ISSN 2039-1676


28 febbraio 2012 |

Sulla esclusività  della valutazione di compatibilità  paesaggistica

Nota a Cass. pen., sez. III, 29.11.2011 (dep. 13.1.2012), n. 2542, Pres. De Maio, Est. Ramacci

La sentenza in commento precisa presupposti e contenuto della valutazione postuma di compatibilità paesaggistica prevista nell'art. 181 comma 1 ter D. Lgs. 42/2004 (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio), il cui intervento comporta - ferme le sanzioni amministrative pecuniarie previste dall'art. 167 - l'estinzione della contravvenzione di cui al primo comma dello stesso articolo: gli interventi suscettibili di sanatoria riguardano in particolare i lavori, realizzati in assenza o in difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati.

L'intento dei ricorrenti era quello di avvalorare anche ai fini della causa estintiva penale un precedente accertamento di compatibilità paesaggistica, con il quale l'ufficio per la tutela del paesaggio della Regione Sardegna aveva dichiarato non pregiudizievole dell'interesse tutelato il mantenimento delle opere abusivamente realizzate, e applicato conseguentemente la sanzione amministrativa pecuniaria prevista nell'art. 167 del  D. Lgs. 42/2004. La terza sezione della Cassazione - nel confermare le conclusioni della Corte d'Appello di Cagliari (sez. dist. di Sassari) - nega tale estensione evidenziando le peculiarità della valutazione di compatibilità paesaggistica necessaria per l'estinzione del reato, sia sotto il profilo della competenza, dichiarando imprescindibile il parere della Soprintendenza, sia riguardo alla stessa nozione di "superficie utile", distinguendone il senso nel settore urbanistico e in quello paesaggistico.

Si tratta di conclusioni evidentemente dettate dal rango del bene giuridico protetto, essendo la tutela del paesaggio compresa tra i "principi fondamentali" della nostra Costituzione (art. 9). Così come per i beni culturali, anche il paesaggio costituisce un valore in sé: ha un fondamento positivo e propulsivo e non negativo, come sarebbe invece se funzionasse da limite ad altri valori (sul carattere dinamico del bene giuridico come oggetto di tutela penale, RUDOLPHI, Die verschiedenen Aspekte des Rechtsgutsbegriffs, in Festschrift für R.. M. Honig, Göttingen 1970, pp. 150 ss). Nel campo urbanistico, invece, al bene giuridico collettivo costituito da un ordinato assetto del territorio si contrappongono molteplici interessi, individuali e collettivi, quali gli interessi all'abitazione, a nuovi insediamenti produttivi, all'iniziativa economica nel settore edilizio, ecc. (MARINUCCI-DOLCINI, Corso di diritto penale, 1, Milano 2001, p. 548). Tra gli interessi collettivi che vengono in questione rientra peraltro anche il paesaggio, che pertanto può ricevere tutela indiretta anche nel settore dell'urbanistica. In altri termini mentre la tutela del paesaggio è tutela di un vero bene giuridico, con riferimento specifico ai reati urbanistici (ma anche, a ben vedere, a quelli ambientali) non si tutelerebbe un bene giuridico bensì «il modo di risoluzione di un conflitto di beni»: tutela dunque di funzioni in cui sarebbero coinvolti interessi, nell'ambito dei quali procedere in via amministrativa alla scelta di quello prevalente o, se possibile e preferibilmente, al loro contemperamento (PADOVANI, Tutela di beni e tutela di funzioni nella scelta tra delitto, contravvenzione e illecito amministrativo, in Cass. pen. 1987, p. 674).

In quest'ottica di tutela non mediata del bene giuridico paesaggio si spiega il richiamo della sentenza non solo alla imprescindibilità del parere della Soprintendenza sulla valutazione di compatibilità paesaggistica, ma anche la non automaticità dell'estinzione del reato all'esito della procedura di rilascio di tale valutazione, «dovendo sempre essere accertata dal giudice la sussistenza dei presupposti di fatto e di diritto legittimanti la sanatoria».

La nozione poi di "superficie utile" che si trae (interpretando peraltro con difficoltà i parametri di cui all'art. 167 comma 4 del D. Lgs. 42/2004) dalla disciplina urbanistica non può essere semplicemente traslata in campo paesaggistico. Qui tale nozione va assunta in senso ampio, non tanto dunque in termini di aggravio del carico urbanistico, quanto piuttosto considerando l'impatto dell'intervento sull'originario assetto del territorio: e in sentenza si legge appunto che «dovrà escludersi la speciale sanatoria stabilita dall'art. 181 in tutti quei casi in cui la creazione di superfici utili o volumi o l'aumento di quelli legittimamente realizzati siano idonei a determinare una compromissione ambientale».

Riteniamo però che il principio di ultima ratio dell'intervento penale imponga di evitare rigori applicativi. Questa esigenza deriva, a ben vedere, anche e soprattutto dallo stesso contenuto del bene giuridico - paesaggio. Già in dottrina (PREDIERI, Paesaggio, in Enc. Dir, XXXI, Milano 1981, p. 507), si era posto in evidenza che «il paesaggio è fatto fisico, oggettivo, ma al tempo stesso, un farsi, un processo creativo continuo, incapace di essere configurato come realtà o dato immobile». Collegando le proposizioni dei due commi dell'art. 9 emerge e si afferma la funzione dinamica dei beni culturali e del paesaggio: la tutela è postulata come corollario della norma fondamentale dedicata allo sviluppo della cultura e tale tutela deve essere orientata nel senso più idoneo a conseguire l'utilizzazione diretta dei beni come strumento di cultura (SANTORO PASSARELLI, I beni della cultura secondo la Costituzione, in Studi in memoria di Carlo Esposito, Milano 1973, III, p. 1425).

Questa idea base del paesaggio come forma visibile del territorio, come prodotto dell'esperienza dell'uomo, come strumento di sviluppo della cultura, è confermato dalle definizioni contenute nella Convenzione europea sul paesaggio (stipulata a Firenze 20 ottobre 2000, e ratificata con legge 9 gennaio 2006, n. 14) nel cui art. 1 si legge che «"Paesaggio" designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni», e nello stesso Codice dei beni culturali e del paesaggio, dove si afferma (art. 141) che «Per paesaggio si intende il territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni».

Non solo dunque si dovrà accertare il presupposto negativo dato o dall'assenza di superfici utili o volumi, o da un aumento di quelli legittimamente realizzati: ma preliminarmente andrà proprio verificata l'idoneità lesiva del bene giuridico tutelato, cioè la rilevanza paesaggistica dell'intervento data dalla percepibilità della modificazione apportata.