ISSN 2039-1676


26 aprile 2017 |

La legge Gelli-Bianco approda in Cassazione: prove di diritto intertemporale

Nota a Cass., Sez. IV, sent. 20 aprile 2017, Pres. Blaiotta, Rel. Montagni, Ric. P.C. Tarabori in proc. De Luca (informazione provvisoria) ed a Cass., Sez. IV, sent. 16 marzo 2017 (dep. 30 marzo 2017), n. 16140, Pres. Romis, Rel. Montagni, Ric. Filippini

Contributo pubblicato nel Fascicolo 4/2017

Per leggere il testo della sentenza n. 16140/2017, clicca sopra su "visualizza allegato".

 

1. Come era agevole prevedere, la Cassazione inizia ad occuparsi della legge Gelli-Bianco e del nuovo statuto penale della colpa medica.

In attesa delle prime sentenze, si ha per il momento a disposizione solo una preliminare ‘notizia di decisione’ (la n. 3 del 2017), nella quale viene riportata la questione di diritto esaminata dalla Quarta sezione penale (Presidente Blaiotta, Relatore Montagni) nell’udienza pubblica del 20 aprile 2017 (R.G. n. 7115/2017).

Questo il testo del comunicato:

La legge n. 24 del 2017 ha introdotto, all’art. 5, un nuovo statuto disciplinare delle prestazioni sanitarie, governato dalle raccomandazioni espresse dalle linee guida accreditate e, in mancanza, dalle buone pratiche clinico-assistenziali.

Ai sensi dell’art. 590-sexies c.p. introdotto dall’art. 6 della medesima legge, tale nuovo quadro disciplinare è rilevante anche ai fini della valutazione della perizia del professionista con riguardo alle fattispecie di cui agli artt. 589 e 590 c.p.; e, per la sua novità, trova applicazione solo ai fatti commessi successivamente all’entrata in vigore della novella.

Per i fatti anteriori può trovare ancora applicazione, ai sensi dell’art. 2 c.p., la disposizione di cui all’abrogato art. 3, comma 1, della legge n. 189 del 2012, che aveva escluso la rilevanza penale delle condotte lesive connotate da colpa lieve, nei contesti regolati da linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica”.

 

2. Va segnalato che, già prima dell’entrata in vigore della legge n. 24 del 2017, la questione intertemporale, relativa ai rapporti tra il nuovo art. 590-sexies e l’art. 3 co. 1 della legge 189 del 2012, n. 189, era stata in qualche modo impostata dalla medesima Quarta sezione nell’udienza del 16 marzo 2017 (Cass., Sez. IV, 16 marzo 2017, n. 16140, Presidente Romis, Relatore Montagni). Si legge nella motivazione della sentenza, depositata lo scorso 30 marzo, che l’entrata in vigore della nuova legge “assume rilievo nell’ambito del giudizio di rinvio, posto che la Corte di Appello, chiamata a riconsiderare il tema della responsabilità dell’imputato, dovrà verificare l’ambito applicativo della sopravvenuta normativa sostanziale di riferimento, disciplinante la responsabilità colposa per morte o lesioni personali provocate da parte del sanitario. E lo scrutinio dovrà specificamente riguardare l’individuazione della legge ritenuta più favorevole, tra quelle succedutesi nel tempo, da applicare al caso di giudizio, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2, comma 4, c.p., secondo gli alternativi criteri della irretroattività della modificazione sfavorevole ovvero della retroattività della nuova disciplina più favorevole” (§. 4).

 

3. Può essere utile ricordare, in estrema sintesi, come, ai sensi della legge Balduzzi, la responsabilità del medico che si fosse attenuto a linee guida e buone pratiche poteva essere affermata solo per colpa grave, quando cioè fosse stata disattesa la necessità di discostarsi da tali fonti, nonostante essa, in ragione della peculiare situazione clinica del malato, fosse macroscopica, immediatamente riconoscibile da qualunque altro sanitario al posto dell’imputato. Due erano i cardini del meccanismo di limite negativo alla tipicità colposa così delineato: la valorizzazione delle linee guida e delle virtuose pratiche terapeutiche, purché corroborate dal sapere scientifico, da un lato; la distinzione tra colpa lieve e colpa grave, per la prima volta normativamente introdotta nell’ambito della disciplina penale dell’imputazione soggettiva, dall’altro[1].

