ISSN 2039-1676


21 novembre 2013 |

Proposte metodologiche in merito al dibattito sulle misure cautelari

Abstract. La recente sentenza della Corte di Strasburgo sul caso Torreggiani, in materia di sovraffollamento carcerario, e plurime decisioni della Corte costituzionale, sull'illegittimità delle presunzioni assolute di adeguatezza della sola custodia cautelare in carcere ai sensi dell'art. 275, comma 3, c.p.p., hanno richiamato nuovamente l'attenzione sul tema delle misure cautelari, del resto sempre viva su ricorrenti episodi di clamore pubblico. Le frequenti polemiche, che seguono le decisioni in questo campo, e gli altalenanti interventi legislativi, che ora ne incentivano l'uso, ora lo limitano, devono ritenersi frutto non tanto di occasionali errori giudiziari o legislativi, ma di una strutturale polarità tensiva che caratterizza questa materia , espressa da due diversi atteggiamenti estremi: uno tendente all'iper-regolazione; favorevole a vincoli di ogni tipo alla discrezionalità giudiziale, sia in bonam sia in malam partem; l'altro che considera invece impossibile dominare l'imprevedibile ricchezza dei casi concreti con norme rigide e che finisce per enfatizzare a tal punto il ruolo della discrezionalità giudiziaria da sconfinare nel soggettivismo e relativismo più assoluto delle valutazioni. Il presente contributo si propone di richiamare gli operatori del diritto a interrogarsi, prima di tutto, sul problema del metodo. In questa chiave, si analizzano i limiti costituzionali interni e sovranazionali (derivanti in particolare dalla CEDU e dalla sua applicazione da parte della Corte di Strasburgo), entro i quali devono necessariamente muoversi sia il giudice, sia il legislatore, per poi analizzare le ragioni strutturali di eventuali deviazioni segnate dalle prassi. Viene, quindi, proposto di verificare l'utilità dell'approccio per principi, che non solo caratterizza l'impostazione legislativa originaria del codice di rito, quale esplicitata nell'art. 275 c.p.p, ma anche significative sentenze della Cassazione a Sezioni Unite, sul principio di proporzione e la sua applicazione alle misure cautelari personali, oltre che di singole Sezioni, relative alla sua operatività pure nel campo delle misure cautelari reali. Viene quindi richiamata l'utilità del test di proporzionalità , in quattro fasi, come modello di proceduralità argomentativa, riguardato non tanto come garanzia e controllo a posteriori delle scelte cautelari già effettuate aliunde, ma soprattutto come modello euristico che, attraverso passi motivazionali ineludibili, conduca alla scelta che più si approssima nel caso concreto a quella più adeguata (non altrimenti individuata, se non attraverso lo sviluppo argomentativo), così da funzionare come richiamo della giurisprudenza ad un metodo di rispetto sistematico di impegni argomentativi puntuali.

 

SOMMARIO: 1. Introduzione: la giustizia cautelare "situazionale ". - 2. Gli effetti concomitanti delle misure cautelari e i rischi della prassi. - 3. Polarità tensive e metodologia cautelare: approccio "per regole" e approccio "per principi". - 4. La cornice dogmatica delle cautele: asimmetria tra procedimento cautelare e principale. - 5. Il quadro normativo e ordinamentale in materia di scelte cautelari. - 6. Il quadro sovranazionale e la giurisprudenza di Strasburgo. - 7. L'esperienza dei precedenti: il principio di proporzione nelle cautele personali e reali. - 8. Conclusioni: "taking principles seriously".