ISSN 2039-1676


15 novembre 2013 |

Sequestro Isochimica: un nuovo caso di disastro ambientale?

Trib. Avellino, sez. G.I.P., ud. 15 giugno 2013, Giud. Riccardi

 

Pubblichiamo il provvedimento - corredato dalle relative massime - con il quale il GIP di Avellino ha disposto il sequestro preventivo ai sensi dell'art. 321 co. 3-bis c.p.p. dello stabilimento e dell'area della società Isochimica s.p.a. (clicca in fondo alla pagina su "download documento" per scaricare il testo del provvedimento). 

Fondata nel 1982, l'azienda ha svolto per alcuni anni attività nel campo della lavorazione e dello smaltimento dell'amianto, occupandosi in particolare della manutenzione delle carrozze ferroviarie. Nel 1988 ne è stata ordinata la chiusura per ragioni di tutela dell'igiene e salute pubblica. Il procedimento penale nell'ambito del quale viene disposto il sequestro vede indagate 24 persone più altre in corso di identificazione.

Al capo A) dell'imputazione viene contestato, nei confronti di alcuni ex responsabili della Isochimica, il delitto di cui all'art. 434 c.p., nella forma aggravata dalla verificazione del disastro di cui al capoverso, sub specie di disastro ambientale. Agli indagati viene attribuita una condotta - descritta nel decreto di sequestro come  «commissivo-dolosa» - consistita nell'aver organizzato e diretto le attività a contatto con l'amianto senza adottare le cautele necessarie alla tutela della salute dei lavoratori; nonché nell'aver gestito lo smaltimento dell'amianto in maniera pericolosa per l'incolumità pubblica, in particolare accumulando ed interrando illegalmente i rifiuti tossici, nonché abbandonandoli successivamente alla chiusura dell'attività.

Al capo B) viene invece contestata l'ipotesi colposa di disastro ambientale, ai sensi degli artt. 434, 449 c.p., a carico di alcuni membri di enti territoriali (in particolare il sindaco ed alcuni assessori pro tempore del comune di Avellino, il responsabile del procedimento, nonché alcuni funzionari dell'ASL locale e dell'ARPAC), nonché di alcuni titolari di imprese addette alla bonifica dei siti inquinati. La condotta - descritta dal decreto di sequestro come «omissivo-colposa» - consiste qui nella mancata bonifica delle aree contaminate.

Ai capi C) e D) viene invece ipotizzata l'omissione di atti d'ufficio ex art. 328 c.p., a carico del sindaco pro tempore e del responsabile del procedimento, sempre in relazione alle inerzie nelle operazioni di bonifica, nonché a carico di un dirigente dell'ASL locale per l'omessa sorveglianza sanitaria dei lavoratori.

Il decreto di sequestro ripercorre - a sostegno della sussistenza del fumus commissi delicti - la storia industriale della Isochimica e della sua successiva dismissione. Vengono passate in rassegna le relazioni tecniche che descrivono l'incontrollata dispersione delle polveri di amianto all'epoca in cui gli stabilimenti erano attivi, nonché la contaminazione del territorio provocata dallo smaltimento illegale degli scarti di produzione, per trarne infine coerenti conseguenze rispetto ai rischi per la salute e per la vita sia degli ex lavoratori che dei residenti nella zona.

A proposito dei capi di imputazione, il GIP sottolinea che, «nel presente procedimento, con una scelta pressoché pioneristica nell'esperienza giudiziaria italiana, vengono contestati delitti contro l'incolumità pubblica, e non già contro la persona; gli unici precedenti, al riguardo, sono rappresentati dalla vicenda Eternit, nella quale è stata emessa sentenza di condanna da parte del Tribunale di Torino in data 13 febbraio 2012, sostanzialmente confermata da Corte Appello Torino, 3 giugno 2013, dalla vicenda Ilva, in fase di indagini presso l'A.G. di Taranto, e dalla vicenda della bonifica dell'area di Bagnoli, in corso dinanzi all'A.G. di Napoli». Questo cambio di prospettiva - dai reati contro la persona e quelli contro l'incolumità pubblica - viene giustificato, nello stesso provvedimento di sequestro, dall'esigenza di evitare le difficoltà di prova della causalità individuale tipiche del settore dell'esposizione a sostanze tossiche (difficoltà connesse, principalmente, alla multifattorialità delle patologie nonché al problema delle plurime esposizioni al medesimo fattore di rischio): «la contestazione della fattispecie di disastro c.d. innominato, punita nella forma dolosa all'art. 434 c.p. e nella forma colposa all'art. 449 c.p., consente, sotto il profilo probatorio, di evitare l'accertamento del nesso causale rispetto ad ogni singolo evento patologico determinato dall'esposizione alla sostanza tossica (la c.d. causalità individuale), rendendo sufficiente l'accertamento della c.d. causalità generale sulla base anche di affidabili evidenze di natura epidemiologica».

