ISSN 2039-1676


05 marzo 2012

Trib. Torino, 19.4.2011, dep. 26.9.2011, Giud. Arata (caso Franzoni)

Caso Franzoni: il Tribunale di Torino pronuncia sentenza di condanna per calunnia a carico di Anna Maria Franzoni in relazione al tentativo di depistaggio nell'inchiesta per il delitto di Cogne

Con una sentenza assai articolata, in cui vengono affrontate diverse ed interessanti questioni sostanziali (in relazione alla configurabilità del reato di calunnia) e processuali (inerenti in particolari all'utilizzabilità del materiale di incidente probatorio disposto in altro procedimento, alla acquisizione e valutazione di sentenze passate in giudicato in altri procedimenti, ed alla veste nella quale devono essere sentiti soggetti coindagati per i quali è stata disposta l'archiviazione), il Tribunale di Torino ha pronunciato sentenza di condanna per calunnia e per frode processuale in relazione al tentativo di Anna Maria Franzoni e dei suoi consulenti di individuare altri responsabili del delitto di Cogne.

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CALUNNIA - ELEMENTO SOGGETTIVO DEL REATO - PROVA

La prova del dolo di calunnia, sotto il profilo della consapevolezza dell'innocenza dell'incolpato, si può             «automaticamente» desumere dalla circostanza che il denunciante risulta l'effettivo colpevole del reato di cui ha incolpato altri, purché vi sia certezza che egli ricordi di aver commesso quel reato. Se tale certezza non è raggiunta, nel senso che persiste anche un minimo dubbio che il denunciante non ricordi di aver commesso il reato di cui ha accusato il denunciato, il meccanismo automatico appena descritto non potrà operare, e la consapevolezza dell'innocenza dell'incolpato da parte del denunciante dovrà essere desunta da altri elementi.

Riferimenti normativi:            art. 368 c.p.

CALUNNIA - ELEMENTO SOGGETTIVO DEL REATO - PROVA

Il dolo di calunnia non può essere escluso invocando: (a) la superficialità dell'imputato o la sua inettitudine o dabbenaggine; (b) l'aver agito animato dal fine di difendersi; (c) l'aver effettuato un'incolpazione poco attendibile.

Riferimenti normativi:            art. 368 c.p.

CALUNNIA - ELEMENTO SOGGETTIVO DEL REATO - DUBBIO O ERRORE SULLA COLPEVOLEZZA DELL'INCOLPATO - ESCLUSIONE 

Il convincimento erroneo della colpevolezza del denunciato esclude il dolo di calunnia solo se: (a) sia fondato su elementi seri e concreti e non su mere congetture o supposizioni; (b) sia fondato su circostanze di fatto non solo veritiere, ma la cui forza rappresentativa sia tale da indurre una persona di normale cultura e capacità di discernimento a ritenere la colpevolezza dell'accusato; (c) sospetti, congetture o supposizioni di illiceità del fatto denunciato siano ragionevoli, ossia fondati su elementi di fatto tali da ingenerare dubbi condivisibili da parte del cittadino comune che si trovi nella medesima situazione di conoscenza.

Riferimenti normativi:            art. 368 c.p.

CALUNNIA - PLURALITÀ DI DENUNCE - UNITÀ O PLURALITÀ DI REATI

La presentazione di successive denunce, aventi ad oggetto lo stesso reato e lo stesso incolpato, integra la commissione di più reati di calunnia, solo quando il contenuto dell'atto successivo sia tale da costituire un apprezzabile "novum" rispetto all'originaria accusa, in altri termini solo ove le successive denunce contengano elementi di accusa nuovi e non solo mere specificazioni dell'accusa originaria.

Riferimenti normative:           Art. 368 c.p.

                                           Art. 81 c.p.

