ISSN 2039-1676


06 novembre 2017 |

Il DAP riorganizza il 41-bis o.p.: un difficile bilanciamento tra prevenzione sociale, omogeneità di trattamento ed umanità della pena

Brevi note a margine della circolare DAP n. 3676/616 del 2 ottobre 2017

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1. Con la circolare del 2 ottobre 2017, n. 3676/616, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (d’ora in poi DAP) è intervenuto a disciplinare l’organizzazione del circuito detentivo speciale di cui all’art. 41-bis O.P., sulla base di un documento articolato in 37 prescrizioni, ulteriormente suddivise in sottopunti, con l’aggiunta finale di una griglia applicativa (il c.d. Modello 72), contenente un’elencazione puntuale di generi alimentari, bevande, medicinali e articolari vari, concessi in regime di sopravvitto, ai detenuti sottoposti al regime.

Una presa di posizione dell’Amministrazione penitenziaria in materia di 41-bis O.P. è stata sollecitata, peraltro, a più riprese, sia dall’Avvocatura italiana sia dal Garante nazionale dei diritti delle persone detenute ed è stata oggetto di profonde riflessioni, in prospettiva de iure condendo, da parte della dottrina e dal gruppo di esperti del Tavolo 2 degli Stati generali dell’esecuzione penale – Vita detentiva, responsabilizzazione, circuiti e sicurezza. Forti perplessità sono state, inoltre, espresse di recente anche dalla Magistratura di sorveglianza, che ha evidenziato le criticità della disciplina normativa del 41-bis O.P. nella misura in cui prevede modalità esecutive che non corrispondono (in termini di ragionevolezza e proporzionalità) alle finalità preventive e di difesa sociale, a cui, invece, dovrebbe ispirarsi ed attenersi il regime speciale.

La ricerca di un punto di equilibrio tra l’omogeneità di trattamento, prevenzione e difesa sociale, da un lato, e, l’umanità della pena, dall’altro, è un’operazione complessa, di non facile ed immediata soluzione. L’esigenza di ripristinare delle modalità esecutive uniformi e sensibilmente più orientate ad un’esecuzione della pena conforme ai princìpi costituzionali (i.e.: principio di proporzionalità, umanità della pena) viene espressamente dichiarata quale obiettivo dell’azione amministrativa, nelle lunghe premesse poste a fondamento della circolare. In apertura del documento, infatti, l’Amministrazione penitenziaria esordisce con importanti affermazioni di principio, ribadendo come tali regole organizzative debbano rappresentare delle precise linee guida per la direzione penitenziaria, a cui viene affidata la gestione materiale del detenuto, “nell’assoluto rispetto della legge e sulla base delle potestà rimesse alla competenza dell’Amministrazione penitenziaria”. La loro applicazione deve, inoltre, essere orientata unicamente al fine preventivo e deve essere funzionale ad impedire “la ideazione, pianificazione e commissione di reati da parte dei detenuti e degli internati anche durante il periodo di espiazione della pena e della misura di sicurezza”, la cui corretta attuazione – si afferma – “non può prescindere da una valutazione della funzione alla quale sono legate”. Si precisa altresì che tali prescrizioni “non sono volte a punire e non devono determinare un’ulteriore afflizione, aggiuntiva alla pena già comminata”. L’attuazione delle stesse deve, quindi, “rimanere legata al fine preventivo” e – di fondamentale rilevanza – non deve concretizzarsi in una prassi applicativa automatica e generalizzata; in altri termini, la concretezza e l’effettività delle prescrizioni “non deve essere vanificata da atteggiamenti ripetitivi e cadute di attenzione”.

 

2. Ad un’analisi più puntuale, ripercorrendo in sintesi le prescrizioni trattamentali, la circolare dedica i primi articoli a regolamentare le fasi di ingresso nell’istituto penitenziario: dopo le formalità iniziali (notifica del decreto, perquisizione personale, visita medica generale, colloquio di primo ingresso, artt. 1, 2, pp. 5-6), si prevede che “il detenuto venga assegnato ad una sezione, allocato in stanza singola ed inserito in adeguato gruppo di socialità, nel numero massimo di quattro persone, con il divieto di comunicare e scambiare oggetti con altri detenuti, anche appartenenti allo stesso gruppo di socialità” (art. 3, pp. 6-7). In ragione dell’uniformità di trattamento, la circolare disciplina le modalità organizzative della gestione e mantenimento dell’ordine e pacifica convivenza all’interno della sezione (art. 4, p. 8) e della consegna del corredo della cella e dei generi per la pulizia ed igiene (art. 5, p. 9). In base all’art. 6, permane il divieto di trattenere in cella, oltre le fasce orarie indicate (prima delle ore 7.00 e dopo le ore 20.00), gli effetti relativi all’igiene personale dei detenuti, ritenuti pericolosi per la loro spessa natura e potenzialmente offensivi; allo stesso modo, si mantiene fermo l’obbligo di restituire al termine della giornata l’attrezzatura per la cucina, ritirata dalla polizia penitenziaria e trattenuta all’interno della bilancetta, al di fuori della cella, fino al giorno seguente (art. 6, p. 10).

