ISSN 2039-1676


20 marzo 2012 |

A. Mura, A. Patrono, La giustizia penale in Italia: un processo da sbloccare. La lezione americana, Padova, 2011

Recensione

L'obiettivo del libro di A. Mura e A. Patrono (La giustizia penale in Italia: un processo da sbloccare. La lezione americana. Cedam 2011) è quello di proporre al cittadino, oltre che al giurista, una spiegazione semplice sulle cause dei risultati insoddisfacenti del nostro sistema di giustizia penale anche dopo la riforma del processo penale, ora che sono passati più di vent'anni dalla sua introduzione.

La trattazione è preceduta da un'analisi del sistema italiano che pone in evidenza il principale problema della giustizia penale in Italia: la lunghezza esorbitante dei processi.

Per essere chiari, nel libro viene riportato un esempio emblematico su come un processo penale ordinario possa durare ben 8 anni in primo grado a causa di innumerevoli rinvii delle udienze per vari motivi: inizio nel 1997 con il rinvio a giudizio dinanzi al Tribunale e conclusione con la condanna nel 2006.

Per poter sviluppare il confronto fra i due sistemi, quello italiano e quello nordamericano, nel libro viene quindi avviata anzitutto una breve descrizione del sistema processuale negli USA.

Come è noto, negli USA il sistema processuale è ispirato ad un modello pragmatico basato sulla riconosciuta fiducia nel sistema giudiziario, come espressione della più elevata rappresentazione del principio di responsabilità individuale. Il sistema di Common law in vigore è basato sul principio del diritto non scritto che si fonda su regole e principi maturati su precedenti decisioni.

I principi cardine del sistema processuale americano sono: la ragionevolezza, che sta ad indicare un criterio di misura che deve condizionare la gran parte delle scelte; la forza, che si traduce in una sostanziale inflessibilità delle decisioni; il tutto caratterizzato da un'impronta di particolare serietà che accompagna il sistema per il quale il rispetto delle regole non consente licenze, sciatterie o malizie.

Tali caratteri si ritrovano, ad esempio, nell'esecuzione della pena dopo la condanna e nell'estremo rigore con il quale sono applicati i trattamenti alternativi alla detenzione. Emblematico è il meccanismo giudiziario che prevede l'inversione dell'onere della prova sulle esigenze cautelari a seguito di condanna alla reclusione. L'imputato condannato nel primo grado di giudizio ha, infatti, l'onere di dimostrare che non fuggirà, né costituirà pericolo per gli altri mentre pende l'appello richiesto dalla difesa; la dimostrazione di tali requisiti peraltro deve essere chiara e convincente e l'appello non deve apparire finalizzato a dilazionare la definitività della condanna.

Il sistema processuale nordamericano è basato su un modello essenzialmente accusatorio che risponde alla concezione pragmatica tipica della cultura anglosassone; tale sistema prevede la rappresentazione della vicenda da giudicare dinanzi al giudice e prende spunto da una logica dialettica meno statuale che è, invece, tipica del modello inquisitorio il quale si fonda sulla ricostruzione istruttoria dei fatti e sulla sua riproduzione astratta.

Nel modello accusatorio, però, riveste un'importanza fondamentale il fattore tempo. La riproduzione dei fatti deve pertanto avvenire con una memoria recente. Perciò il sistema accusatorio richiede che solo una piccola percentuale dei processi venga celebrata in udienza dove si deve rappresentare la vicenda. Così, infatti, solo il 5-10% dei processi americani giunge al dibattimento.

In Italia, invece, dove si è cercato di introdurre un sistema tendenzialmente accusatorio, ad oltre vent'anni dall'avvio del nuovo processo penale, la percentuale è quasi rovesciata: è sempre più bassa la percentuale dei processi che si concludono con riti alternativi e sempre più alta la percentuale dei dibattimenti. Qui risiede, secondo gli Autori, la fondamentale ragione del fallimento del nuovo processo italiano che è sostanzialmente al collasso.

Inoltre negli Stati Uniti non è possibile processare una persona che non sia presente in udienza, coerentemente con il principio del contraddittorio reale e della formazione della prova dinanzi all'imputato. E' quindi ignoto il processo in contumacia o nei confronti di imputato irreperibile. L'imputato, se non è arrestato, viene condotto con la forza in udienza per essere presente durante il processo a suo carico.

