ISSN 2039-1676


13 gennaio 2012 |

Corte cost., 12 gennaio 2012, n. 1, Pres. Quaranta, Rel. Frigo (la Consulta "porta" a 250 euro per giorno di libertà  controllata il parametro di ragguaglio delle pene pecuniarie non eseguite per insolvibilità  del condannato)

Il legislatore può stabilire a determinati fini un criterio di ragguaglio diverso da quello generale di cui all'art. 135 c.p., purché la differenza trovi fondamento razionale e non introduca incongruenze nel sistema dell'esecuzione penale.

Pubblichiamo la sentenza, depositata il 12 gennaio 2012, con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale, sopravvenuta dall'8 agosto 2009, dell'art. 102, terzo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), nella parte in cui stabilisce che, agli effetti della conversione delle pene pecuniarie non eseguite per insolvibilità del condannato, il ragguaglio ha luogo calcolando euro 38, o frazione di euro 38, anziché euro 250, o frazione di euro 250, di pena pecuniaria per un giorno di libertà controllata.

La Corte ha ravvisato una violazione dell'art. 3 Cost., utilizzando quale parametro di comparazione il testo novellato dell'art. 135 c.p., che la legge n. 94 del 2009 ha modificato, elevando a 250 euro il criterio generale di ragguaglio tra pene pecuniarie e pene detentive. Il legislatore ha omesso, nell'occasione, di «riallineare» il criterio fissato nell'art. 102 della legge n. 689 del 1989, in base al quale è regolata la conversione in libertà controllata della pena pecuniaria ineseguita.

Il «disallineamento» si è quindi determinato con l'entrata in vigore della legge di modifica dell'art. 135 c.p., e questo spiega la «datazione» introdotta nel dichiarare l'illegittimità della norma censurata.

La Corte ha ribadito  che non è precluso al legislatore introdurre eventuali differenze tra i due coefficienti in considerazione, purché si tratti di scelta rispondente a criteri di ragionevolezza, avuto riguardo alle conseguenze che ne derivano nelle possibili sequenze esecutive. Nella specie tali conseguenze, come è dimostrato attraverso una analitica disamina condotta in motivazione, erano incongrue e addirittura paradossali.

La Corte ha tenuto anche a precisare come resti impregiudicata, in quanto estranea alla prospettazione del rimettente, la questione relativa al tasso di conversione delle pene pecuniarie in lavoro sostitutivo, rimasto fermo a 25 euro.