All’art. 7 si introduce, in tema di acquisto di prodotti al c.d. sopravvitto, il Modello 72 (che dovrà essere affisso nell’albo della bacheca situata all’interno degli spazi di socialità di ogni sezione): tale elenco rappresenta una griglia riepilogativa di tutti gli articoli di cui si consente l’acquisto da parte del detenuto; un modello, a cui ogni direzione penitenziaria dovrà uniformarsi. Tale elenco potrà essere modificato o integrato soltanto previa comunicazione alla Direzione Generale dei Detenuti e del Trattamento (art. 7, p. 10). Si precisa ulteriormente che l’acquisto dei generi alimentari dovrà essere calibrato a seconda del fabbisogno settimanale, essendo, infatti, vietato “l’accumulo dei generi in quantità eccedenti il fabbisogno personale”. Secondo il DAP, tale elencazione è sufficientemente ampia da doversi ritenere esaustiva, tanto che “l’acquisto di prodotti diversi da quelli elencati nel modello 72 potrà essere consentito soltanto ove l’acquisto sia valutato necessario dalla Direzione e sempre che non si tratti di beni di carattere voluttuario e/o tali da manifestare una posizione di potere e supremazia del detenuto”. Permangono i limiti di spesa ed il divieto di spedizione e/o ricezione di denaro e valori all’interno della corrispondenza ordinaria (art. 7.1, p. 12). Ai sensi dell’art. 7.2 si stabilisce che la distribuzione dei tabacchi, valori bollati e giornali viene effettuata dal sopravvitto nei giorni stabiliti; non è consentita la ricezione di giornali e di riviste in abbonamento che non sia stato sottoscritto per il tramite della direzione o dell’impresa di mantenimento (art. 7.2, pp. 12-13). È vietata altresì a ricezione di giornali o riviste dall’esterno, “tanto dai familiari al momento dei colloqui visivi quanto tramite pacco postale” (art. 7.2, p. 13). Inalterato il divieto di ricevere dall’esterno cibi, che secondo l’uso, richiedono cottura (art. 8, p. 13); rimangono immutate anche le modalità di utilizzo di fornelli personali autoalimentati (art. 8, p. 13), le regole per il vitto e la pulizia delle sezioni detentive (art. 9, p. 13) e l’utilizzo di rasoi elettrici e del servizio barberia (artt. 10, 10.1, p. 14).

Con riguardo poi allo svolgimento delle attività in comune, il DAP mantiene ferma la propria posizione (già espressa in precedenti circolari del 2003 e del 2009), stabilendo che il detenuto in regime di 41-bis O.P. possa permanere all’aperto per non più di due ore al giorno (art. 11, p. 15), secondo gli orari e le modalità prestabiliti, “compatibilmente con l’organizzazione dell’istituto e con l’esigenza di garantire a tutti detenuti lo stesso trattamento” (artt. 11.1, 11.2, pp. 15-16). Si fissa in un’ora al giorno il tempo per svolgere attività ricreative/sportive da poter trascorrere nella saletta e/o palestra (artt. 11.3 (attività sportive), 11.5 (sala pittura), 11.6 (servizio biblioteca e libri), sulla base di un’apposita autorizzazione da parte della direzione penitenziaria e, sempre nei limiti temporali delle due ore massime concesse dal co.2-quater lett. f) dell’art. 41-bis O.P.).

