ISSN 2039-1676


29 gennaio 2013 |

La nozione di collegamento tra imprese concorrenti nel delitto di turbata libertà  degli incanti

Nota a Trib. Milano, Sez. X, Giud. Interlandi, 15.10.2012 (dep. 14.12.2012), n. 10301

1. Ricorre il delitto di turbata libertà degli incanti qualora, con violenza, minaccia, collusione, doni o altri mezzi fraudolenti, venga impedito o turbato lo svolgimento di una gara d'appalto o di una licitazione privata (art. 353 c.p.). Secondo il Tribunale di Milano non costituisce collusione tale da turbare la libertà di una gara d'appalto per l'affidamento di servizi il mero collegamento formale tra imprese concorrenti. Per accertare la consumazione del delitto previsto e punito all'art. 353 c.p. è ritenuto necessario, infatti provare l'effettiva commistione nella gestione delle imprese partecipanti alla procedura ad evidenza pubblica come concorrenti nonché, secondo il Giudice di merito, l'alterazione delle offerte presentate quale conseguenza di tale collegamento.

 

2. Questo il fatto oggetto di giudizio: due associazioni temporanee di imprese1, composte da diverse compagini societarie partecipate, anche per interposta persona, dal medesimo soggetto, presentano distinte offerte in una gara d'appalto per l'affidamento di servizi di pulizia dei musei comunali, dichiarando l'insussistenza di rapporti di controllo e collegamento rispetto alle altre società concorrenti nella stessa procedura ad evidenza pubblica. L'amministrazione comunale appaltante, in sede di verifica delle offerte, accerta tuttavia che il referente e socio di maggioranza della mandataria di una delle a.t.i. concorrenti aveva la nuda proprietà del 60 % delle quote di altra s.r.l., mandataria di diversa associazione temporanea di imprese apparentemente concorrente nella medesima procedura, e che, rispettivamente, sua cognata e suo nipote erano proprietari del 90 e del 10 % delle quote anche della s.r.l. mandante dell'a.t.i. da ultimo indicata. Avendo il bando di gara previsto l'esclusione degli operatori economici partecipanti alla procedura che fossero risultati collegati ad altri concorrenti, l'a.t.i. controllata veniva esclusa dalla gara di appalto prima dell'aggiudicazione e gli atti di gara venivano trasmessi alla Procura della Repubblica competente al fine di apprezzare l'eventuale ricorrere di ipotesi di reato nei comportamenti dei referenti e/o rappresentati legali delle società dimostratesi collegate.

Con decreto di citazione diretta a giudizio veniva formulata, quindi, l'imputazione per turbativa d'asta nei confronti di quel socio di maggioranza che partecipava, anche per interposta persona, alle società concorrenti escluse dall'appalto. Venivano, altresì, rinviati a giudizio per i medesimi delitti i rappresentanti legali delle società partecipanti all'a.t.i. esclusa.

Agli imputati era contestato altresì il delitto falso in scrittura privata per aver falsamente dichiarato, nell'autocertificazione allegata all'offerta presentata per partecipare all'appalto, l'assenza di rapporti di collegamento con altri operatori economici partecipanti alla gara.

 

3. Il Tribunale assolveva anzitutto dall'accusa di falso i rappresentanti legali delle società partecipanti dell'a.t.i esclusa, poiché tali società risultavano collegate all'a.t.i. concorrente in forza di rapporti di parentela tra i soci che potevano essere loro ignoti poiché non tipizzati dall'art. 2359 c.c., richiamato dal bando di gara per descrivere le forme di collegamento la cui assenza doveva essere autocertificata per partecipare alla gara di appalto. Il socio di maggioranza dell'a.t.i. non esclusa, invece, veniva condannato per il delitto di falso in scrittura privata in quanto certamente consapevole del collegamento di fatto con le imprese raggruppate nell'a.t.i. concorrenti.

