ISSN 2039-1676


18 gennaio 2012 |

Il trattamento penitenziario dei detenuti pericolosi in Francia e in Italia (TESI DI LAUREA)

Università: Università  degli Studi di Milano

Prof. Relatore: Emilio Dolcini

Prof. Correlatore: Angela Della Bella

Obiettivo del lavoro è individuare e studiare, all'interno dell'ordinamento penitenziario francese, gli istituti finalizzati al trattamento penitenziario delle categorie di detenuti considerati pericolosi, per poi procedere ad una comparazione con il nostro sistema.

La tesi è divisa in tre parti. La prima è dedicata alla studio dell'ordinamento francese; la seconda agli istituti dell'ordinamento italiano; la terza contiene spunti di riflessione relativi alla comparazione dei due ordinamenti.

Secondo quanto emerge nella prima parte del lavoro, l'ordinamento francese non prevede regimi detentivi differenziati per categorie di detenuti pericolosi ma solo specifiche 'restrizioni' da applicare a singoli detenuti che manifestino una pericolosità 'penitenziaria' (sanzioni disciplinari, isolamento. trasferimenti, limitazioni alle relazioni con l'esterno, perquisizioni). Come dimostra l'Autrice, nonostante l'assenza di previsioni normative, nella prassi il sistema penitenziario francese conosce regimi differenziati. In particolare, la differenziazione interessa i detenuti iscritti in un particolare registro a disposizione dell'amministrazione penitenziaria: il Registro dei  Detenus Particulierment Signalè (DPS). L'iscrizione nel registro - che riguarda, secondo quanto si evince da alcuni circolari, i detenuti imputati o condannati per reati della criminalità organizzata - non comporta, almeno 'ufficialmente', l'applicazione di un regime detentivo speciale: tuttavia, i rapporti degli organi internazionali deputati all'osservazione delle istituzioni penitenziarie e l'esame della giurisprudenza nazionale ed europea lasciano intravedere l'esistenza di un trattamento differenziato, che si sostanzia nella simultanea applicazione degli ordinari istituti di rigore.

Dopo aver analizzato, nella seconda parte, gli istituti che il nostro ordinamento penitenziario prevede per la gestione dei detenuti pericolosi (la sorveglianza particolare, di cui all'art. 14 bis ss. ord. penit. e il regime detentivo speciale, di cui all'art. 41 bis ord. penit.), l'Autrice nella terza parte mette a confronto i due sistemi. Dal confronti emerge come la mancata 'legalizzazione' di un regime differenziato attribuisca all'amministrazione penitenziaria francese una grande libertà di movimento nell'individuazione dei soggetti da sottoporre al regime, nonché nella determinazione del contenuto e della durata dello stesso. Di particolare interesse, le considerazioni relative alla tutela giurisdizionale del detenuto: mentre in Italia la legge prevede la 'reclamabilità' al tribunale di sorveglianza dei provvedimenti amministrativi che impongono regimi restrittivi, in Francia la legge non prevede alcun rimedio giurisdizionale. Si deve però alla giurisprudenza, il progressivo riconoscimento di strumenti di tutela per il detenuto in relazione a quegli atti dell'amministrazione penitenziaria in grado di arrecare ai diritti del detenuto un pregiudizio superiore al pregiudizio determinato dalla detenzione).

Nel paragrafo conclusivo l'Autrice torna al nostro sistema per evidenziare come nella realtà italiana le esigenze di sicurezza penitenziaria, sia interna che esterna, non sono perseguite solo con gli strumenti legislativi a ciò dedicati (il 14 e il 41 bis o.p.), ma anche attraverso istituti che sfuggono alla legge e soprattutto al controllo dell'autorità giudiziaria: si tratta in particolare dei trasferimenti (per i detenuti portatori di pericolosità penitenziaria) e dell'assegnazione al circuito penitenziario E.I.V. per i detenuti della criminalità organizzata in luogo dell'applicazione del 41 bis. Si tratta, in entrambi i casi, di provvedimenti nei confronti dei quali non è riconosciuta, nel nostro ordinamento, una tutela giurisdizionale: proprio in relazione a questi casi può rivelarsi illuminante il riferimento alla giurisprudenza francese che, come si è detto, è arrivata ad ammettere la  ricorribilità di qualsiasi provvedimento dell'amministrazione penitenziaria (quindi anche in materia di trasferimenti e di assegnazione a circuiti penitenziari di alta sicurezza), ogniqualvolta da esso derivi un pregiudizio ai diritti del detenuto superiore al pregiudizio determinato dalla detenzione ordinaria.