Di regola negli USA le udienze si celebrano un giorno dopo l'altro, senza soluzione di continuità ed il giudice non comincia un nuovo dibattimento se non ha concluso il processo precedente.

In Italia i rinvii sono, invece, lunghi ed uno stesso Tribunale celebra molti dibattimenti in contemporanea. Ciò dipende dal tipo di lavoro che è richiesto ai nostri giudici i quali, oltre a dover dirigere il dibattimento con consapevolezza, devono redigere le motivazioni delle decisioni già prese; tant'è vero che il numero di motivazioni delle sentenze redatte da un giudice penale in media supera di gran lunga il numero di udienze celebrate al mese e ad anno.

Oltre a ciò, bisogna mettere in luce che il nostro modello organizzativo degli uffici giudiziari è tarato sulla base di una legislazione estremamente formalistica: si pensi solo alla disciplina delle notifiche che appesantisce in modo a volte anacronistico l'andamento di un processo durante le varie udienze a causa di vizi o irregolarità delle notifiche dovute anche al disservizio dell'ufficio preposto.

Negli Stati Uniti d'America, invece, la decisione sulla colpevolezza o meno dell'imputato è affidata in linea di principio ad una giuria popolare e non al giudice professionale; a quest'ultimo è affidato il compito di dirigere il dibattimento e di determinare la pena in caso di condanna.

Inoltre, mentre le sentenze italiane hanno motivazioni particolarmente approfondite e dettagliate, negli Stati Uniti l'atto finale del processo è il verdetto della giuria popolare che non deve essere motivato. La circostanza influisce oggettivamente molto sia sulla durata dei dibattimenti che sul tempo dedicato alla celebrazione dei processi.

Tutto ciò, però, è estraneo alla cultura giuridica del nostro Paese. Al nostro giudice è richiesta invece la redazione di un'articolata motivazione sia durante il dibattimento sulle decisioni istruttorie fondamentali che per la decisione finale la quale deve contenere una logica e completa giustificazione fondata sulla ricostruzione processuale svolta nel dibattimento. Tali passaggi influenzano decisamente sia l'andamento del processo che la possibilità per i giudici di celebrare un numero maggiore di processi. E' ovvio che per poter spiegare con argomenti logici e giuridici il giudice ha bisogno di un'istruttoria completa ed approfondita e per poter redigere una motivazione soddisfacente ha bisogno di tempo ed il tempo, come noto, è la misura delle cose.

Gli elementi decisivi di distinzione fra i due ordinamenti processuali sono, quindi, la giuria popolare e la motivazione. Queste due fondamentali differenze rappresentano le principali cause della diversa resa in termini di efficienza del sistema processuale penale negli USA rispetto all'Italia.

Senza poter approfondire l'analisi con giudizi di valore da attribuire all'una ed all'altra caratteristica, occorre precisare che sia la presenza di una folta giuria popolare (composta di regola da 12 persone) che l'assenza di una motivazione scritta per dare conto delle ragioni della decisione, assumono il ruolo di coerente adattamento al mondo giudiziario della concezione pragmatica del rapporto fra i cittadini e l'Autorità dello Stato tipica del mondo anglosassone. In tali contesti sociali è il popolo, rappresentato dalla giuria, che emette la sentenza, quindi è per volontà diretta di esso che sia ha il pronunciamento il quale non necessita, quindi, di una giustificazione. 

Accanto a tali profili di differenza ve ne è un altro di rilievo rappresentato dalla discrezionalità dell'azione penale. Come è noto, in Italia l'obbligo di esercitare l'azione penale nasce non solo da una notizia di reato ma richiede, altresì, che il P.M. abbia elementi di prova sufficienti per sostenere l'accusa. Negli Sati Uniti d'America, invece, il P.M., oltre a tali compiti, deve anche decidere se il processo sia opportuno e convenente. Per l'esercizio dell'azione penale sono previsti criteri guida molto stringenti per evitare il rischio di abusi della discrezionalità; tali criteri nella prassi sono molto ben seguiti anche perché vi è la convinzione che chi abusa della discrezionalità potrà essere punito. In tal senso il sistema gode di una sostanziale fiducia da parte dei cittadini, perché si crede nella concreta possibilità di un controllo sulle modalità di esercizio dell'azione penale.

