ISSN 2039-1676


12 dicembre 2017 |

La Corte costituzionale sulla rateizzazione del pagamento del debito tributario ex art. 13, co. 3, d.lgs. 74/2000

Corte cost., ord. 8 novembre 2017 (dep. 6 dicembre 2017), n. 256, Pres. Grossi, Rel. Coraggio

Segnaliamo ai lettori che con l’ordinanza n. 256/2017 (per il testo del provvedimento clicca qui) la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile una questione di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 3 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, come sostituito dall’art. 11 del d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. dal Tribunale di Treviso. L’art. 13, primo comma del citato decreto legislativo prevede che i reati di cui agli artt. 10 bis (Omesso versamento di ritenute dovute o certificate), 10 ter (Omesso versamento di IVA) e 10 quater comma 1 (Indebita compensazione) non sono punibili se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all'accertamento previste dalle norme tributarie, nonché del ravvedimento operoso. Al comma 3 – ed è questa la disposizione che qui interessa – il medesimo articolo ammette la concessione di un termine di tre mesi, prorogabile dal giudice una sola volta per non oltre tre mesi, al fine di permettere il pagamento del debito tributario residuo nel caso in cui questo, prima dell’apertura del dibattimento, si trovi in fase di estinzione mediante rateizzazione.

In particolare, la censura riguardava l’art. 13, comma 3 «nella parte in cui prevede che, qualora prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, il debito tributario sia in fase di estinzione mediante rateizzazione è dato un termine di tre mesi per il pagamento del debito residuo, con facoltà per il Giudice di “prorogare tale termine una sola volta per non oltre tre mesi” e non consente invece, almeno in determinati casi, di concedere un termine più lungo coincidente con lo scadere del piano di rateizzazione».

A motivo dell’inammisibilità della questione la Corte ha addotto l’indeterminatezza ed ambiguità del petitum, non avendo il giudice remittente chiarito per quali specifiche ipotesi andrebbe prevista la possibilità di accordare l’ulteriore proroga, se la sua natura debba dirsi facoltativa od obbligatoria e la durata temporale della stessa. Di conseguenza, in considerazione della pluralità delle soluzioni possibili, la Corte ha ritenuto che l’intervento sollecitato dal tribunale di Treviso si caratterizzasse per un elevato tasso di “manipolatività” e che, in assenza di una soluzione costituzionalmente obbligata in una materia riservata alla discrezionalità legislativa – qual è appunto la modulazione di una causa di non punibilità – la questione fosse da reputarsi inammissibile.