ISSN 2039-1676


02 marzo 2012 |

Esclusa la violazione dell'art. 2 Cedu nell'uso della forza da parte della Russia per la gestione della vicenda meglio nota come "Crisi del teatro di Dubrovka"

Nota a C. eur. dir. uomo, sez. I, sent. 20 dicembre 2011, ric. n. 18299/03 e 27311/03, Finogenov e altri c. Russia

1. Con la sentenza che si annota la Corte europea dei diritti dell'uomo è tornata ad occuparsi del tema delle possibili limitazioni al diritto alla vita, e in particolare dei presupposti dell'uso di una forza mortale da parte della polizia allo scopo di respingere una violenza illegittima ai sensi dell'art. 2 co. 2 lett. a Cedu.

Tra il 23 e il 26 ottobre 2002, presso il teatro Dubrovka di Mosca, vennero sequestrati e tenuti in ostaggio circa 850 civili da parte di un gruppo di 40 militanti armati ceceni che rivendicavano fedeltà all'omonimo movimento separatista. Essi chiedevano, in particolare, la fine della seconda guerra cecena, nonché il ritiro immediato delle forze russe dal territorio. Dopo un assedio durato circa quattro giorni, le armate speciali russe OSNAZ decisero di intervenire immettendo un gas pericoloso e potenzialmente letale all'interno del sistema di ventilazione dell'edificio, ove poi fecero irruzione. Durante tale operazione, oltre ai terroristi, trovarono la morte più di un centinaio di civili

Avviate le indagini per ricostruire la dinamica e la responsabilità dell'accaduto, emergeva che quasi tutti gli ostaggi erano morti a causa di acute crisi respiratorie e deficienze cardiache, indotte dalla fatale combinazione di fattori negativi individuati nel grave e prolungato stress psico-emotivo, nella bassa concentrazione di ossigeno nell'aria dell'edificio (ipossia), nella prolungata immobilità forzata che viene spesso seguita dalla privazione di ossigeno del corpo (ipossia circolatoria), nella ipovolemia (privazione di acqua) causata dalla prolungata mancanza di cibo e acqua, nonché nella continua privazione del sonno. A fronte di tali rilievi, gli investigatori giunsero alla conclusione che la natura multifattoriale delle cause di morte escludesse il nesso causale diretto tra gli effetti del gas e la morte degli ostaggi. Giudicarono, pertanto, indiretta la correlazione tra l'utilizzo della sostanza ed i decessi, poiché non vi erano motivi oggettivi per ritenere che - in assenza degli altri fattori sopra citati - l'applicazione del gas avrebbe portato alla morte degli ostaggi. 

 

2. In esito a tale vicenda 64 persone, tra ex ostaggi e parenti degli stessi, presentarono ricorso, lamentando la violazione dell'art. 2 Cedu sotto molteplici profili.

Anzitutto sotto il profilo sostanziale, quanto alle modalità dell'irruzione nonché alli'inadeguatezza dei successivi soccorsi; nonché sotto il profilo procedurale, con riguardo all'inadeguatezza delle indagini svolte dalle autorità russe sul loro esito.

La Corte ritiene, azitutto, soltanto parzialmente fondata la doglianza relativa al profilo sostanziale dell'art. 2 Cedu. Rileva, infatti, che la decisione di immettere gas nell'edificio e di irrompere successivamente nello stesso era stata compiuta in presenza di un rischio reale grave ed immediato di perdita massiva di vite umane; pertanto, tale decisione doveva considerarsi legittima, in ragione anche del mezzo prescelto - il gas - per sua natura non necessariamente letale.

Richiamando il  proprio leading case in materia (McCann e altri c. Regno Unito del 27 settembre 1995), la Corte rammenta tuttavia che in simili ipotesi le forze di polizia hanno l'obbligo di pianificare e gestire le operazioni in maniera tale da ridurre al minimo il rischio di eventi letali. Sotto questo profilo, la Corte rimprovera alle autorità di polizia russe l'insufficiente presposizione di ambulanze e di antidoti che sarebbero stati necessari per l'immediato soccorso delle vittime. Ciò comporta la sussistenza di una violazione dell'art. 2 Cedu già sotto il profilo sostanziale, alla quale si somma una violazione del profilo procedurale della medesima norma, stante l'incapacità delle indagini espletate a determinare le responsabilità per l'inadeguatezza dei soccorsi.

 

3. Sull'ambito di applicazione dell'art. 2 comma 2 Cedu, oltre a McCann, cit., cfr. altresì C. eur. dir. Uomo, sez. IV,  sent. 25 agosto 2009, Giuliani e Gaggio c. Italia, in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 2009, p. 1949, in cui i giudici di Strasburgo avevano ritenuto in prima istanza - sotto il profilo sostanziale - che l'impiego della forza letale fosse assolutamente necessario per evitare quello che il soggetto agente percepiva in buona fede come un pericolo reale ed imminente per la vita propria e dei collegh, ma avevano ravvisato una violazione della norma convenzionale sul versante procedurale, in ragione di difetti delle indagini: violazione, quest'ultima, poi negata in secondo grado dalla Grande camera, con una sentenza di cui anche la nostra Rivista ha a suo tempo dato conto.

Per un caso invece in cui l'utilizzo della forza da parte delle forze armate russe non è stato ritenuto legittimo malgrado la liceità dello scopo perseguito, cfr. C. eur. dir. Uomo, sez. I, sent. 8 aprile 2010, Abdurashidova c. Russia.