ISSN 2039-1676


06 febbraio 2012 |

La Cassazione riabilita lo spray al peperoncino: il porto in luogo pubblico non viola la legge n. 895 del 1967 (se la bomboletta è conforme alle prescrizioni ministeriali)

Cass. pen., sez. I, c.c. 24 ottobre 2011 (dep. 25 gennaio 2012), n. 3116, Pres. Chieffi, Rel. Caiazzo, ric. P.G. in c. Cantieri

1. Con la sentenza qui pubblicata, la Corte di cassazione si esprime sulla liceità del porto in luogo pubblico delle bombolette di spray al peperoncino dopo l'entrata in vigore, il 9 gennaio scorso, del decreto interministeriale n. 103 del 12 maggio 2011. Il testo del decreto è reperibile mediante il link inserito alla fine della presente nota      

 

2. Il caso: una donna viene processata per avere portato in luogo pubblico una bomboletta di spray al peperoncino. Il giudice di primo grado ritiene che la condotta integri soltanto la fattispecie contravvenzionale del porto in luogo pubblico di oggetti atti ad offendere, sanzionata dal secondo comma dell'art. 4 l. 110/75, e riqualifica in tal senso l'originaria contestazione degli artt. 2 e 7 della legge 895/67, ma il Procuratore Generale ricorre al Supremo Consesso e, richiamando la giurisprudenza finora maggioritaria della Corte, chiede l'annullamento della decisione ritenendo corretta l'originaria contestazione.

Nelle more della decisione tuttavia interviene il decreto del Ministro dell'interno n. 103 del 2011, attuativo del disposto dell'art. 3,  comma 32, della legge 15 luglio 2009, n. 94 concernente «Disposizioni in materia di sicurezza pubblica», che detta le regole per la «definizione delle caratteristiche tecniche degli strumenti di autodifesa che nebulizzano un principio attivo naturale a base di oleorisin capsicum (oc) e che non abbiano attitudine a recare offesa alla persona (...)».  

La Cassazione, quindi, preso atto dell'intervenuto riconoscimento della non offensività dei prodotti da autodifesa conformi alle specifiche dettate dal decreto n. 103, rigetta il ricorso evidenziando come, nel caso di specie, non emergesse dagli atti alcuna difformità della bomboletta dalle caratteristiche tecniche indicate nel testo. L'entrata in vigore del decreto attuativo, dunque, rende superata la pur consolidata giurisprudenza richiamata dal ricorrente, tutta peraltro anteriore alla modifica normativa del 2009.

 

 3. La prima sezione aveva già avuto modo di pronunciarsi su una vicenda analoga poco meno di un anno prima, il 3 febbraio 2011 (Sez. I, n. 7496/11), ed in quell'occasione si era trattato di un annullamento con rinvio degli atti alla Corte territoriale, dovendosi accertare, alla luce del decreto del Ministero dell'interno previsto dal comma 32 dell'art. 3 della l. 94/09, l'esatta composizione della sostanza irrorata dalla bomboletta posta ad oggetto delle contestazione. Al momento della sentenza, tra l'altro, il decreto ministeriale non era ancora stato emanato.

In questo caso, invece, la Corte di legittimità ha avuto a disposizione per la decisione anche l'atto di normazione secondaria, emanato in attuazione della legge del 2009 che ha più in generale introdotto, per tutto l'eterogeneo catalogo delle armi comuni da sparo elencate al terzo comma dell'articolo 2 l. 110/75, una sorta di requisito negativo di illiceità costituito dalla mancata inclusione negli elenchi delle armi per le quali la Commissione Consultiva di cui all'art. 6 della stessa legge abbia escluso "l'attitudine a recare offesa alla persona"

 

 4. La motivazione della sentenza ripercorre la giurisprudenza della Corte in tema di armi, ricordando che nel caso di elevata potenzialità offensiva le bombolette contenenti gas paralizzanti sono state qualificate come armi da guerra o tipo guerra, ed in particolare come aggressivi chimici ai sensi dell'art. 1 legge n. 110/75 (vedi sez. I, n. 27435/05 e, in precedenza, sez. I, n. 3131/98).

