ISSN 2039-1676


27 giugno 2011 |

Secondo le Sezioni unite la norma sulla custodia in carcere "obbligatoria" (art. 275, comma 3, c.p.p.) non si applica all'associazione di narcotrafficanti costituita per commettere fatti di lieve entità 

Cass., Sez. un., 23 giugno 2011, Pres. Lupo, Rel. Siotto, Ric. Valastro (informazione provvisoria)

Nella  camera di consiglio del 23 giugno 2011, secondo quanto le stesse Sezioni unite hanno comunicato con l’usuale «informazione provvisoria», il massimo Collegio della Cassazione ha preso in esame il seguente quesito: «se la presunzione di adeguatezza della misura cautelare della custodia carceraria prevista dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., operi, sussistendone i presupposti, in riferimento all’imputazione per il reato di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti quando l’associazione sia costituita al fine di commettere fatti di lieve entità».
 
La soluzione è stata negativa. Il comma 3 dell’art. 275 c.p.p. – osserva la Corte – richiama il fatto associativo finalizzato al narcotraffico per il tramite dell’art. 51, comma 3-bis, dello stesso codice di rito. Tuttavia il riferimento ai «delitti previsti dall’articolo 74 del testo unico» approvato con il d.P.R. n. 309 del 1990 non si estende al comma 6 dello stesso art. 74, ove si sanziona specificamente, stabilendo che vengano applicati il primo ed il secondo comma dell’art. 416 c.p., l’associazione costituita al fine di commettere fatti «di lieve entità». La norma in questione, secondo la Corte, costituisce in effetti una «previsione autonoma inquadrabile nell’ambito della diversa fattispecie associativa di cui all’art. 416 cod. pen.».
 
La sentenza sarà pubblicata non appena intervenuto il relativo deposito.