Oggi, con l’introduzione nel codice penale di un nuovo articolo (590-sexies), la punibilità è esclusa, senza alcun riferimento testuale al fatto che si versi in colpa grave o lieve, qualora, nell’esercizio della professione sanitaria:

a) l’evento si sia verificato a causa di imperizia;

b) siano state rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida, come definite e pubblicate ai sensi di legge, ovvero, in mancanza, le buone pratiche clinico-assistenziali (le quali, dunque, rispetto tanto alla legge Balduzzi, quanto alla versione approvata alla Camera, assumono una posizione suppletiva nei confronti delle linee guida);

c) le raccomandazioni contenute nelle linee guida predette risultino adeguate alle specificità del caso concreto[2].

Si è già provato, in un recente contributo, a delineare i confini applicativi del nuovo art. 590-sexies[3]. In particolare:

i) non sono punibili condotte imperite del medico nelle quali sia stata correttamente diagnosticata la patologia, altrettanto correttamente siano state selezionate linee guida (accreditate) riferibili alla terapia per quella patologia e il caso concreto non presenti peculiarità tali da costituire un’eccezione alla regola data;

ii) si è riconosciuta la responsabilità se le linee guida non erano adeguate al caso, potendo residuare, in questi termini, uno spazio di possibile rimprovero per imperizia, da commisurare all’errata valutazione delle specifiche condizioni cliniche del paziente, che avrebbero dovuto portare il medico a ritenere inadeguate le linee guida e dunque a non applicarle;

iii) si è esclusa l’applicabilità della norma (e il medico sarà dunque punibile sulla base dei tradizionali canoni di accertamento della colpa, non potendo beneficiare della nuova area di non punibilità legata al rispetto delle linee guida) qualora l’evento sia riconducibile a una condotta connotata da negligenza o imprudenza.

 

4. Sarà ovviamente la lettura delle motivazioni a svelare, nei dettagli, il preciso orientamento assunto dalla Cassazione in merito agli snodi problematici più significativi della rinnovata disciplina della responsabilità penale in ambito sanitario e, in particolare, i convincimenti relativi ai profili intertemporali, per dipanare i quali è necessario individuare, nonostante la formale abrogazione, la legge in concreto più favorevole rispetto ai fatti commessi prima dell’entrata in vigore della nuova disciplina (1 aprile 2017).

La primissima impressione che traspare dalle poche righe diffuse è che il trattamento stabilito dalla nuova legge possa, in concreto risultare meno favorevole rispetto alla legge Balduzzi, così da giustificarne la residua applicazione rispetto ai fatti anteriori.

A supporto argomentativo, si possono richiamare talune già segnalate criticità della nuova legge che, a ben vedere, offrono solidi argomenti a supporto della tesi – fatta propria, a quanto pare, dalla prima giurisprudenza - del maggior favore accordato alla classe medica dalla abrogata disciplina[4].

Schematicamente:

- non si è riconosciuta alcuna presunzione assoluta di irresponsabilità connessa all’applicazione delle linee guida, residuando, per il giudice, un’ampia finestra discrezionale in ordine all’adeguatezza delle linee guida rispetto al caso concreto: il fulcro della punibilità, ancor più che in passato, finisce per essere affidato a una valutazione giudiziale autonoma, di ‘adeguatezza’ delle raccomandazioni osservate alla specificità del caso concreto, con tutte le relative incertezze e in assenza di un esplicito binario gradualistico della colpa grave (concetto sul quale, fra l’altro, era maturata una convergenza giurisprudenziale);

- pur al cospetto della soppressione del riferimento al discusso grado della colpa, non appare affatto certo che, nella sostanza, non sia comunque residuata – sul solo terreno dell’imperizia - un’implicita gradazione: si sia cioè ritagliato uno spazio di punibilità comunque legato a un’imperizia grave, con riferimento alle ipotesi di scelta inadeguata delle raccomandazioni contenute nelle linee guida accreditate ovvero addirittura alla mancata individuazione delle linee guida pertinenti, riservando, di contro, il beneficio della non punibilità alle ipotesi di imperizia non grave, invero residuali, nelle quali l’evento si sia verificato nonostante l’osservanza delle linee guida contenenti raccomandazioni ritenute in astratto adeguate al caso concreto;