 

 UDIENZA PRELIMINARE - FORMAZIONE DEL FASCICOLO PER IL DIBATTIMENTO - ATTI DELL'INCIDENTE PROBATORIO - NOZIONE

 n tema di formazione del fascicolo per il dibattimento, l'art. 431, comma 1, lett. e) c.p.p. non si riferisce genericamente al complesso della documentazione processuale concernente l'incidente probatorio, ma prescrive l'inserimento dei soli «verbali degli atti assunti nell'incidente» stesso. In tale ultima nozione rientrano, oltre ai verbali d'udienza riguardanti il conferimento dell'incarico e la discussione, anche la relazione con cui il perito risponde per iscritto ai quesiti e l'atto di nomina del perito stesso, generalmente compreso nell'ordinanza con la quale il giudice dispone procedersi all'incidente probatorio, mentre non vi rientrano né la richiesta di incidente né gli atti con essa eventualmente prodotti, a meno che tali atti non siano poi stati recepiti nell'elaborato peritale od allo stesso allegati.

 Riferimenti normativi:            artt. 220 segg. c.p.p.

                                            artt. 392 segg. c.p.p.

                                            art. 431, comma 1, lett. e) c.p.p.

 SENTENZA IRREVOCABILE RESA IN DIVERSO PROCEDIMENTO -EFFICACIA DI PROVA DEL FATTO IN ESSA ACCERTATO - LIMITI

 La sentenza irrevocabile resa in altro procedimento fornisce prova, oltre che del fatto storico della relativa pronuncia e del contenuto del dispositivo, anche in merito all'insieme delle risultanze di fatto che emergono dalla motivazione. Nondimeno, l'autonomia e la libertà delle operazioni logiche di accertamento e formulazione del giudizio nel processo in cui la sentenza viene acquisita si esplicano in modo particolare proprio riguardo ai giudizi di fatto ed ai passaggi argomentativi della relativa motivazione. Il diritto al contraddittorio, relativamente alla sentenza acquisita e con particolare riferimento alla specifica natura della stessa, trova il suo naturale momento di espressione non nell'atto dell'acquisizione, ma in quello successivo della utilizzazione e della valutazione per fini di prova, posto che le parti, in funzione delle rispettive esigenze, rimangono libere di sottoporre a critica la sentenza medesima.

 Riferimenti normativi:            art. 187 c.p.p.

                                           art. 192 c.p.p.

                                           art. 238-bis c.p.p.

 SENTENZA IRREVOCABILE RESA IN DIVERSO PROCEDIMENTO -EFFICACIA DI PROVA DEL FATTO IN ESSA ACCERTATO - LIMITI

 L'art. 238-bis c.p.p. consente, per finalità di semplificazione dell'accertamento, di acquisire sentenze divenute irrevocabili in esito ad un diverso procedimento, ma deve escludersi, in base al tenore letterale delle norma ed alle caratteristiche del sistema, che dette sentenze, nel procedimento ove sono acquisite, possano da sole valere come prova  di fatti e circostanze, o possano consentire l'utilizzazione di elementi probatori la cui acquisizione non sarebbe consentita per altre vie.

 Riferimenti normativi:            art. 187 c.p.p.

                                           art. 192 c.p.p.

                                            art. 238-bis c.p.p.

 SENTENZA IRREVOCABILE RESA IN DIVERSO PROCEDIMENTO -PROVA DEL FATTO IN ESSA ACCERTATO - VALUTAZIONE - METODO DELL'ACCERTAMENTO NEL GIUDIZIO DI PROVENIENZA - RILEVANZA

 Ai fini della valutazione della sentenza acquisita ex art. 238-bis c.p.p., il giudice deve tenere conto del tipo di procedimento (ordinario, abbreviato, di applicazione della pena) in esito al quale la sentenza stessa è stata deliberata e, quindi, del pieno contraddittorio che abbia in ipotesi caratterizzato la formazione del materiale probatorio raccolto dal primo giudice, quale fattore condizionante l'efficacia persuasiva della decisione e delle prove sulle quali si è basata. Tale efficacia è tanto più rilevante quando l'imputato sia stato parte anche del procedimento definito con la sentenza acquisita, in esito a contraddittorio dibattimentale, di talché, in casi del genere, la ricerca degli elementi confermativi, pure necessaria, può concentrarsi sui profili meno indagati nel primo giudizio e più significativi, viceversa,  nel processo ad quem (fattispecie riguardante un procedimento per calunnia originato da un procedimento per omicidio volontario: in particolare entrambi i procedimenti vedevano quale imputata la medesima persona fisica e il procedimento per calunnia originava dalle attività d'indagine difensiva svolte nel procedimento per omicidio, e culminate nella presentazione di una denuncia).

