ISSN 2039-1676


28 gennaio 2013

Inaugurazione dell'anno giudiziario 2013: la relazione del Presidente della Corte d'Appello di Milano Giovanni Canzio

Un importante contributo sulle riforme urgenti del sistema penale italiano

Segnaliamo ai lettori che dal sito della Corte d'Appello di Milano (www.ca.milano.giustizia.it) è scaricabile il testo della relazione del Presidente Canzio sull'amministrazione della giustizia 2012 nel distretto della Corte (clicca qui per accedervi).

La relazione consta anzitutto di una parte I, nella quale il Presidente traccia il bilancio della Corte d'Appello e degli uffici giudiziari del distretto di Milano. In tale bilancio spicca il dato della diminuzione dei procedimenti pendenti presso la Corte d'Apello milanese, tanto nel settore civile quanto in quello penale (dove le pendenze sono passate dalle circa 17.500 del 2011 alle meno di 15.000 odierne): un dato di per sé rimarchevole, a fronte della diffusa considerazione - ripresa anche dal Ministro della giustizia nella sua relazione annuale - che le corti d'appello costituiscono il vero 'collo di bottiglia' del sistema di giustizia italiano. I tempi medi di definizione dei giudizi restano, invero, assai dilatati, salvo che per i processi concernenti detenuti (per i quali il tempo medio è inferiore ai tre mesi), assestandosi a poco più di due anni e mezzo - un dato addirittura peggiore di quello registrato negli scorsi anni -; ma il Presidente Canzio spiega tale dato come conseguenza della politica 'virtuosa' adottata dalla Corte di smaltimento sistematico di fascicoli arretrati che giacevano abbandonati negli armadi, spesso relativi a procedimenti già prescritti. Ciò che consente di ipotizzare una rapida riconduzione del tempo medio al di sotto della soglia dei due anni, considerata ragionevole in base ai parametri utilizzati ai fini della legge Pinto.

La seconda parte della relazione è dedicata ad ampie riflessioni sulle riforme della giustizia civile e penale. Tra queste ultime, il Presidente esprime apprezzamento per le riforme più significative introdotte nel 2012, prima fra tutte la nuova legge anticorruzione; e si sofferma quindi - in particolare - sulle riforme urgenti al processo penale, allo scopo di individuare un punto di equilibrio sostenibile tra le esigenze del 'giusto processo' e della sua 'ragionevole durata'. Al riguardo, indispensabile è a suo avviso l'individuazione di meccanismi che consentano di porre un argine al flusso di notizie di reato, che è superiore alla capacità di smaltimento del sistema, anche attraverso l'introduzione per via legislative di forme di obbligatorietà temperata dell'azione penale, come il filtro di irrilevanza del fatto. Così come indispensabile si palesa l'adozione di misure deflattive del sovraffollamento carcerario, denunciato oggi ai massimi livelli anche in sede europea, nonché l'introduzione di filtri di ammissibilità dell'appello, per sgomberare sin da subito il campo gli appelli manifestamente infondati che ingolfano inutilmente i casellari delle Corti d'appello, ostacolandone il funzionamento.

Particolarmente incisive le osservazioni critiche del Presidente Canzio in materia di prescrizione del reato, la cui attuale disciplina viene definita illogica, operando come fattore patogeno che scoraggia i riti alternativi e alimenta tattiche dilatorie, spingendo verso impugnazioni infondate che ingolfano inutilmente il sistema. Le linee di una riforma della prescrizione dovrebbero allora essere impostate sulla sterilizzazione del suo decorso dopo la sentenza di condanna di primo grado, accompagnata dall'adozione di correttivi finalizzati a garantire ragionevoli tempi di definizione dei giudizi di impugnazione; correttivi che potrebbero essere individuati nella fissazione di termini di durata massima per le fasi e i gradi di impugnazioni, in compassi temporali che potrebbero essere mutuati da quelli rilevanti ai fini della legge Pinto: due anni l'appello, un anno per la cassazione, un altro anno per l'eventuale giudizio di rinvio, etc., con previsione di eventi sospensivi di tali termini in relazione alla particolare complessità della fattispecie, sulla falsariga di quanto previsto dall'art. 304 c.p.p. in relazione ai termini massimi di custodia cautelare. La violazione di tali termini 'processuali' non dovrebbe dar luogo alla mera responsabilità disciplinare del magistrato, inidonea a garantire un'efficace tutela al diritto dell'imputato alla ragionevole durata del processo; né potrebbe a suo avviso essere compensata semplicemente con una riduzione della pena, secondo una tesi sostenuta di recente proprio dalle pagine di questa Rivista (F. Viganò, Riflessioni de lege lata e ferenda su prescrizione e tutela della ragionevole durata del processo, 18 dicembre 2012), anche in relazione alle difficoltà pratiche di proporzionare la riduzione della pena alla concreta portata del superamento dei termini di fase; ma dovrebbe dar luogo alla conseguenza 'secca' della improcedibilità dell'azione penale per la sopravvenuta 'prescrizione del processo'.

Chiudono la relazione una parte III, dedicata all'organizzazione del sistema giudiziario, e una parte IV, contenente una serie di acute riflessioni sul ruolo del giudice oggi. (F.V.)

 

Clicca qui per scaricare il discorso pronnciato dal Presidente alla cerimonia di apertura dell'anno giudiziario 2013, svoltasi nell'aula magna del Palazzo di giustizia lo scorso 25 gennaio.