Quanto invece al delitto di turbata libertà negli incanti, il Giudice di merito assolveva tutti gli imputati ritenendo che il collegamento formale tra i concorrenti non potesse essere considerato, alla luce della giurisprudenza comunitaria in materia di appalti, di per sé espressivo di una collusione tra gli offerenti, e quindi di una turbativa dell'appalto stesso. Secondo il Tribunale, infatti, perché possa essere turbata una gara d'appalto non è sufficiente la prova dell'esistenza di un collegamento tra imprese concorrenti nella medesima procedura, ma è altresì indispensabile la prova, ritenuta in concreto mancante, dell'effettiva commistione nella gestione delle imprese partecipanti alla procedura ad evidenza pubblica come concorrent, nonché l'effettiva alterazione delle offerte presentate quale conseguenza della commistione nella gestione.

 

4. In particolare il Tribunale di Milano motiva la sentenza richiamando la sentenza del 19 maggio 2009 della Quarta Sezione della Corte di Giustizia della Comunità Europea, Assitur S.r.l. / Camera di Commercio e dell'Artigianato di Milano + 2, C-538/2007, secondo la quale il diritto dell'Unione osta a disposizioni nazionali che stabiliscano un divieto assoluto, a carico di imprese tra le quali sussista un rapporto di controllo o che siano tra loro collegate, di partecipare in modo simultaneo e concorrente ad una medesima gara d'appalto, senza lasciare loro la possibilità di dimostrare che il rapporto suddetto non ha influito sul loro rispettivo comportamento nell'ambito di tale gara, potendo le società controllate mantenere autonomia nella gestione della propria politica commerciale rispetto alla controllante.

 

5. Con la sentenza adottata nella causa C-538/2007, l'allora Corte di Giustizia della Comunità Europea era stata investita di rinvio pregiudiziale interpretativo dal T.A.R. Lombardia - Milano, al fine di stabilire se l'art. 10, comma 1 bis, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 in materia di appalti di lavori - poi riproposto all'art. 34 ultimo comma del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Cod. Contratti Pubblici) -, che prevedeva l'automatica esclusione dalle procedure di affidamento delle imprese offerenti che versassero in una delle situazioni di controllo o collegamento descritte all'art. 2359 c.c., fosse in contrasto con l'art. 29, comma 1, della direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE sulle cause soggettive di esclusione degli offerenti dagli appalti di pubblici servizi. Veniva, inoltre, evidenziato il possibile contrasto dell'art. 10, comma 1 bis, l. 109/1994 con i principi generali del diritto comunitario in materia di appalti pubblici.

Secondo la Corte di Giustizia, la circostanza che l'art. 29, comma 1, dir. 92/50/CEE preveda ipotesi di esclusione soggettiva dalle gare d'appalto per l'affidamento di lavori fondate solo sulla onestà professionale, sulla solvibilità o sull'affidabilità dell'interessato, ossia sulle qualità professionali di quest'ultimo, non inibisce in linea di principio ai legislatori nazionali di prevedere ulteriori ipotesi di esclusione soggettiva a tutela della concorrenza e della parità di trattamento nelle procedure ad evidenza pubblica. È, pertanto, legittimo che i legislatori nazionali introducano ulteriori ipotesi di esclusione dagli appalti pubblici rispetto a quelle elencate all'art. 29, comma 1, dir. 92/50/CEE, a condizione però che tali ipotesi rispettino il principio di proporzionalità.

La previsione dell'automatica esclusione di tutte le formalmente imprese collegate concorrenti appare per l'appunto alla Corte in contrasto con "il principio di proporzionalità, in quanto non lascia a tali imprese la possibilità di dimostrare che, nel loro caso, non sussistono reali rischi di insorgenza di pratiche atte a minacciare la trasparenza e a falsare la concorrenza tra gli offerenti".

 

6. A seguito di tale pronuncia, l'art. 34, ult. comma, Cod. Contr., che aveva sostituito medio tempore l'art. 10, comma 1 bis, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 oggetto di rinvio pregiudiziale, è stato abrogato con l'art. 3, comma 3, del D.L. 25 settembre 2009, n. 135 convertito in l. 20 novembre 2009, n. 166. Attualmente, pertanto, la presenza di un collegamento formale tra imprese concorrenti non determina, sul versante amministrativo, l'esclusione iuris et de iure delle stesse da una procedura ad evidenza pubblica.