E' ovvio che anche la discrezionalità nell'esercizio dell'azione penale ha un'influenza sul numero dei processi da trattare, ma più che altro incide sulle determinazioni degli imputati i quali possono essere più propensi a negoziare le strategie processuali in ragione della duttilità dell'iniziativa dell'accusa.

Infatti, ciò che realmente funziona in modo efficace nel sistema nordamericano sono i riti alternativi al dibattimento. Approfittando della possibilità di esercizio discrezionale dell'azione penale, il pubblico ministero può stringere un accordo con l'imputato accettando di non contestargli uno o più reati commessi oppure accettando di contestargli un reato meno grave, in cambio dell'immediata dichiarazione di colpevolezza.

Ad ogni modo, occorre precisare che la discrezionalità nell'esercizio dell'azione penale negli USA non è indiscriminata ed è comunque regolata da ben precisi principi e priorità predisposti dal Dipartimento di giustizia, volti a temperare i rischi di arbitrio comunque presenti. Si tratta quindi di un complesso di valutazioni di competenza dei procuratori basate sulla scelta da compiere in ragione della specifica convenienza per lo Stato.

In ogni caso il patteggiamento come strutturato negli Stati Uniti ha caratteristiche di un vero e proprio accordo fra l'accusa e l'imputato il quale si dichiara colpevole accettando gli obblighi che gli sono imposti, mentre l'accusa in tal modo declina altre iniziative a suo carico.

Quando fu introdotto il nuovo processo penale in Italia ispirato ad un modello accusatorio, si puntava decisamente sul funzionamento del patteggiamento e del rito abbreviato. Ciononostante, a distanza di più di vent'anni, bisogna riscontrare che la previsione è andata completamente delusa.

Per determinare un tale risultato deludente, un ruolo oggettivo ha sicuramente svolto anche l'obbligatorietà dell'azione penale sancita dall'art. 112 Cost. che non conferisce duttilità nella decisione sull'azione penale.

Tuttavia, il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale risponde ad un'opzione di fondo del nostro sistema costituzionale che risiede nella parità di trattamento nell'applicazione della legge nei confronti di qualsiasi soggetto come diretta conseguenza dell'uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge sancita dall'art. 3 Cost..

Anche il regime delle impugnazioni nel processo americano riveste un ruolo decisivo per la resa complessiva del sistema. La prima ragione per cui in Italia l'imputato non ha interesse a far concludere rapidamente il processo è data proprio dalla disciplina delle impugnazioni. Fare appello e poi ricorso per cassazione è generalmente conveniente per chi sia stato condannato in primo grado.

Negli Stati Uniti d'America non è così e ciò dipende dalla disciplina delle impugnazioni, dal regime di prescrizione del reato e dal sistema di esecuzione della pena. L'insieme di tutte queste differenze rappresenta l'elemento decisivo per spiegare la grande differenza che c'è fra l'Italia e gli USA nell'acceso ai riti alternativi e nella lunghezza dei processi.

Tutto il sistema nordamericano è basato sul criterio della convenienza.

Come già detto, la decisione sulla responsabilità o meno dell'imputato è adottata di regola da una giuria popolare la quale non motiva la sua decisione, sicché l'appello viene proposto per lo più per motivi di diritto e non basta che venga proposto per poter essere celebrato in quanto deve essere ritenuto ammissibile sulla base dei motivi prospettati. Non è prevista una diversa valutazione delle prove, ma soltanto la macroscopica ingiustizia del verdetto o gli evidenti errori di procedura. Solo in questi casi si può celebrare l'appello mentre in ogni altro caso sarà dichiarato immediatamente inammissibile.

Anche quando è ammesso, l'appello comunque non sospende l'esecuzione della pena che è esecutiva subito dopo la pronuncia di condanna di primo grado.

