ISSN 2039-1676


30 aprile 2014

Rimessa alle Sezioni Unite una questione in tema di connessione teleologica e necessaria identità  tra autori del reato-fine e autori del reato-mezzo

Cass. pen., sez. III, ord. 18 marzo 2014 (dep. 1 aprile 2014), n. 14967, Pres. Squassoni, Rel. Mulliri, P.M. in proc. Giuliano

1. Con l'ordinanza che qui pubblichiamo, depositata il 1° aprile 2014, la terza Sezione della Corte di cassazione ha rimesso alle Sezioni Unite la soluzione del seguente quesito: se ai fini della configurabilità della connessione teleologica, prevista dall'art. 12, lett. c), c.p.p., sia o meno richiesta l'identità fra gli autori del reato-fine e quelli del reato-mezzo.

 

2. Secondo quanto rilevato nell'ordinanza di rimessione, sulla questione è emerso un contrasto interpretativo tra le diverse sezioni della Suprema Corte.

In particolare, secondo l'orientamento dominante nella giurisprudenza di legittimità, ai fini della configurabilità del rapporto di connessione teleologica, rilevante ai sensi dell'art. 12, lett. c), c.p.p., sono necessarie due condizioni: in primo luogo, che dei reati per cui si procede, gli uni siano stati commessi per eseguire gli altri, perché in tal caso vi è unità del mezzo volitivo, non potendosi volere il reato-fine se non volendo anche il reato-mezzo; in secondo luogo, che il reato-fine sia stato commesso dalle stesse persone che hanno commesso il reato-mezzo (cfr. di recente Cass. pen., Sez. III, 29 febbraio 2012, Lombardi, in Mass. CED; nonché ex multis Cass. pen., Sez. I, 27 luglio 2008, Avitabile, in Mass. CED; Cass. pen., Sez. I, 20 aprile 2004, Leonardi, in Mass. CED; Cass. pen., Sez. I, 2 dicembre 1998, Archinà, in Mass. CED).

Quando i reati sono commessi da soggetti diversi, si osserva, manca l'unità del processo volitivo tra il reato-mezzo e il reato-fine, sicché i reati debbono considerarsi connessi solo probatoriamente e non si produce alcuno spostamento della competenza ai sensi dell'art. 12 del codice di rito.

Per contro, in alcuni decisioni anche recenti della Suprema Corte (cfr. Cass. pen., Sez. III, 16 gennaio 2013, Erhan, in Mass. CED, e Cass. pen., Sez. VI, 23 settembre 2010, Della Giovampaola, in Cass. CED; nonchè la più risalente Cass. pen., Sez. V, 13 giugno 1998, Altissimo, in Mass. CED) si afferma la regola opposta secondo cui non sarebbe necessaria l'identità degli autori del reato-fine e del reato-mezzo ai fini della configurabilità del rapporto di connessione teleologica ex art. 12, lett. c), c.p.p.

Nelle sentenze che seguono questo orientamento si evidenzia la necessità di valorizzare il dato testuale dell'art. 12 c.p.p. perché, «diversamente, sarebbe da considerare del tutto irrilevante la modifica apportata all'originaria disposizione dal D.L. 20 novembre 1991, n. 367 [...] che - eliminando il precedente riferimento ad un unico imputato o ai medesimi imputati concorrenti, e diversamente da quanto previsto alla lett. b) - ha privilegiato e mantenuto - con la nuova formulazione della lett. c) - quale criterio per la ricorrenza dell'ipotesi di connessione, il solo requisito oggettivo del nesso teleologico».

 

3. Nel caso di specie, la questione viene in rilievo in relazione alla possibilità di considerare la sussistenza della connessione teleologica tra il reato di cui all'art. 8 del d.lgs. n. 74/2000 (emissione di fatture per operazioni inesistenti) e il reato di cui all'art. 2 dello stesso decreto (utilizzazione delle fatture false ai fini della dichiarazione dei redditi).

Non può esservi dubbio, infatti, come rilevano i giudici nell'ordinanza di rimessione, che sul piano oggettivo vi sia una connessione teleologica tra la condotta di chi predisponga fatture per operazioni inesistenti e la condotta del terzo utilizzatore di tali fatture. Tuttavia, sul piano soggettivo, in questo caso manca l'identità tra gli autori del reato-fine e quelli del reato-mezzo.

 

4. La trattazione innanzi alle Sezioni Unite è fissata per l'udienza del 17 luglio 2014. (Tommaso Trinchera)