Molto puntuali e dettagliate sono le prescrizioni inerenti l’abbigliamento, l’utilizzo di fotografie e immagini all’interno della cella e la disponibilità di televisori, radio e personal computer (artt. 12, 13, 14, pp. 19-21). In forza dell’art. 12, è fatto obbligo al detenuto di utilizzare “abiti consoni”, che siano di modico valore (atteso che “il vestiario lussuoso potrebbe manifestare una condizione di superiorità su altri detenuti/internati o divenire merce di scambio tra gli stessi”). Si consente al detenuto di trattenere un’unica immagine o fotografia di un familiare, che, in ogni caso, dovrà essere appoggiata sul mobilio con modalità da non recare danno allo stesso (artt. 13, p. 19, art. 17, p. 26). L’utilizzo del televisore sarà consentito solo in orari stabiliti (con accensione alle ore 7.00 e spegnimento non oltre le 24.00); il telecomando sigillato e piombato, “al fine di evitarne manomissioni e frequentemente controllato dal personale della polizia penitenziaria” (art. 14, p. 20). La visione dei programmi sarà limitata ai soli canali principali della rete nazionale; gli apparecchi radio dovranno essere di formato ridotto, con caratteristiche idonee ad escluderne la manomissione e comunque tali da non rendere possibile l’occultamento interno di oggetti vietati o pericolosi. Con riguardo all’uso del personal computer, ne viene consentito l’accesso ai soli detenuti regolarmente iscritti a corsi scolastici o universitari in apposite sale separate, secondo precisi giorni, orari di accesso. La consultazione di materiale giudiziario, su supporto informatico o cartaceo, sarà consentita previa autorizzazione da parte dell’autorità giudiziaria competente, la quale sarà chiamata a valutare anche il contenuto del materiale da visionare (art. 14.1, p. 20). All’art. 15 si prescrive il divieto di fumare nelle sale di socialità, nelle sale hobby ed in tutti i locali chiusi e negli spazi comuni (è consentito invece fumare nella propria cella, in prossimità della finestra, art. 15, p. 21).

Trovano conferma, anche nella circolare in esame, le modalità organizzative dei colloqui visivi con i familiari: il detenuto potrà fruire di colloqui della durata massima di un’ora, nella misura inderogabile di uno al mese, da effettuarsi ad intervalli di tempo regolari, e secondo il “sistema della preventiva prenotazione”. Di particolare importanza è la previsione dello svolgimento del colloquio, il quale dovrà avvenire presso locali appositamente adibiti, muniti di vetro a tutta altezza, “tale da non consentire il passaggio di oggetti di qualsiasi specie, tipo o dimensione” (art. 16, p. 21). Una maggiore attenzione viene riservata allo svolgimento dei colloqui con i figli ed i nipoti in linea retta, minori di anni dodici, prevedendo che il detenuto potrà chiedere di essere ammesso a sostenere i colloqui senza vetro divisorio per tutta la durata (assicurando la presenza del minore nello spazio riservato al detenuto e la contestuale presenza degli altri familiari dall’altra parte del vetro). Sono consentiti, previa valutazione della direzione e sulla base di circostanze eccezionali, colloqui con terze persone, per i quali, in ogni caso, si prescrive come opportuno il previo parere positivo da parte della compente direzione distrettuale antimafia (art. 16.1, p. 23). I colloqui visivi con i difensori sono, invece, effettuati senza vetro divisorio e non hanno limiti di durata e di frequenza (art. 16.3, p. 25; così per colloqui del detenuto a cui sia stata comminata la pena accessoria dell’interdizione legale con il proprio tutore, art. 16.5, pp. 25-26; in termini analoghi anche per il detenuto non legalmente interdetto in presenza di un notaio o pubblico ufficiale, art. 21, p. 30). La consegna di atti e documenti giudiziari da parte del difensore, in occasione dei colloqui visivi, sarà possibile solo se accompagnata da apposita dichiarazione che si tratti di corrispondenza per ragioni giudiziaria ex artt. 103, co. 5 c.p.p. e 35 disp. att. c.p.p. (art. 16.4, p. 25). All’art. 16.2 si delineano le modalità esecutive dei colloqui telefonici, nella misura di un colloquio mensile dopo i primi sei mesi di applicazione del regime, in alternativa a quello visivo (art. 16.2, p. 24).