Un giudizio equivalente alla nostra cassazione non esiste negli Stati Uniti. La Corte Suprema degli USA, oltre ad avere il ruolo di arbitro sulle questioni costituzionali a livello federale, opera quale Collegio di ultima istanza decidendo sulle impugnazioni contro le decisioni delle Corti d'appello. Ma la Corte Suprema non ha l'obbligo di esaminare qualsiasi impugnazione potendola discrezionalmente dichiarare inammissibile per scarsa rilevanza della questione sottoposta. In media la Corte Suprema negli Stati Uniti esamina circa 80 casi all'anno, la nostra Corte di cassazione, solo in materia penale, tratta più di 45.000 ricorsi all'anno.

In Italia, come noto, il sistema delle impugnazioni è radicalmente diverso ed è strutturato secondo il principio del diritto all'impugnazione nei vari gradi di giudizio, senza limiti di devoluzione nel grado d'appello; la sentenza di condanna di primo grado non è esecutiva se non definitiva, salva la possibilità di adozione di misure cautelari.

L'altro elemento decisivo ai fini di una valutazione delle differenze sul funzionamento complessivo è il regime di prescrizione del reato nei due paesi.

L'istituto della prescrizione esiste anche negli Stati Uniti, ma a differenza che in Italia il periodo di tempo necessario perché il reato si estingua deve essere decorso interamente prima dell'inizio del processo al momento del deposito dell'accusa. Infatti se il processo viene iniziato la prescrizione non può verificarsi più, quale che sia la durata del processo stesso.

Questo regime della prescrizione influenza in modo determinante l'atteggiamento dell'imputato rispetto al fattore tempo necessario per il processo. Negli Stati Uniti d'America, a differenza che in Italia, una volta iniziato il processo l'imputato non può più sperare nella prescrizione, quindi non gli conviene tirare per le lunghe.

Il tema della prescrizione del reato è cruciale nella trattazione dell'argomento. In Italia la prescrizione, come causa estintiva del reato, era stata concepita come del tutto eccezionale per i casi in cui l'interesse dello Stato alla persecuzione del reato poteva ritenersi affievolito a causa del decorso del tempo. Ed infatti, fino alla fine degli anni '80 il numero delle prescrizioni dichiarate era di poche migliaia, mentre gli ultimi dati disponibili attestano un numero esorbitante che supera le 160.000 unità di reati estinti per prescrizione all'anno. Ciò dipende dal fatto che con l'introduzione del nuovo processo penale, che oggettivamente ha allungato i tempi di svolgimento dei processi in ragione del rito accusatorio, si sarebbe dovuto pensare ad un allungamento dei termini di prescrizione oppure ad un adeguamento al nuovo sistema processuale. Invece, specie dopo la legge n. 251/2005 detta ex Cirielli, i termini di prescrizione sono stati ulteriormente abbreviati ed il sistema di aumento in seguito ad un evento interruttivo è stato reso praticamente irrisorio. Sicché la prescrizione è oggi una meta sempre più vicina e raggiungibile per un numero sempre maggiore di imputati.

Sotto il profilo diacronico si nota che dal 1996 ad oggi il numero di prescrizioni è in continua crescita, passando da 56.486 del 1996 ad oltre 160.000 di oggi. Del resto, un sistema che prevede il decorso della prescrizione anche dopo l'inizio del processo, ed addirittura dopo la condanna, è un non senso logico, oltre che giuridico, foriero di enormi difficoltà per il sistema nel suo complesso. Non a caso siamo l'unico Paese al mondo ad avere un siffatto sistema di calcolo della prescrizione dei reati.

Infine, un cenno merita il regime di espiazione della pena e di soluzioni alternative alla detenzione che è assai più rigido negli USA rispetto al nostro sistema, in quanto i benefici penitenziari sono molto limitati e rigorosamente disciplinati. Ciò induce spesso gli imputati a negoziare ed accettare una pena bassa pur di evitare il rischio di incorrere nel rigore di una pena maggiore.

Un particolare merito va dato alla trattazione del tema contenuta nel libro di Mura e Patrono ed è quello di sfatare miti e dicerie, facendo parlare i fatti e cercando concretamente di mostrare le reali cause di una così evidente differenza in termini di efficienza fra i due sistemi processuali.