- risulta alquanto problematico, anche ai fini della comparazione intertemporale, il riferimento, nell’art. 590-sexies c.p., al rispetto, in via residuale, delle c.d. buone pratiche clinico-assistenziali, ad un parametro cioè che, a prima vista, sembra richiamare a pieno i tradizionali canoni della colpa generica per imperizia, vale a dire le regole cautelari desumibili dalle leges artis cui il medico modello deve attenersi nell’esercizio della sua attività;

- si è circoscritta la limitazione di responsabilità alle sole condotte rispettose delle linee guida connotate da imperizia, in controtendenza rispetto alle aperture della più recente giurisprudenza di legittimità in relazione ai margini applicativi della legge Balduzzi, col forte rischio che, in virtù dell’estrema labilità del confine tra le varie ipotesi di colpa, in chiave accusatoria si tendano a trasformare casi di imperizia in imputazioni per negligenza e imprudenza, rispetto alle quali non valgono i profili di esenzione della responsabilità nelle ipotesi di ossequio alle linee guida.

 

5. In definitiva, sembra trovare una prima, seppure non definitiva, conferma la sensazione che il legislatore, nel delineare al secondo comma del nuovo art. 590-sexies c.p. una presunzione relativa di non punibilità, abbia non solo schiuso nuovi e non meno rilevanti fronti problematici rispetto alla precedente disciplina, ma anche - e soprattutto – fallito lo scopo di garantire più certezze di irresponsabilità, arretrando rispetto alle più recenti acquisizioni della giurisprudenza di legittimità maturate con riguardo alla legge Balduzzi, in termini di garanzia della classe medica e conseguentemente di effettiva e piena attuazione del diritto alla salute e di con trasto alla medicina difensiva.

 

[1] Sull’art. 3, co. 1 della legge Balduzzi si è sviluppata un’ampia letteratura, che ha accompagnato una altrettanto copiosa elaborazione giurisprudenziale; per un aggiornato compendio, da ultimo e per tutti, F. Basile, Un itinerario giurisprudenziale sulla responsabilità medica colposa tra art. 2236 cod. civ. e legge Balduzzi (aspettando la riforma della riforma), in questa Rivista, 23 febbraio 2017.

[2] A prima lettura, sulla legge Gelli-Bianco, v., con differenti sfumature critiche, P. F. Poli, Il d.d.l. Gelli-Bianco: verso un’ennesima occasione persa di adeguamento della responsabilità penale del medico ai principi costituzionali?, in questa Rivista, 20 febbraio 2017; P. Piras, Imperitia sine culpa non datur. A proposito del nuovo art. 590-sexies c.p., ivi, 1 marzo 2017; G.M. Caletti – M. L. Mattheudakis, Una prima lettura della legge “Gelli-Bianco” nella prospettiva del diritto penale, ivi, 9 marzo, 2017; C. Cupelli, Lo statuto penale della colpa medica e le incerte novità della legge Gelli-Bianco, ivi, 3 aprile 2017; F. Centonze – M. Caputo, La risposta penale alla malpractice: il dedalo di interpretazioni disegnato dalla riforma Gelli-Bianco, in Riv. it. med. leg., 2016, p. 1361 ss. G. Amato, Professionisti “salvi” se l’evento dannoso è dovuto a imperizia, in Guida dir., n. 15/2017, p. 51 ss.; L. Isolabella – A. Quatraro, Così l’osservanza delle pratiche cliniche diventa tassativa, ivi, p. 56 ss.

[3] C. Cupelli, Lo statuto penale della colpa medica e le incerte novità della legge Gelli-Bianco, cit., p. 9 ss.

[4] C. Cupelli, Lo statuto penale della colpa medica e le incerte novità della legge Gelli-Bianco, cit., p. 10 ss.