediante diffusione dell’estratto (cfr. art. 536 c.p.p.); la materiale esecuzione della sanzione avverrà a cura del Pubblico Ministero, e potrà essere eventualmente contenuta in apposito supplemento alla pubblicazione cartacea (cfr. art. 694, co. 2 e 3, c.p.p.).
In definitiva, mediante la modifica all’art. 36 del codice penale, il legislatore viene ad incidere profondamente sulla fisionomia della sanzione accessoria in esame, distinguendo nettamente due ordini di ipotesi:
- un primo gruppo, disciplinato da norme speciali e quindi non toccato dalla novella legislativa, in cui la sanzione conserva la sua carica afflittiva, che dipende dalla scelta del quotidiano su cui eseguire la pubblicazione della pronuncia giudiziale (si pensi, come riportato supra, alla pubblicazione di sentenza di condanna su un quotidiano economico a diffusione nazionale per un promotore finanziario riconosciuto responsabile del reato di insider trading);
- un secondo gruppo di ipotesi, di ordine generale, in cui la novella qui segnalata priva del carattere afflittivo l’irrogazione della pena accessoria in discorso, che si risolverà verosimilmente in una pubblicazione destinata a cadere nell'oblio.