ISSN 2039-1676


22 dicembre 2011 |

La sentenza della Cassazione sul caso Corona

Cass. pen., Sez. II, 20.10.2011 (dep. 24.11.2011), n. 43317, Pres. Esposito, Rel. Prestipino, ric. Corona

Con la sentenza n. 43317 del  20 ottobre 2011 (dep.  24 novembre 2011) la seconda sezione della Corte di Cassazione ha stabilito che integra il delitto di tentata estorsione la condotta di colui che, avendo lecitamente acquisito immagini fotografiche attinenti la vita privata di un soggetto la cui divulgazione può comportare una lesione del suo diritto all'identità personale, offra al medesimo la possibilità di acquistarle quale alternativa alla loro diffusione mediatica.

La pronunzia conclude una nota vicenda, che ha occupato nel recente passato le cronache giornalistiche e relativa all'anomalo commercio degli "scatti" effettuati dai "paparazzi" di una agenzia fotografica ai danni di personaggi famosi, ritratti in circostanze potenzialmente compromettenti per la loro immagine pubblica. Il titolare dell'agenzia aveva quindi contattato tali personaggi offrendo loro di "ritirare" a pagamento le foto prima della loro divulgazione attraverso i consueti canali giornalistici. Condotta che per i giudici di legittimità integra per l'appunto gli estremi della tentata estorsione, che il diritto alla diffusione a fini giornalistici delle immagini (pacificamente integrante un'ipotesi di diffusione di dati personali) riconosciuto dalla normativa in materia di tutela della privacy al titolare dell'agenzia non può essere invocato come esimente per alternative forme di sfruttamento commerciale delle medesime che non sono invece consentite dalla stessa normativa, le quali, pertanto, integrano la fattispecie governata dal consolidato principio giurisprudenziale per cui anche la prospettazione dell'esercizio di una facoltà o di un diritto spettante all'agente (nel caso di specie per l'appunto la diffusione mediatica delle foto) deve ritenersi contra ius quando sia diretta a perseguire scopi non consentiti o risultati non dovuti e non conformi a giustizia, rimanendo dunque configurabile in tali casi il delitto di estorsione (in questo senso fra le tante e da ultima Cass. Sez. II 4 novembre 2009, n. 119/2010, Ferranti) .