ISSN 2039-1676


18 marzo 2014 |

L'Audiencia Nacional spagnola ordina l'arresto di Jang Zemin e di altri quattro dirigenti cinesi in base al principio della giurisdizione universale

Nota ai mandati di arresto spagnoli del 10.02.2014 nei confronti dell'ex Presidente cinese e altri, ai sensi dell'art. 23 co. 4 della Legge Organica sul Potere Giudiziale del 1985, come riformulata nel 2009 (ed oggi in corso di modifica di fronte al Parlamento spagnolo).

1. Il 10 febbraio scorso il giudice Ismael Moreno, magistrato istruttore presso l'Audiencia Nacional di Madrid, ha emesso cinque mandati internazionali di arresto (artt. 503 e ss. della Ley de Enjuiciamiento Criminal spagnola) per genocidio, tortura e crimini contro l'umanità contro Jang Zemin, ex Presidente della Cina, Li Peng, ex Primo Ministro, Qiao Shi, Capo dei Servizi di Sicurezza, Chen Kuiyuan, ex segretario del Partito Comunista nella Regione Autonoma del Tibet e Peng Peiyun, Ministro della Pianificazione Familiare negli anni 90.[i] I mandati sono stati adottati in esecuzione all'ordine impartito il 18 novembre 2013 dalla Quarta Sezione della Sala de lo Penal della stessa Audiencia Nacional.[ii]

Sebbene la notizia abbia ben presto fatto il giro del mondo, il contenuto ufficiale dei mandati di arresto non è stato ancora reso pubblico. Secondo la procedura spagnola, il testo ufficiale di un mandato internazionale di arresto viene inviato dal giudice responsabile al Ministero dell'Interno iberico con la richiesta di trasmetterlo all'Interpol. Copia viene di prassi trasmessa anche al Ministero di Giustizia spagnolo. Attualmente, dunque, i mandati di arresto si trovano presumibilmente nella disponibilità del Ministero dell'Interno spagnolo e dell'Interpol.

Stante l'indisponibilità dei mandati, sono preziose le informazioni fornite dalle due organizzazioni non governative che, fin dal 2005, hanno avviato il procedimento, presentando, in qualità di querellante público (o acusador popular), una acción popular nei confronti di soggetti apicali degli apparati di sicurezza e di taluni alti funzionari dello Stato cinese per fatti di reato commessi in Tibet.

Ogni cittadino spagnolo può utilizzare lo strumento della c.d. acción popular (art. 125 della Cost.). Il codice di procedura penale spagnolo consente al singolo, persona fisica o giuridica, in veste di querellante publico (o acusador popular), di denunciare alle competenti autorità la presunta commissione di reati, ivi compresi i crimini internazionali (artt. 270 e 272 c.p.p.) e di intervenire nel relativo procedimento. Viceversa, la vittima (o anche la persona offesa, come un prossimo parente) può denunciare la perpetrazione del reato mediante il diverso strumento della querela "privata" (querella privada). I querelanti privati (anche detti acusadores particulares) possono anche non avere cittadinanza spagnola (art. 270 c.p.p.), come avvenuto nei famosi casi avviati nei confronti di Pinochet, Scilingo, Castro, ed altri.

Le organizzazioni non governative, con sede a Madrid, che hanno esercitato l'azione popolare, alla base della complessa vicenda poi confluita nei mandati di arresto, sono il Comité de Apoyo al Tibet (CAT)[iii] e la Fundación Casa del Tibet[iv]. Rappresentante legale del primo, ed autore materiale della querella a fondamento dell'intera vicenda, è il Prof. José Elías Esteve, docente all'Università di Valencia e segretario dell'Instituto de Derechos Humanos presso il medesimo ateneo.[v]

Ciò che tuttavia ha consentio all'Audiencia Nacional di esercitare la propria giurisdizione, a seguito della riforma del 2009, è stata la presenza, in veste di acusador particular, di tale Thubten Wangchen, sacerdote Lama, direttore della Fundación Casa del Tibet e membro del Parlamento Tibetano in esilio. Thubten Wangchen aveva denunciato alle autorità spagnole il massacro di un milione e duecentomila tibetani durante l'invasione cinese in Tibet del 1959. Tra le vittime figurava anche la madre del querelante. Quel che più rileva, però, non è la natura di persona offesa dal delitto, in capo a Wangchen, quanto la sua cittadinanza spagnola. A seguito della riforma del 2009 sono state infatti imposte significative limitazioni al potere, da parte delle autorità spagnole, di esercitare la giurisdizione universale su presunti crimini internazionali. Sono state inserite, nel testo dell'art. 23 co. 4 della Legge Organica sul Potere Giudiziario del 1985, diverse condizioni alternativamente necessarie per tale esercizio: una di queste è la nazionalità spagnola della/e vittima/e (principio di personalità passiva). La cittadinanza spagnola di Wangchen ha dunque consentito, dopo che nel 2010 le autorità avevano archiviato la vicenda, di rendere ammissibili nuovamente le querellas e di arrivare all'emissione dei mandati di arresto in commento.