  Riferimenti normativi:           art. 187 c.p.p.

                                           art. 192 c.p.p.

                                           art. 238-bis c.p.p.

 TESTIMONIANZA - PERSONA GIÀ INDAGATA PER IL MEDESIMO FATTO IN PROCEDIMENTO CONNESSO DEFINITO CON ARCHIVIAZIONE - INCOMPATIBILITÀ CON L'UFFICIO DI TESTIMONE - SUSSISTENZA

 In tema di testimonianza, la persona già indagata per concorso nel medesimo reato che costituisce oggetto del giudizio in corso, nell'ambito di procedimento definito con decreto di archiviazione, non può essere sentita come testimone, neppure con le forme «garantite» dell'art. 197-bis c.p.p., e va invece sottoposta ad esame ex  art. 210 c.p.p., con conseguente facoltà di astenersi dal rispondere. Il diritto al silenzio del soggetto già accusato d'aver concorso nel reato per il quale si procede a carico dell'imputato costituisce,  infatti , un cardine del sistema processuale, da cui si può prescindere solo per effetto del giudicato.

  Riferimenti normativi:           art. 197 c.p.p.

                                           art. 197-bis c.p.p.

                                           art. 210 c.p.p.

 VERBALI DI PROVE DI ALTRO PROCEDIMENTO - ACQUISIZIONE - DIRITTO DELLE PARTI ALL'ESAME DELLE PERSONE LE CUI DICHIARAZIONI SONO STATE ACQUISITE - PERIZIA - APPLICABILITÀ DELLA DISCIPLINA

 Le disposizioni che regolano l'acquisizione dei verbali di prove formate in altri procedimenti, ed i presupposti affinché le parti possano ottenere l'esame delle persone le cui dichiarazioni sono state acquisite, si applicano anche, ed in quanto compatibili,  quando la prova assunta nel diverso procedimento consiste in una perizia, almeno in rapporto alla fase dell'esposizione orale delle conclusioni ed ella relativa discussione.

 Riferimenti normative:           art. 190 c.p.p.

                                            art. 238, comma 5,  c.p.p.

                                            art. 468,  comma 4-bis,  c.p.p.

                                             art. 495 c.p.p.

 ATTI PROCESSUALI - RILASCIO DI COPIA - VERBALI DI TESTIMONIANZA - RICHIESTA DI PERSONA CHIAMATA A SUA VOLTA A RENDERE TESTIMONIANZA - DISCIPLINA

 Il rilascio di copia degli atti del dibattimento, a norma dell'art. 116 c.p.p. (e fuori del caso di processo a porte chiuse), può essere chiesto da chiunque vi abbia interesse. Tale disposizione, quando il richiedente sia persona chiamata a testimoniare nello stesso giudizio, va integrata con il disposto dell'art. 149 disp. att. c.p.p., secondo cui l'esame del testimone deve avvenire in modo che, nel corso dell'udienza,  nessuna delle persone che ancora devono deporre possa assistere all'esame degli altri testimoni o vedere o udire o essere altrimenti informata delle attività svoltesi nell'aula di udienza. Correttamente, dunque, il rilascio della copia può essere autorizzato con effetto posticipato al momento in cui il richiedente sia stato a sua volta sentito nel giudizio in corso (nel caso di specie, per altro, si è stabilito che il rilascio può essere immediato nei confronti del teste che, già sottoposto ad indagine conclusa con decreto di archiviazione in riferimento agli stessi fatti oggetto del processo in cui deve rendere testimonianza, abbia comunicato formalmente la decisione di avvalersi della facoltà di non rispondere).

 Riferimenti normativi              art. 116 c.p.p.

                                            art. 114 c.p.p.

                                            art. 329 c.p.p.

                                            art. 493 c.p.p.

                                            art. 513 c.p.p.

 

 (Massime a cura di Vittorio Arena)