In materia di corrispondenza, il DAP mantiene ferme le limitazioni, in conformità alla prescrizione di cui al co. 2-quater, lett. e) dell’art. 41-bis O.P., secondo cui la corrispondenza destinata al detenuto è sottoposta a visto di censura (anche in caso di corrispondenza tra detenuti o internati sottoposti al regime speciale). In nessun caso, sono, inoltre, consentiti limitazioni e controlli alla corrispondenza “per giustizia”,  (indirizzata ai difensori, investigatori privati autorizzati, consulenti tecnici ex art. 103, co. 5 c.p.p., all’autorità giudiziaria, alle autorità indicate nell’art. 35 O.P., ai membri del Parlamento, alle rappresentanze diplomatiche o consolari dello Stato di appartenenza e agli organismi internazionali amministrativi o giudiziari preposti alla tutela dei diritti dell’uomo, artt. 18, 18.1, pp. 27-29). Sotto il profilo dell’acquisto dei quotidiani, forti limitazioni sono previste in ordine all’acquisto dei quotidiani locali dell’area geografica di appartenenza del detenuto: si richiede che venga interessata la competente autorità giudiziaria affinchè “sia vietato l’acquisto dei quotidiani locali, indipendentemente dalla provenienza geografica”, al fine di impedire che il detenuto riesca ad aggirare le restrizioni, “servendosi di altri soggetti appartenenti allo stesso gruppo di socialità per i quali non vi è analogo divieto da parte della competente autorità giudiziaria” (art. 19, p. 29). Per la ricezione dei pacchi si stabilisce che il detenuto potrà ricevere due pacchi al mese, del peso complessivo non superiore a dieci chilogrammi, a mezzo posta o tramite corriere o in occasione del colloquio visivo, con l’indicazione del mittente e del destinatario (oltre a due pacchi annuali straordinari). L’apertura del pacco dovrà inoltre avvenire in presenza del detenuto, in modo tale da evitare un contatto diretto con gli oggetti ivi contenuti, che “dovranno essere controllati minuziosamente e registrati”. Eventuali missive di accompagnamento o foto contenute nei pacchi dovranno essere comunque sottoposte alle procedure di controllo di cui all’art. 18-ter O.P. (art. 20, p. 30).

L’assistenza sanitaria è disciplinata all’art. 23: la richiesta di accesso alla cartella clinica rimane subordinata ad apposita istanza da indirizzarsi alla ASL, attraverso la direzione dell’istituto, che, a sua volta, è tenuta a comunicarla all’autorità giudiziaria competente (allorchè si tratti di imputati in attesa di primo giudizio). Il detenuto, che ne faccia richiesta, potrà fruire di una visita medica giornaliera a cura del servizio di sezione. Ogni richiesta di natura sanitaria, però, verrà presa in esame “solo in presenza di adeguata certificazione a firma del medico che attesti la patologia e le esigenze concrete, con indicazioni chiara del tempo per cui il detenuto/internato necessita della prescrizione che comunque dovrà essere periodicamente (massimo tre mesi) rivalutata, al fine di accertare l’attualità delle esigenze” (art. 23, pp. 31-32). Il detenuto potrà chiedere di essere visitato, a proprie spese, anche dal medico di fiducia e potrà aver accesso a visite specialistiche, sulla base delle indicazioni riportate dall’art. 23.1 (autorizzazione dell’autorità giudiziaria competente, comunicazione alla Direzione Generale e informazione alla Direzione distrettuale). In conformità all’art. 11, co. 2 O.P., ove siano necessari cure o accertamenti diagnostici che non possono essere apprestati dai servizi sanitari all’interno dell’istituto, il detenuto sarà trasferito in luoghi di cura esterni (art. 24, p. 33).

Agli artt. 25, 25.1, 25.2, 26, 27 (pp. 34-37) si descrivono le modalità operative da attuarsi per le perquisizioni (art. 25.1, p. 34), per il controllo e la battitura delle inferriate e delle pareti (art. 25.2, p. 35) e per l’isolamento diurno e disciplinare (artt. 27 e 28, pp. 35-37): ogni attività svolta all’interno della sezione diretta al contenimento del detenuto dovrà trovare riscontro in appositi registri, sulla scorta di precise indicazioni per il personale circa la tenuta, custodia, compilazione, attesa “la delicatezza della materia” (art. 26, p. 35). Ancora eccessivamente sproporzionate e afflittive risultano, però, le prescrizioni relative all’isolamento diurno (art. 27, pp. 35-36) e all’isolamento disciplinare (art. 28, p. 36), con la chiusura del blindato, l’esclusione dalle attività in comune (E.A.C.) e l’impossibilità per il detenuto di parlare con gli altri detenuti per il periodo della sanzione. L’unica concessione in regime di isolamento disciplinare, che viene definito dalla stessa circolare un “regime sanzionatorio”, è la sottoposizione a visita medica che dovrà avvenire con cadenza giornaliera in modo tale da accertare le condizioni di salute e l’idoneità psico-fisica a “sopportare” tale trattamento, aggiuntivo rispetto alle prescrizioni del regime del 41-bis O.P. (art. 28, p. 36). All’art. 28.1 si prevede, a corollario delle prescrizioni disciplinari, un obbligo generale per il detenuto di osservare le norme penitenziarie e di serbare un comportamento corretto e collaborativo con la polizia penitenziaria, gli altri detenuti e gli operatori, in caso contrario verranno comminate le sanzione previste dall’ordinamento penitenziario (art. 28.1, p. 36).