Ovviamente vi sono enormi diversità politico-istituzionali fra l'Italia e gli USA, quanto alla tipologia del regime democratico ed alla cultura sociale, ma vi sono alcune scelte della dinamica processuale che si prestano ad una lettura tecnica neutrale dei fenomeni evidenziati.

Le cause della diversa efficienza in termini di durata dei processi tra l'Italia e gli Stati Uniti non risiedono nel nostro assetto ordinamentale della magistratura, nella unicità della carriera, nella obbligatorietà dell'azione penale o nel governo autonomo e nell'indipendenza della magistratura. Come pure, viene sfatata la diceria secondo cui la lentezza dipenderebbe dalla scarsa produttività dei magistrati, atteso che quelli italiani sono certamente più produttivi di quelli americani in termini di entità del lavoro svolto. Solo nell'ultimo decennio si è registrato un aumento della produttività media dei magistrati superiore al 30%, per non fare raffronti con epoche ancora più remote che farebbero registrare un incremento ancora maggiore.

Vi sono, infatti, alcuni requisiti irrinunciabili del sistema processuale italiano che rispondono a principi fondamentali della nostra convivenza civile i quali si innestano nel tessuto della nostra democrazia costituzionale: ci si riferisce all'obbligatorietà dell'azione penale ed alla necessità di una motivazione a corredo della sentenza.

Tali profili del sistema sono per noi effettivamente irrinunciabili, anche se non sono immodificabili. Non sarebbe contrario ai principi costituzionali la previsione, ad esempio, di una diversa modulazione dell'obbligatorietà dell'azione penale in presenza di fatti di particolare tenuità ovvero privi di offensività, come pure sarebbe conforme al nostro sistema costituzionale la previsione di motivazioni concentrate ed essenziali, purché comunque idonee a far comprendere le ragioni della decisione.

Accanto a ciò, tuttavia, occorre considerare che l'innesto del nuovo sistema processuale tendenzialmente accusatorio, con l'inevitabile aumento del peso della fase dibattimentale, è avvenuto ormai più di vent'anni fa senza alcun adeguamento che sarebbe stato, invece, necessario e conseguente alla scelta operata dal legislatore.

Si è, infatti, conservato e complicato il regime delle impugnazioni basato su tre gradi di giudizio, con l'appello interamente devolutivo (per giunta con il divieto di reformatio in peius) e con la possibilità di ricorrere per cassazione non solo per violazione di legge ma anche per tutti i presunti vizi della motivazione. Ciò ha reso obiettivamente conveniente il ricorso alle più varie impugnazioni anche al solo scopo di ritardare l'esecuzione della condanna.

Il tutto è stato agevolato dal nostro regime della prescrizione, già ben descritto sopra, legato alla data del commesso reato fino all'ultimo grado di giudizio, che oggettivamente si pone come incentivazione delle impugnazioni anche al solo fine di far decorrere i termini.

Questi profili del nostro sistema processuale, tuttavia, non sono coerenti con lo spirito del sistema accusatorio prescelto e rappresentano le principali cause del sostanziale fallimento del processo penale introdotto nel 1989. Non si può, quindi, banalmente addossare la responsabilità del fallimento al modello adottato, bensì andrebbe attribuita alla mancanza di un coerente adeguamento del sistema delle impugnazioni e del regime della prescrizione che hanno generato, nel tempo, un vortice di procedimenti penali capace di determinare un rallentamento complessivo del sistema ed un correlativo aumento delle estinzioni dei reati per prescrizione.

La linea seguita dalla legislazione recente in materia processuale è stata, viceversa, ispirata da un clima di sfiducia e di diffidenza verso il sistema che ha generato una normazione formalistica, capace solo di moltiplicare gli ostacoli all'accertamento dei fatti nel processo senza alcuna coerenza con i principi del sistema accusatorio.

Al punto in cui siamo, occorrerebbe coraggiosamente interrompere questo circuito vizioso per concentrarsi - senza faziosità - sulle misure pragmatiche necessarie in tema di regime della prescrizione dei reati e delle impugnazioni, prendendo spunto anche dall'esperienza nordamericana, per evitare che il collasso del sistema della giustizia penale in Italia si traduca in un disastro capace solo di alimentare la sfiducia dei cittadini verso tutte le istituzioni.