ISSN 2039-1676


31 gennaio 2011

"Studio scientifico della giurisprudenza" ed esposizione ad amianto: un caso emblematico

Editoriale

1. Nel corso della sua ancor giovane vita, la nostra Rivista ha dedicato particolare attenzione alla giurisprudenza in materia di responsabilità dell’imprenditore da esposizione ad amianto dei propri dipendenti, e più in generale della popolazione residente in zone circostanti, dando conto anche di una recentissima e importante pronuncia della Suprema Corte, con la quale è stata annullata con rinvio una sentenze di condanna per un nuovo esame sulla questione, cruciale in questi procedimenti, della rilevanza concausale delle esposizioni successive a quella che potrebbe avere innescato il decorso patologico che conduce all’evento lesivo (e in particolare all’insorgenza del mesotelioma pleurico). Sulla questione, oggetto di due successivi approfondimenti a firma di Luca Masera e Stefano Zirulia già in passato segnalati, interviene ora un denso saggio di Roberto Bartoli, professore straordinario di diritto penale presso l’Università di Firenze, che analizza con scrupolo l’oramai fluviale giurisprudenza in materia, ponendone in luce gli snodi più problematici ed evidenziando, assieme, i rischi di impasse per la prassi applicativa derivanti dalla recente giurisprudenza di legittimità. Giurisprudenza che, giustamente, mostra di voler fare sul serio con le categorie dogmatiche della causalità e della colpa, ridefinendo con precisione i confini degli accertamenti che attengono all’una e all’altra categoria e la loro rispettiva logica; con ciò raccogliendo e rimeditando i sempre più numerosi contributi della dottrina italiana sul tema, ed invitando i giudici di merito ad accertamenti - in materia di causalità c.d. generale, di causalità individuale e di nesso tra colpa ed evento, in rapporto alle pertinenti leggi scientifiche - reali e non fittizi, affinché non si accontentino di formule di stile che rischiano sempre di mascherare il ricorso al personale convincimento del giudicante circa la sussistenza di un nesso causale tra la condotta rimproverata al singolo imputato e l’evento verificatosi in capo alla singola persona offesa. Anche accettando, con ciò, il rischio di pervenire a pronunce assolutorie pur in presenza di una comprovata generale efficacia eziologica della sostanza tossica rispetto alla produzione di eventi letali su vasta, o vastissima scala.
 
Lo studio di Bartoli, a buon diritto classificato nella sezione papers in ragione del suo respiro esteso e dell’imponente apparato bibliografico e giurisprudenziale, costituisce, d’altra parte, un esempio a nostro avviso prezioso della fruttuosità di un’integrazione tra dottrina e giurisprudenza che sappia utilizzare i principi e le categorie penalistiche come criterio per il vaglio e la soluzione dei problemi applicativi reali che affannano la prassi, secondo un modello che vorrebbe costituire un po’ la cifra di Diritto penale contemporaneo.
 
Il tema necessiterà peraltro di ulteriori approfondimenti, anche in vista dell’ormai imminente decisione del Tribunale di Torino nel noto processo Eternit, nel quale la pubblica accusa ha rinunciato del tutto alla contestazione dei delitti di omicidio e di lesioni personali, privilegiando piuttosto la strada - in un procedimento che vede coinvolte migliaia di persone offese- della contestazione dei delitti contro l’incolumità pubblica di cui agli artt. 434 co. 2 e 437 co. 2 c.p.; configurando così una sorta di mega-evento (il ‘disastro’) connotato - a quanto pare di poter desumere dal capo d’imputazione - da una dimensione di lesività attuale (concretata dalla verificazione da una pluralità di singoli eventi di morte o di lesione) e assieme potenziale (in relazione agli eventi lesivi che ancora porranno verificarsi in futuro in conseguenza della diffusione di amianto nell’ambiente), ed accertato sulla base delle evidenze epidemiologiche. Un’impostazione innovativa, questa, sulla cui sostenibilità in giudizio dovranno prestissimo pronunciarsi i giudici torinesi, e sulla quale prevedibilmente molto dovrà discutere anche la dottrina italiana.
 
 
2. Un secondo tema su cui sin dall’inizio la nostra Rivista ha richiamato l’attenzione dei lettori è la vexata quaestio dell’ammissibilità della costituzione di parte civile contro l’ente imputato ex d.lgs. 231/2001, sulla quale - come è a tutti noto - si è sviluppato un amplissimo dibattito tra i giudici di merito. Sulla questione è ora, finalmente, intervenuta la Cassazione, con una pronuncia recentissima alla quale ha dedicato una breve nota informativa Luca Pistorelli, optando per la tesi dell’inammissibilità di tale costituzione; con cadenze argomentative peraltro in molta parte coincidenti con quelle utilizzate - oltre che dallo stesso Pistorelli nei suoi contributi sul tema - da un contributo di Alfio Valsecchi pubblicato qualche mese fa proprio su Diritto penale contemporaneo a commento delle numerose ordinanze in materia allora pubblicate.
 