In chiusura di queste brevi annotazioni, pare peraltro utile sottolineare quella che appare essere una differenza essenziale tra la vicenda Isochimica e le evocate vicende Eternit e Ilva. Mentre nella prima, infatti, il disastro sembrerebbe allo stato venire in rilievo soltanto sotto forma di inquinamento pericoloso per l'incolumità pubblica, nelle altre due vicende l'inquinamento avrebbe prodotto - in base a quanto emerge dalle indagini epidemiologiche - un numero indeterminato di vittime, dando origine a quello che la Corte d'Appello di Torino ha definito un «fenomeno epidemico», una sorta di danno collettivo le cui implicazioni sono ancora tutte da esplorare.

 

 

DELITTI CONTRO L'INCOLUMITA' PUBLICA - DISASTRO INNOMINATO - disastro ambientale

È configurabile il reato di cui all'art. 434 c.p. nei casi di disastro ambientale, in quanto, sebbene difettino i requisiti della violenza della condotta e della immediatezza e distruttività dell'evento, il disastro comprende non soltanto gli eventi di grande evidenza immediata e che si esauriscono in un arco di tempo ristretto (incendio, naufragio, ecc.), ma anche quegli eventi non immediatamente percepibili, che possono realizzarsi in un arco di tempo eventualmente molto prolungato, purchè si verifichi quella compromissione delle caratteristiche di sicurezza, di tutela della salute e di altri valori della persona e della collettività che consentono di affermare l'esistenza di una offesa alla pubblica incolumità (Nella fattispecie in esame, l'evento disastro rilevante ai sensi del 2° comma dell'art. 434 c.p. risulta essersi perfezionato con la grave e perdurante contaminazione dell'intera area industriale ove sorgeva uno stabilimento destinato alla lavorazione e rimozione di amianto, laddove sono state abbandonate tonnellate di amianto all'aperto, e sono stati interrati circa 1600 metri cubi di amianto, che, pur non avendo raggiunto la falda acquifera, destano particolare preoccupazione, non soltanto per la non perfetta impermeabilizzazione che consente dispersione di fibre nell'aria, ma anche in considerazione della natura notoriamente sismica del territorio, che può innescare movimenti idonei alla contaminazione anche delle acque).  

Nei delitti contro l'incolumità pubblica, il disastro, nell'ipotesi dolosa (art. 434 c.p.), costituisce un parametro di qualificazione della pericolosità della condotta ("commette un fatto diretto a cagionare...un altro disastro..., se dal fatto deriva pericolo per la pubblica incolumità"), mentre nell'ipotesi del 2° comma ("se...il disastro avviene"), e nell'ipotesi colposa (artt. 434-449 c.p.), il disastro costituisce l'evento del reato ("chiunque...cagiona per colpa...un altro disastro").

Riferimenti normativi:

c.p. art. 434, 449

 

DELITTI CONTRO L'INCOLUMITA' PUBLICA - DISASTRO INNOMINATO - disastro ambientale - dimensioni del disastro - evento distruttivo di proporzioni straordinarie - pericolo per l'incolumità di un numero indeterminato di persone - fattispecie

Il disastro innominato - la cui tipicità ricomprende i fatti coinvolgenti la popolazione (c.d. esposti non professionali), a differenza del reato di omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro (art. 437 c.p.), la cui tipicità è limitata ai fatti ai danni dei lavoratori della fabbrica (i c.d. esposti professionali) - è un reato a consumazione anticipata causalmente orientato, che deve assumere, sul piano dimensionale, gli estremi di un evento distruttivo di proporzioni straordinarie, anche se non necessariamente immani, atto a produrre effetti dannosi gravi, complessi ed estesi, e, sul piano della proiezione offensiva, deve provocare un pericolo per la vita o per l'integrità fisica di un numero indeterminato di persone, senza che peraltro sia richiesta anche l'effettiva verificazione della morte o delle lesioni di uno o più soggetti (Nella fattispecie, le condotte, reiterate nel corso degli anni, di inquinamento ambientale, consistenti nella incontrollata dispersione delle fibre di amianto, connessa prima al processo produttivo in atto e, successivamente, all'abbandono dei cubi di amianto nell'area (anche) scoperta, e nella grave contaminazione dell'area determinata mediante interramento di oltre 1600 metri cubi di amianto integrano il reato di disastro innominato di cui all'art. 434 co. 1 c.p., mentre il susseguirsi di tali condotte, attive (nell'ambito del processo produttivo) ed omissive (connotate dall'abbandono dell'amianto e nella mancata bonifica), nel corso degli anni ha determinato la verificazione di un evento di disastro ecologico ed ambientale, rilevante ai sensi dell'art. 434 comma 2 c.p.).