Anche gli spray a base di sostanze urticanti sono stati considerati aggressivi chimici se idonei a compromettere l'integrità dell'organismo umano, anche solo in via temporanea (vedi recentemente Sez. I, n. 6106 del 13.1.2009). Nel caso oggetto della presente pronuncia, tuttavia, i giudici di legittimità ritengono di escludere tale inquadramento, per la mancanza della spiccata potenzialità di offesa che l'art. 1 della legge 110/75 richiede anche per gli aggressivi chimici e biologici.

L'articolo 2, comma 3, della legge n. 110 del 1975 invece include in via generale le armi ad emissione di gas nella nozione di armi comuni da sparo. In applicazione di tale norma la Corte ha più volte ritenuto che anche le bombolette di gas -lacrimogeno o paralizzante - dovessero rientrare nel fuoco di tale normativa (vedi sez. I, n. 44994/07 e sez. I, n. 21932/06).  Dunque gli spray offensivi sono armi da guerra se contengono aggressivi chimici o biologici con spiccata potenzialità offensiva, ed armi comuni da sparo negli altri casi, ed il loro porto in luogo pubblico è soggetto alle sanzioni previste dalla legge n. 895/67.

Dopo le modifiche apportate nel 2009 all'art. 2 della legge n. 110/75, tuttavia, non vi è alcun illecito, e quindi non si applica alcuna sanzione, se le armi vengono giudicate prive di apprezzabili potenzialità offensive dalla competente Commissione interministeriale, come, nel caso degli spray da autodifesa contenenti oleoresin capsicum, è avvenuto con il decreto del 12 maggio 2011. 

L'art. 1 del decreto stabilisce che tali prodotti, in particolare, si considerano privi di idoneità offensiva - e non sono dunque armi ai sensi della legge n. 110/75 - quando presentano le seguenti caratteristiche:

a) contengono una miscela di prodotto non superiore a 20 ml; b) la percentuale di oc disciolto nella miscela non è superiore al 10% e la concentrazione massima di capsicina non supera il 2,5 %; c) la miscela erogata non contiene sostanze infiammabili, corrosive, tossiche, cancerogene o aggressivi chimici; d) sono sigillati all'atto della vendita e sono muniti di un dispositivo di sicurezza contro l'attivazione accidentale; e) hanno gittata utile non superiore a 3 metri.

Sono invece considerati armi proprie, con applicazione delle norme relative, e non strumenti atti ad offendere, tutti i mezzi di autodifesa contenenti oleoresin capsicum  che non siano conformi alle predette caratteristiche tecniche.

 

5. Chiarito quale sia lo stato dell'arte, si rileva in via generale che la previsione di strumenti per la difesa personale che siano leciti solo in quanto riconosciuti privi di idoneità offensiva appare piuttosto contraddittoria; è evidente infatti che, in assenza di una sia pur minima e temporanea compromissione della sfera fisica dell'aggressore, viene meno l'utilità dello strumento. In questo senso, sarebbe forse stato meglio parlare di minima idoneità offensiva; e, in realtà, tale appare essere l'effetto dello spray con le caratteristiche individuate dal decreto del Ministero dell'interno.  

In ogni caso, nell'ipotesi di bombolette conformi alle prescrizioni del decreto, non risulta integrata neppure la contravvenzione ritenuta dal giudice di primo grado, essendo al contrario la condotta perfettamente lecita. I giudici di legittimità, pur affermando che nella fattispecie concreta l'apparecchio portato in luogo pubblico non risultava difforme dalle prescrizioni ministeriali,  non hanno approfondito il punto, limitandosi a rigettare il ricorso - proposto esclusivamente dal Procuratore generale presso la Corte territoriale - così che è rimasta confermata la condanna per la contravvenzione prevista dall'art. 4, comma 2, della l. 110/75. 

Del resto, nonostante l'opinione dei giudici di legittimità, la bomboletta sequestrata in danno dell'imputata non rispettava effettivamente tutti i requisiti cui sopra si è fatto cenno: risulta dalla stessa sentenza che il contenuto della bomboletta era di 50 ml, mentre il limite massimo per l'esclusione della offensività,  indicato nel decreto n. 103,  è di soli 20 ml. 

 

Cliccare qui per il testo del D.M. 12 maggio 2011, n. 103