 

7. Secondo la giurisprudenza amministrativa, a seguito della pronuncia della Corte di Giustizia richiamata, anche qualora il bando di gara espressamente preveda come causa di esclusione l'esistenza di situazioni di collegamento formale tra i concorrenti "non è più dato sanzionare il collegamento tra più imprese mediante l'automatica esclusione dalla procedura selettiva (...), occorrendo accertare se, in concreto, tale situazione abbia influito o meno sul loro rispettivo comportamento". Si ritiene, pertanto, legittima l'esclusione di imprese collegate, nei casi nei quali il bando di gara abbia previsto come causa di esclusione l'esistenza di situazioni controllo o collegamento tra imprese partecipanti alla procedura, "soltanto in caso di accertata influenza del suddetto rapporto in ordine alla formulazione delle offerte, in modo che dette imprese siano messe in grado di dimostrare l'insussistenza di rischi di turbative della selezione" (così, testualmente, TAR Calabria - Catanzaro, Sez. I, 4 marzo 2011, n. 300).

Al di là di tali affermazioni di principio, tuttavia, la giurisprudenza amministrativa ritiene a tutt'oggi perfettamente legittima l'esclusione da una procedura ad evidenza pubblica di imprese collegate prima ancora dell'apertura delle offerte, qualora vengano accertati dalla stazione appaltante elementi sintomatici di un collegamento sostanziale tra le imprese partecipanti all'appalto.

In particolare, se la stazione appaltante ha ragione di ritenere che più partecipanti ad un appalto rispondano ad uno stesso centro decisionale, tale circostanza è ritenuta di per sé sintomatica di un collegamento sostanziale tra le imprese (TAR Sicilia - Catania, Sez. III, 23 aprile 2012, n. 1089; TAR Lombardia - Milano, Sez. III, 9 marzo 2011, n. 674). In questo caso l'esclusione dalla gara è consentita e legittima indipendentemente dal riscontro dell'effettivo coordinamento delle offerte proposte, perchè la mera presentazione di offerte da operatori economici che appaiano collegati è considerata già di per sé idonea a turbare lo svolgimento della procedura, "alterando(...) la media a proprio beneficio" (si vedano sul punto Cons. Stato, Sez. VI, 27 luglio 2011, n. 4477; TAR Lombardia - Milano, Sez. III, 9 marzo 2011, n. 674, TAR Molise - Campobasso, Sez. I, 26 novembre 2010, n. 1516)2.

 

8. La giurisprudenza penale più recente tende anch'essa a escludere che il mero collegamento formale tra imprese costituisca di per sé collusione rilevante ai fini del delitto di turbativa d'asta: la prova di un collegamento formale tra le società partecipanti ad un appalto pubblico assume, piuttosto, rilevanza solo in quanto sintomatica di un collegamento sostanziale tra gli offerenti.

Si ritiene, infatti, che "la condotta dei legali rappresentanti di società formalmente diverse, ma che sostanzialmente costituiscono un solo centro di interessi, e che, al fine di avere più possibilità di vittoria, presentano differenti offerte ad una gara d'appalto" integri la fattispecie descritta all'art. 353 c.p. (così Cass. Pen., Sez. VI, 8 giugno 2010, n. 40831)3.

Centrale è quindi, anche per la giurisprudenza penale, la prova dell'esistenza di un collegamento sostanziale tra le imprese partecipanti all'appalto tale per cui queste possano essere considerate un unico centro di interesse: in tal caso, infatti, la giurisprudenza oggi presume, di fatto, la conoscenza da parte delle imprese collegate delle rispettive offerte e, quindi, la sussistenza di una collusione e di una turbativa dell'appalto, poiché, indipendentemente dal loro contenuto specifico, le offerte presentate da imprese ascrivibili ad un unico centro di interessi saranno state calibrate l'una sull'altra al fine di assicurarsi maggiori chance di aggiudicazione dell'appalto.