Riferimenti normativi:

c.p. art. 434

 

c.p. art. 437

 

DELITTI CONTRO L'INCOLUMITA' PUBLICA - DISASTRO INNOMINATO - disastro ambientale - posizioni di garanzia - bonifica dei siti inquinati - messa in sicurezza di emergenza

Nei casi di disastro ambientale cagionato da produzioni industriali insalubri, l'individuazione delle posizioni di garanzia rilevanti negli interventi di bonifica e messa in sicurezza dei siti contaminati, risponde al principio fondamentale, di ascendenza comunitaria, del "chi inquina paga". Alla stregua delle normative che si sono succedute (art. 17  D.lgs. 22/1997 e artt. 239 ss. T.U. amb.), le posizioni di garanzia sono rivestite dal responsabile dell'inquinamento, in via originaria, dal Comune, in via sussidiaria, dalla Regione, in via surrogatoria, da altri soggetti interessati, in via derivata. Il contenuto della posizione di garanzia consiste nell'obbligo di provvedere alla bonifica del sito inquinato, e, in via preliminare, alla messa in sicurezza di emergenza (art. 240 lett. m) T.U. amb.).

Riferimenti normativi:

c.p. art. 434

 

D. lgs. 22/1997, art. 17

 

D. lgs. 152/2006 (T.U. amb.), artt. 239 ss.

 

DELITTI CONTRO L'INCOLUMITA' PUBLICA - DISASTRO INNOMINATO - disastro ambientale - esposizione a sostanze tossiche - nesso di causalità

Nei procedimenti per l'accertamento di responsabilità penali per l'esposizione a sostanze tossiche (amianto, CVM, ecc.) utilizzate nell'ambito di processi produttivi, la contestazione della fattispecie di disastro c.d. innominato, punita nella forma dolosa dall'art. 434 c.p. e nella forma colposa dall'art. 449 c.p., consente, sotto il profilo probatorio, di evitare l'accertamento del nesso causale rispetto ad ogni singolo evento patologico determinato dall'esposizione alla sostanza tossica (la c.d. causalità individuale), rendendo sufficiente l'accertamento della c.d. causalità generale, sulla base anche di affidabili evidenze di natura epidemiologica.

Riferimenti normativi:

c.p. art. 434, 449

 

c.p. art. 40

 

DELITTI CONTRO L'INCOLUMITA' PUBLICA - DISASTRO INNOMINATO - disastro ambientale - dolo - dolo intenzionale - dolo diretto ed eventuale - idoneità offensiva della condotta

Ai fini della configurabilità del dolo del reato di disastro, la condotta del responsabile di una produzione insalubre che inquini gravemente un sito industriale, con modalità tali da "cagionare un disastro", connota il dolo del disastro innominato c.d. potenziale (art. 434 comma 1 c.p.), mentre la successiva condotta di abbandono dell'area, di dispersione dei rifiuti pericolosi, di totale disinteressamento alle pur obbligatorie operazioni di bonifica, connotano il dolo del disastro consumato (art. 434 comma 2 c.p.), non potendosi in tal senso ritenere che il produttore non si sia rappresentato la situazione di grave ed estrema compromissione creata e lasciata, e non abbia voluto, anche mediante il proprio disinteresse per la bonifica, il disastro ambientale progressivamente materializzatosi (Nella fattispecie, la condotta dell'amministratore e dei principali dirigenti aziendali di un'impresa esercente l'attività di rimozione di amianto dalle carrozze ferroviarie non si arresta alla fase della produzione, deliberatamente e sconsideratamente attuata senza alcuna forma di protezione individuale e collettiva dalle polveri di asbesto, ma allunga la propria inesorabile proiezione offensiva anche alle fasi successive, di persistente e grave contaminazione del sito, determinata prima dall'interramento di tonnellate di amianto, e poi dall'abbandono di cubi in cemento-amianto sul piazzale e di capannoni, edifici ed altri beni strumentali in condizioni tali da determinare la dispersione delle fibre di amianto).

Ai fini della configurabilità del dolo di disastro, l'espressione "fatto diretto a cagionare" contenuta nel 1° comma dell'art. 434 c.p. non connota l'intensità dell'elemento soggettivo in termini di dolo intenzionale, ma assume una valenza essenzialmente oggettiva, quale "idoneità o attitudine causale a cagionare il disastro"; l'ambito di applicazione dell'art. 434 c.p. va dunque esteso anche alle forme di dolo diretto ed eventuale, anche perché, in presenza di un corrispondente delitto colposo (art. 449 c.p.), l'opposta opinione lascerebbe un irragionevole vuoto di tutela con riferimento al medesimo evento disastroso, in quanto esso sarebbe punibile solo a titolo di dolo intenzionale e di colpa, e non già per le forme intermedie di dolo diretto e dolo eventuale.