Secondo il Comité de Apoyo al Tibet, i giudici avrebbero valorizzato i diversi ruoli e le diverse responsabilità dei soggetti denunciati nei fatti oggetto del procedimento.

Più precisamente, Jang Zemin, ex Presidente della Cina, Segretario del Partito Comunista Cinese e massima autorità nell'Esercito Popolare di Liberazione, avrebbe una responsabilità per i fatti denunciati che risale al periodo immediatamente successivo al massacro di Tiananmen, quando nel giugno del 1989 egli venne nominato Segretario Generale del Partito nonché Presidente della Commissione Militare Centrale.

Li Peng era invece Primo Ministro durante la repressione in Tibet della fine degli anni 80 e dell'inizio degli anni 90. E' importante notare, come evidenziato dalla relazione degli esperti della Human Rights Law Foundation, che nel 1990 l'allora premier Li Peng avrebbe annunziato ufficialmente che le politiche di pianificazione familiare in Tibet non avrebbero più dovuto essere solo quantitative, ma anche "qualitative". Sempre secondo il Comité de Apoyo al Tibet, egli avrebbe detto che il controllo delle nascite sarebbe stato effettuato per migliorare la qualità della popolazione e non solo per limitare il numero delle nascite.

Qiao Shi era Responsabile della Sicurezza e Capo della Polizia Popolare Armata durante la repressione della fine degli anni 80. Sebbene Qiao Shi venga spesso ricordato più per il suo presunto ruolo nel massacro di Tiananmen del giugno 1989, quasi un anno prima avrebbe già agito crudelmente nei confronti di manifestanti tibetani a Lhasa, chiamando "ribelli" i manifestanti, e dicendo che il Governo avrebbe adottato una politica di repressione spietata, fatto che sarebbe confermato dalla perizia compiuta dagli esperti della International Campaign for Tibet (ICT).

Ancora, Chen Kuiyan, Segretario del Partito Comunista Cinese nella Regione Autonoma del Tibet negli anni 1992-2001, avrebbe avuto un ruolo di primo piano nelle sparizioni di soggetti tibetani. Spiega il Comité de Apoyo al Tibet che il report consegnato all'Audiencia da Kate Saunders, Direttrice del settore Comunicazione dell'ICT, dimostra come, proprio durante il mandato di Kuiyan, le sparizioni aumentarono notevolmente, anche a seguito dei cambiamenti intervenuti nella gestione dell'amministrazione penitenziaria del 1994. Kuiyan avrebbe inoltre identificato nel buddhismo la radice da cui derivano le spinte secessioniste, fomentate dal Dalai Lama, e avrebbe detto che i monaci i quali non avessero proceduto a conformarsi alla "religione socialista" sarebbero stati severamente puniti.

Peng Pelyun, infine, Ministro della Pianificazione Familiare negli anni 90, sarebbe accusata di aver imposto le politiche del Ministero della Pianificazione Familiare nella Regione Autonoma del Tibet non al fine, come accade per la nota politica cinese del "figlio unico", di contribuire alla risoluzione del problema di sovrappopolazione nello Stato, ma con lo scopo di ridurre la popolazione di tibetani in quanto specifico gruppo etnico e religioso.

 

2. Il problema forse più rilevante per il caso che qui interessa, crocevia tra diritto sostanziale e diritto processuale, è quello della identificazione delle condizioni legittimanti l'esercizio della giurisdizione universale da parte del giudice spagnolo in presenza di crimini internazionali ovunque e da chiunque commessi.

A tale scopo, punto di partenza obbligato è l'art. 23 co. 4 della Legge Organica sul Potere Giudiziario del 1985. Tale previsione attribuisce ai magistrati spagnoli giurisdizione sui crimini internazionali, a patto che siano rispettate certe condizioni.

Alla data della sua entrata in vigore, la prescrizione prevedeva una giurisdizione universale "assoluta" sui crimini internazionali. Il co. 4 dell'art. 23, infatti, autorizzava i giudici spagnoli ad indagare, perseguire e giudicare i crimini tassativamente elencati nella norma, ovunque consumati, a prescindere dalla nazionalità dell'autore e delle vittime, sulla base del mero riscontro del pregiudizio arrecato dalle fattispecie concrete agli interessi della comunità internazionale, globalmente intesa. Si trattava dunque di un criterio fondato unicamente ratione materiae, considerato il catalogo di reati ivi descritto.