 
3. Continua poi il dibattito - tuttora intensissimo presso p.m. e giudici di merito, in attesa di un prossimo pronunciamento della Cassazione - sull’impatto della direttiva rimpatri sul vigente diritto penale dell’immigrazione. Il fatto nuovo è ora rappresentato dalle prime ordinanze (del Tribunale di Milano e del Tribunale di Rovereto) che hanno rinviato gli atti alla Corte di giustizia mediante lo strumento del ricorso pregiudiziale di interpretazione, chiedendo in sostanza alla Corte di esprimersi sulla correttezza dell’itinerario argomentativo secondo il quale gli articoli 15 e 16 della direttiva vieterebbero agli Stati membri di prevedere l’applicazione di sanzioni penali privative della libertà personale in conseguenza della mera mancata cooperazione dello straniero alla procedura amministrativa di espulsione, che unicamente consentirebbe - secondo questa lettura - l’adozione della misura del trattenimento per la durata massima di diciotto mesi, alle tassative condizioni stabilite dalla direttiva. La chiamata in causa del giudice ‘ultimo’ nelle questioni concernenti l’applicazione del diritto comunitario garantirà, così, uniformità delle decisioni da parte dei nostri giudici penalI; i quali peraltro, nelle more della decisione della Corte (i cui tempi, in assenza di particolari ragioni di urgenza come quelli che potrebbero derivare da procedimenti concernenti detenuti, si preannunziano piuttosto lunghi), dovranno comunque affrontare direttamente i denunciati profili di contrasto e l’esistenza eventuale di rimedi apprestabili da parte del giudice ordinario, ovvero - secondo una prospettiva alternativa affacciatasi in queste settimane - valutabili unicamente dal giudice delle leggi. Ciò che riproporrà, dunque, all’ordine del giorno i delicati profili di rapporti tra i diversi attori giurisdizionali chiamati a dare attuazione nell’ordinamento interno i diritti fondamentali dello straniero, sui quali ci siamo con qualche ampiezza soffermati nel precedente editoriale.
 
In quest’ottica, conserva dunque estremo interesse una recente e argomentatissima sentenza del Tribunale di Cagliari, che sceglie la via del sindacato sulla legittimità degli atti amministrativi presupposti nei delitti di inosservanza dell’ordine del questore alla luce della direttiva, concludendo in particolare nel senso dell’inefficacia anche degli atti precedenti alla scadenza del suo termine di attuazione, in applicazione di principi ricavabili dalla giurisprudenza della Corte di giustizia.
 
Sempre in tema di diritto penale dell’immigrazione, ci pare inoltre di notevole interesse una recentissima pronuncia del Tribunale di Milano in sede di incidente di esecuzione, che ha accolto il ricorso di uno straniero condannato al quale era stata applicata l’aggravante c.d. di clandestinità di cui all’art. 61 n. 11-bis c.p., nel frattempo dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale, rideterminando conseguentemente la pena ‘al netto’ dell’aggravante medesima; questione sulla quale vale forse la pena di richiamare il contributo di Stefano Zirulia pubblicato qualche settimana fa sulla Rivista, nel quale erano stati sinteticamente impostati i termini della questione ora decisa dal giudice milanese. Il tutto in attesa che venga proposta, in sede di esecuzione, anche la questione relativa alla sorte delle sentenze di condanna per i delitti di cui all’art. 14 co. 5 ter e quater, nell’ipotesi in cui - ovviamente - si condivida il presupposto della loro sopravvenuta inapplicabilità a seguito della scadenza del termine di attuazione della direttiva rimpatri.
 
 
4. La Rivista ha affrontato poi, nei giorni scorsi, un tema oggi all’ordine del giorno per i giudici italiani, relativo alla presunta abrogazione di alcune disposizioni penali in materia di tutela degli alimenti e di pesca marittima: questioni sulle quali abbiamo pubblicato una documentata ed autorevole relazione di Alessio Scarcella, nonché la notizia di una decisione in senso conforme della stessa Cassazione.
 
 
5. Particolare menzione merita, altresì, la pubblicazione di un’ampia relazione di Francesco Menditto, magistrato in servizio presso la sezione misure di prevenzione del Tribunale di Napoli, relativa agli strumenti di aggressione ai patrimoni illecitamente accumulati dalle associazioni di tipo mafioso. Tema, questo, con scarso appeal per la maggior parte della dottrina italiana ma di sempre maggiore rilievo pratico, e al quale la nostra Rivista sta dedicando ampia attenzione, attraverso la pubblicazione di provvedimenti particolarmente significativi segnalatici dai nostri lettori, che vivamente ringraziamo.
 
 
6. Sul versante delle novità giurisprudenziali, vanno segnalate le schede relative ad una serie di importanti sentenze delle Sezioni Unite, già depositate o in attesa di deposito, relative al tema dell'unità o pluralità di reati di bancarotta, al concorso tra truffa e reati fiscali, alle conseguenze penali della circolazione di veicolo sottoposto a sequestro amministrativo (tema al quale Carlo Benussi ha dedicato un perspicuo commento), all'impatto della disciplina della recidiva sulla determinazione della pena ai fini dell’applicazione di misure cautelari e precautelari, nonché alla validità dei provvedimenti assunti dal giudice ricusato. E, naturalmente, non può non segnalarsi l’attesissimo deposito della sentenza della Corte costituzionale in materia di legittimo impedimento, della quale ora vari giudici milanesi dovranno fare prestissimo applicazione.
 
E’ stata poi oggetto di una breve scheda a firma di Tommaso Trinchera una recente sentenza della Cassazione che è intervenuta sul difficile tema dei limiti di applicazione del tentativo del delitto contro l’amministrazione della giustizia di cui all’art. 377 bis c.p.; è stata integralmente pubblicata la sentenza in grado d’appello nel notissimo caso Corona, di grande interesse anche sotto il profilo tecnico-giuridico per la sua rilevanza in ordine alla delimitazione della minaccia rilevante ai fini del delitto di estorsione, che conferma soltanto parzialmente la sentenza di primo grado, già pubblicata sulla Rivista; ed è stata infine pubblicata una sentenza del Tribunale di Firenze nella spinosa materia della contraffazione di marchi e risarcibilità del danno d’immagine subito dalle case di moda per la svalutazione del prestigio dei marchi medesimi.
 
Come di consueto, buona lettura.