ISSN 2039-1676


18 settembre 2017

Il ricorso personale per cassazione è inammissibile, ormai, anche se previsto espressamente da norme speciali del codice o di altre leggi (compresa quella sul mandato d’arresto europeo)

Cass., Sez. VI, 13 settembre 2017, Pres. Paoloni, Rel. D’Arcangelo, ric. Lissandrello (informazione provvisoria)

Diamo conto immediatamente, riservandoci di pubblicare l’intero provvedimento subito dopo il suo deposito, di una decisione della Suprema Corte (n. sez. 1650 del 2017), dai rilevanti effetti pratici e di ampio significato sistematico.

Com’è noto, con la legge n. 103 del 2017, il legislatore ha eliminato, dalla disciplina generale del ricorso per cassazione, la possibilità prima riconosciuta alla parte privata, e segnatamente all’imputato, di proporre personalmente il ricorso medesimo. Il comma 1 dell’art. 571 c.p.p., nel testo novellato, ribadisce in generale la possibilità dell’impugnazione personale, ma fa salvo «quanto previsto per il ricorso per cassazione dall'articolo 613, comma 1». Norma, quest’ultima, secondo cui l'atto di ricorso, le memorie e i motivi nuovi devono essere sottoscritti, a pena di inammissibilità, da «difensori iscritti nell'albo speciale della corte di cassazione».

Il legislatore della riforma non si è curato di adottare previsioni espresse per i casi in cui la possibilità di ricorso personale è rimessa alla parte privata da disposizioni particolari, contenute nel codice di rito od in leggi speciali. Un caso importante riguarda il mandato di arresto europeo: contro i provvedimenti in materia di consegna, per il tenore ancora attuale dell’art. 22 della legge n. 69 del 2005, il ricorso per cassazione può essere proposto da «la persona interessata, il suo difensore e il procuratore generale presso la corte di appello».

Si trattava di stabilire se, nel caso del m.a.e. come per altre situazioni analoghe, debba prevalere la regola generale di inammissibilità del ricorso personale, o se piuttosto le disposizioni particolari sostengano una disciplina ormai derogatoria rispetto al principio generale.

Con una informazione provvisoria, la Corte suprema comunica la prima decisione assunta sul tema, proprio riguardo al mandato di arresto europeo, sciogliendo due quesiti, con argomenti dei quali diamo testualmente conto.

Prima questione: Applicazione del “nuovo” art. 613, comma 1, cod. proc. pen. (inammissibilità del ricorso personale dell’interessato) ai ricorsi in tema di mandato di arresto europeo.

Soluzione: «Alla luce del combinato disposto degli artt. 571, comma 1, e 613, comma 1, cod. proc. pen. (come modificati dalla legge 23 giugno 2017, n. 103), la regola (in vigore dal 3 agosto 2017) per cui, ferma la legittimazione attiva all’impugnazione delle parti private “interessate”, il ricorso per cassazione (esercizio dello ius postulandi) può essere sottoscritto soltanto da “difensori iscritti nell’albo speciale della corte di cassazione” è applicabile a tutti i casi di ricorso per cassazione, già consentiti in forma personale e previsti dai codici e da ogni altra legge, e segnatamente – tra questi – anche agli euromandati di arresto».

L’informazione provvisoria dà poi generica notizia di una questione di costituzionalità dell’art. 613, comma 1, cod. proc. pen. (come modificato dalla legge 103/17), sollevata presumibilmente nell’interesse del ricorrente, riguardo alla quale è stata dichiarata la manifesta infondatezza.

Anche di tale questione potrà darsi conto dopo il deposito della sentenza. (Guglielmo Leo).