Un’unica e laconica disposizione viene dedicata al trattamento (art. 35, p. 39). Si prevede espressamente, invece, l’accesso del detenuto all’attività lavorativa (art. 33, p. 39), all’iscrizione a corsi scolastici (art. 34, p. 39) e all’assistenza spirituale (art. 36, p. 40). Positiva è, infine, la previsione di un’apposita sezione riservata alle udienze con gli operatori penitenziari (art. 22, p. 30), ai colloqui con gli educatori ed operatori del trattamento (art. 22.2, p. 31), alle visite del Garante (art. 16.6, p. 26) e di una diversa destinata alla regolamentazione dei reclami scritti o orali, in generale, (art. 29, p. 37), dei reclami avverso i DM di sottoposizione al regime speciale (art. 29.1, p. 37) e delle istanze dirette all’ufficio matricola (art. 22.1, p. 31).

 

3. Ad una valutazione complessiva della circolare, dunque, si evidenzia come il DAP sia riuscito a raggiungere l’obiettivo dell’uniformazione ed omogeneità di trattamento, riorganizzando in un unico ed apposito documento applicativo le modalità esecutive del 41-bis e restituendo agli operatori del settore delle precise e minuziose linee guida operative che disciplinano gli aspetti fondamentali della vita quotidiana del detenuto. Con riguardo, invece, al profilo dell’umanità della pena, permangono ancora numerosi profili di criticità circa la compatibilità del regime del 41-bis rispetto ai princìpi costituzionali che informano l’esecuzione della pena. Seppure sia valutabile positivamente il mutamento di sensibilità evidenziato in particolare nelle premesse della circolare, in cui si richiama l’attenzione sulla ratio del regime differenziato, inteso come “misura di prevenzione che come scopo quello di evitare – al di fuori dei casi consentiti dalla legge – contatti e comunicazioni tra esponenti della criminalità organizzata, detenuti o internati, all’interno degli istituti di pena, nonché contatti e comunicazioni tra gli esponenti delle varie organizzazioni e di quelli ancora operanti all’esterno”, talune prescrizioni ci paiono infatti gratuitamente afflittive e difficilmente riconducibili agli scopi di prevenzione propri del regime detentivo speciale.

Date le premesse della circolare, in linea con la più recente giurisprudenza costituzionale in materia di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti, non si comprendono, quindi, le ragioni della permanenza di prescrizioni trattamentali così afflittive e punitive, come in tema di divieto di cottura dei cibi (art. 8, per cui si mantengono fermi il divieto di ricevere dall’esterno cibi che richiedono cottura e la limitazione alle fasce orarie per l’uso di fornelli personali autoalimentati all’interno della cella) o in fatto di colloqui con i familiari  (art. 16, soprattutto nella parte dedicata all’incontro con il minore) o, ancora,  in materia di corrispondenza (artt. 18, 18.1, 19, 20). Permangono, inoltre, pesanti restrizioni in tema di abbigliamento (art. 12, con il divieto dell’uso del pantaloncino corto, al di fuori della cella, così come la concessione dell’utilizzo di ciabatte unicamente per recarsi in doccia), di fotografie ed immagini (art. 13, per cui il detenuto è ammesso a trattenere nella propria cella un’unica fotografia o immagine di un familiare e, al di fuori di tale concessione, è vietata l’affissione di qualsivoglia immagine, foglio o fotografia). Suscita qualche perplessità anche la previsione del Modello 72, allegato alla circolare, attesa la sua natura vincolante e tassativa (art. 7): l’irragionevolezza del suo contenuto emerge, ad esempio, in relazione all’elenco di riviste e quotidiani ammessi, che risulta del tutto opinabile. L’assistenza sanitaria riservata al detenuto in 41-bis non risulta ancora pienamente compatibile con gli standard costituzionali ed, in particolare, con il diritto alla salute, anche in ragione della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e delle osservazioni espresse, a più riprese, dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura (art. 23, per cui permangono modalità di accesso all’assistenza sanitaria notevolmente limitative per il recluso, il quale, per la sola richiesta di ottenere copia della propria cartella sanitaria, deve presentare un’apposita istanza motivata indirizzata alla ASL, attraverso la direzione dell’istituto, che, a sua volta, comunicherà la richiesta all’autorità giudiziaria competente; la stessa assunzione di una terapia farmacologica deve essere assunta dal detenuto in presenza del personale infermieristico unitamente al personale addetto alla vigilanza; la concessione di vitti speciali – motivati da esigenze di salute, appositamente certificate – devono, in ogni caso, essere ricondotte in toto, o con modifiche ad valorem, alle tabelle ministeriali). Si mantiene ferma anche l’impostazione organizzativa, avallata dalla precedente prassi amministrativa (vedi circolare DAP n. 0286202 del 4 agosto 2009) in tema di permanenza all’aria aperta, fissando in ventidue ore al giorno il tempo da trascorrere in cella e di un’ora solo da riservarsi alle attività trattamentali: l’uso della sala socialità preclude, infatti, l’accesso alla sala pittura, attività che viene definita chiaramente come alternativa, potendo il detenuto accedere alla stessa, “rinunciando al tempo corrispondente da trascorrere in socialità” (art. 11.5).