Riferimenti normativi:

c.p. art. 434, 449

 

c.p. art. 43

 

DELITTI CONTRO L'INCOLUMITA' PUBLICA - DISASTRO INNOMINATO - disastro ambientale - natura autonoma - natura circostanziale

Il reato di disastro innominato previsto dal 2° comma dell'art. 434 c.p. è una fattispecie autonoma, e non già circostanziale; oltre ai rapporti di eterogeneità strutturale tra fattispecie (il 1° comma descrive un reato di pericolo, il 2° comma un reato di danno con evento naturalistico), la tesi della natura autonoma è fondata anche sulla considerazione che l'estensione del corrispondente reato colposo di disastro innominato (art. 449 c.p.) è limitata all'ipotesi del disastro consumato; allorquando l'art. 449 c.p. richiama per relationem l' "altro disastro preveduto dal capo primo di questo titolo" necessariamente rinvia, per quanto concerne l'art. 434 c.p., all'ipotesi 'consumata' prevista dal 2° comma; in tal senso, dunque, fondando la natura autonoma, e non già circostanziale della fattispecie, restando altrimenti anomalo un rinvio recettizio di una fattispecie senz'altro autonoma ad una fattispecie meramente aggravante.

Riferimenti normativi:

c.p. art. 434, 449

 

DELITTI CONTRO L'INCOLUMITA' PUBLICA - DISASTRO INNOMINATO- disastro ambientale - prescrizione - decorrenza del termine

Con riferimento al decorso dei termini di prescrizione del reato di disastro innominato, il dies a quo coincide con l'integrazione del disastro (Nella fattispecie, l'evento è stato ritenuto perdurante, e quindi suscettibile ancora di individuare il termine di decorrenza, in quanto la condotta criminosa dei responsabili della produzione non può ritenersi cessata con la chiusura dello stabilimento, ovvero con la dichiarazione di fallimento, in quanto proprio la normativa in tema di bonifica dei siti contaminati costituisce una fonte dell'obbligo di garanzia gravante sul responsabile della produzione che ha provocato l'inquinamento).

Riferimenti normativi:

c.p. art. 434, 449

 

c.p. art. 158

 

DELITTI CONTRO L'INCOLUMITA' PUBLICA - DISASTRO INNOMINATO COLPOSO - disastro ambientale - reato di pericolo astratto - nozione

Le fattispecie di disastro colposo innominato (art. 449 c.p.), benché rubricate in termini di delitti colposi di danno, devono essere più propriamente ritenute fattispecie di pericolo astratto, come del resto le corrispondenti fattispecie dolose descritte al Capo I del Titolo VI, e richiamate nella norma; invero, la verificazione di una frana, o di un qualsiasi altro disastro, per integrare la soglia del penalmente rilevante, non necessariamente deve determinare un evento di danno nei confronti della pubblica incolumità, nel senso che non occorre la compromissione reale dei beni vita e incolumità di un numero indeterminato di persone, essendo al contrario sufficiente un evento naturalisticamente pericoloso per la pubblica incolumità. In altri termini, il danno evocato nella rubrica dell'art. 449 c.p., in contrapposizione al pericolo evocato nella successiva fattispecie di cui all'art. 450 c.p., fa riferimento alla verificazione dell'evento naturalistico (frana, inondazione, incendio, ecc.), intrinsecamente ritenuto pericoloso per l'incolumità pubblica, a differenza, appunto, delle fattispecie di cui all'art. 450 c.p., che tipizzano un evento normativo (e non già naturalistico), costituito dal pericolo di un disastro.

Nei delitti di disastro colposo, la norma penale è descritta mediante il richiamo ad elementi descrittivi caratterizzati da una indiscutibile "pregnanza semantica" (incendio, disastro ferroviario, frana, inondazione, ecc.) tale da assicurare la tipicità solo a quei fatti realmente offensivi del bene tutelato; viene infatti descritto un evento naturalistico, inteso come conseguenza della condotta umana, che coincide con l'offesa all'interesse protetto, in quanto dotato di un "sostrato di fatto" immediatamente percepibile. Essendo la nozione di pericolo un concetto essenzialmente normativo, di relazione tra un fatto umano (la condotta o l'evento tipizzati nella fattispecie) ed una norma, che qualifica in termini di pericolo il fatto, e che prescinde da qualificazioni su basi ontologiche o naturalistiche, il criterio di qualificazione dell'attributo di pericolosità di un fatto va ricercato su basi normative, sulla scorta di criteri di imputazione giuridica; in altri termini, è la norma a dover stabilire il livello di pericolosità ontologica sufficiente a raggiungere la soglia normativa del penalmente rilevante.

Riferimenti normativi:

c.p. art. 434, 449

 

c.p. art. 450