Se dunque costituiscono collusioni penalmente rilevanti per la consumazione del delitto de quo, nella giurisprudenza prevalente, "tutti gli accordi preventivi intervenuti tra i partecipanti alla gara sui contenuti specifici delle rispettive offerte, diretti a modificare, invalidandolo, il principio della libera concorrenza tra singoli soggetti giudici che partecipano in via autonoma alla gara", la presenza "di offerte formalmente diverse ma imputabili ad un unico centro di interessi" è ritenuta di per sé idonea a provare l'esistenza di siffatti accordi e quindi la turbativa della gara (così testualmente da ultimo Cass. pen., Sez. VI, 5 aprile 2012, n. 18161).

Parallelamente a quanto affermato dalla giurisprudenza amministrativa ai fini dell'esclusione dalla gara, la giurisprudenza penale prevalente non ritiene invece necessario accertare se, in concreto, le offerte presentate da imprese collegate siano effettivamente influenzate l'una dalle altre e, di conseguenza, se determinino un turbamento del normale svolgimento della gara d'appalto, tutte le volte che distinti operatori economici partecipanti alla procedura per la scelta del contraente appaiano, in base ad elementi sintomatici, far riferimento ad un centro di interessi unitario. Provato il collegamento sostanziale, la gurisprudenza penale presume, quindi, automaticamente anche il collegamento delle offerte, senza possibilità di prova contraria.

 

9. La sentenza del Tribunale di Milano è dunque di particolare interesse perché, alla luce della giurisprudenza comunitaria richiamata, sembra aggravare l'onere probatorio normalmente richiesto alla pubblica accusa dalla giurisprudenza prevalente al fine di dimostrare l'esistenza di un collegamento societario sintomatico della presentazione di offerte idonee ad influenzare l'esito del procedimento amministrativo per la scelta del contraente, e quindi idonee a realizzare, almeno in forma tentata, del delitto di turbativa d'asta.

Infatti, secondo il Giudice di merito, non solo "la falsa dichiarazione inerente il collegamento o la partecipazione tra imprese non costituisce (...) di per sé mezzo fraudolento idoneo a turbare la concorrenza tra le offerte ai sensi dell'art. 353 c.p.", ma sono altresì reputate necessarie, al fine di dimostrare l'integrazione del reato, tanto "la prova concreta della commistione di gestione tra i vari soggetti giuridici", quanto la prova concreta della "alterazione delle offerte in conseguenza del collegamento".

 

 

 

1 Le associazioni temporeanee di imprese (a.t.i.), sono raggruppamenti temporanei di operatori economici concorrenti i quali, al fine di partecipare collettivamente ad una gara di appalto, sommando le proprie caratteristiche operative, la propria capacità economica nonché la propria storia di partecipazione a gare d'appalto per l'affidamento di contratti pubblici, conferiscono mandato collettivo con rappresentanza ad una delle imprese associate (mandataria) la quale dialoga con la stazione appaltante in nome e per conto dei mandanti (art. 34, comma 1, lett. d) d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163 (Cod. Contr. Pubb.) (per una sintetica disamina dell'istituto si veda F. Caringella, Manuale di diritto amministrativo, 2012, p. 1571 ss.).

2 Va rilevato, tuttavia, come gli elementi ritenuti effettivamente sintomatici del ricorrere di un collegamento sostanziale rilevante siano individuati in modo stringente dalla giurisprudenza amministrativa. Si considera, ad esempio, insufficiente a dimostrare l'esistenza di un collegamento sostanziale l'intreccio di partecipazioni in società collegate tra parenti anche qualora accompagnata dalla presentazione delle buste contenenti le offerte nella stessa data e con allegate polizze fideiussorie contratte con la stessa Compagna di assicurazione, anche qualora le offerte presentate siano graficamente simili e portino l'indicazione dei medesimi legali in caso di contenzioso, sempre che la coincidenza di tali elementi sia altrimenti giustificabile (così Cons. Stato, Sez. VI, 6.09.2010, n. 6469, in DeJure).

3 Si ritiene, ad esempio, esistente un unico centro di interessi laddove società formalmente distinte non solo siano partecipate da soggetti legati da vincoli di parentela ma abbiano anche conti correnti bancari e dipendenti comuni (così Cass. Pen., Sez. VI, 8 giugno 2010, n. 40831, DeJure).