Sensibili miglioramenti si devono segnalare, al contrario, con riguardo alle modalità di svolgimento dell perquisizioni: secondo l’attuale formulazione dell’art. 25.1, infatti, le perquisizioni manuali mediante metal detector e denudamento avverranno solo in caso di fondato sospetto circa il passaggio di oggetti non consentiti, pericolosi per l’ordine e la sicurezza non rilevabili tramite altro sistema di controllo, in occasione di spostamenti del detenuto all’interno dell’istituto e durante l’ingresso e l’uscita dello stesso dal carcere. Apprezzabile, dunque, la scelta dell’Amministrazione penitenziaria di limitare le perquisizioni manuali con denudamento esclusivamente ad ipotesi eccezionali (e con apposita documentazione da parte degli operatori), ricorrendo, in tutti gli altri casi, le perquisizioni mediante il solo metal detector (anche, in occasione, quindi, dei colloqui visivi con i familiari, art. 25.1). Rilevante anche la previsione di un apposito controllo e di un colloquio giornaliero da parte del responsabile della sezione 41-bis, così come della visita quotidiana del medico, in caso di isolamento disciplinare (art. 28) e di un generale obbligo in capo alla direzione penitenziaria di monitorare costantemente tutte le attività volte al contenimento dei detenuti, con la precisa indicazione del personale che legittimamente accede alla sezione, dell’ora di accesso e delle motivazioni, nel massimo rispetto della trasparenza dell’attività amministrativa e della legalità delle operazioni poste in essere (art. 26). Da evidenziare altresì il riconoscimento della rilevanza attribuita alle visite del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute, il quale avrà accesso alle sezioni 41-bis, senza alcuna restrizione, potendo anzi svolgere colloqui con i detenuti senza limiti di tempo (art. 16.6). Di fondamentale importanza risulta poi la presenza di prescrizioni inerenti il rapporto con la direzione penitenziaria, improntato “sulla disponibilità al dialogo”, ad intercettare e risolvere situazioni di criticità anche non espressamente segnalate (art. 22, così per i colloqui con gli educatori e operatori del trattamento, art. 22.2). La sezione dedicata ai reclami (artt. 29, 29.1), unitamente alle prescrizioni riservate ai contatti con il difensore (in termini di corrispondenza e colloqui, visivi e telefonici) assumono un ruolo cruciale, ai fini della tutela dei diritti soggettivi del detenuto sottoposto al regime del 41-bis di fronte all’esercizio dei poteri autoritativi della direzione penitenziaria, anche in forza delle nuove modalità organizzative.

In ragione delle criticità sin qui esposte, risulta, pertanto, quanto mai auspicabile un intervento legislativo che si rifletta in un ripensamento complessivo della disciplina normativa del regime speciale del 41-bis O.P., con la valorizzazione delle prescrizioni che più connotano l’istituto (in quanto necessarie, idonee ed adeguate sotto il profilo della proporzionalità alla realizzazione delle finalità preventive) e la progressiva eliminazione di quelle limitazioni che risultano ancora eccessivamente sproporzionate ed afflittive. In altri termini, le prescrizioni del 41-bis non dovranno comunque, in ogni caso, concretizzarsi in un aggravio di sofferenza ed afflizione (aggiuntive alla pena già comminata), nel rispetto del bilanciamento degli interessi costituzionali in gioco: da una parte, il fine primario della sicurezza pubblica e, dall’altra, la tutela della persona reclusa.