La disciplina è però andata incontro a profondi mutamenti a seguito dell'adozione della Legge Organica n. 1 del novembre 2009, che emendava l'art. 23 co. 4 della Legge del 1985. Oggi infatti il testo della norma appare arricchito con le seguenti disposizioni, che seguono il catalogo di delitti, anche commessi all'estero, sui quali sussiste giurisdizione del giudice spagnolo: "(...) Senza pregiudizio per quanto disposto dai trattati e dalle convenzioni internazionali sottoscritti dalla Spagna, perchè i Tribunali spagnoli possano conoscere dei descritti delitti occorre accertare che i presunti responsabili si trovino in Spagna o che ci siano vittime di nazionalità spagnola, o constatare un collegamento rilevante con la Spagna, e in ogni caso che, in altro Stato competente o dinanzi ad un Tribunale internazionale, non siano stati avviati procedimenti che presuppongano effettive indagini ed effettivo esercizio dell'azione penale sui medesimi fatti punibili. I procedimenti penali avviati dinanzi alla giurisdizione spagnola devono essere dichiarati provvisoriamente interrotti quando si constati l'inizio di altro processo sui fatti denunciati nello Stato o dinanzi al Tribunale di cui al precedente periodo." [vi]

Come può facilmente evidenziarsi, a partire dal novembre 2009, non esiste più in Spagna una giurisdizione universale assoluta. Il giudice è tenuto a subordinare il suo potere di cognizione (sulla presunta consumazione di uno dei crimini internazionali elencati all'art. 23 co. 4) alla verifica alternativa: 1) di un criterio di personalità passiva (tutte o alcune delle vittime sono soggetti aventi nazionalità spagnola), 2) di un criterio di personalità attiva (il presunto autore o i presunti autori sono soggetti aventi nazionalità spagnola), 3) di un legame di "rilevante connessione" tra il crimine e la Spagna, o, infine, 4) della presenza di un trattato o di un patto internazionale firmato dalla Spagna che renda obbligatoria la repressione di determinati crimini (come nel caso delle gravi violazioni di cui alle Convenzioni di Ginevra). Occorre inoltre che il giudice spagnolo accerti l'assenza di procedimenti "effettivi" sui medesimi fatti intrapresi da Paesi diversi dalla Spagna, con conseguente obbligo di sospensione allorchè si abbia notizia di indagine o azione penale già altrove avviate.

Quanto alla questione della retroattività di questa modifica, il 27 ottobre 2010, proprio con riferimento alla presunta commissione di crimini internazionali in Tibet, l'adunanza plenaria della Audiencia Nacional, Sala de lo Penal, aveva dichiarato la necessaria archiviazione di tutti i procedimenti aperti prima del 4 novembre 2009, data di entrata in vigore dell'emendamento all'art. 23 co. 4, salvo che gli stessi non avessero soddisfatto già le nuove condizioni richieste dalla versione modificata della disposizione.[vii] La stessa Plenaria, sempre a maggioranza, aveva rifiutato di sottoporre al Tribunale Costituzionale la questione della legittimità del novellato art. 23 co. 4.[viii]

Tre dei diciotto giudici della Plenaria avevano firmato, però, una opinione dissenziente, nella quale argomentavano la natura non meramente processuale della riforma, disciplinando la stessa una modalità di esercizio del diritto costituzionalmente garantito di accesso alla giustizia, dunque concludendo per la non applicabilità del principio tempus regit actum bensì per un divieto di retroattività.[ix]

Con specifico riferimento al caso di specie, la maggioranza dei giudici aveva affermato che non sussisteva alcuna violazione di trattati internazionali firmati e ratificati dalla Spagna ed, in particolare, della Convenzione sul Genocidio. Quest'ultima, infatti, ad avviso dei magistrati, vincola gli Stati Parte solo a punire gli atti di genocidio commessi sul proprio territorio, non imponendo l'esercizio della giurisdizione universale in seguito a denunce di fatti commessi altrove.[x]

I tre giudici dissenzianti, viceversa, avevano opinato per una diversa interpretazione della Convenzione, contenente un implicito rinvio al principio di giurisdizione universale, specie laddove imponeva la protezione, per via giudiziaria, delle vittime dei presunti atti di genocidio.[xi] Una argomentazione similare, quanto alla violazione di vincoli provenienti da norme di diritto internazionale pattizio e consuetudinario, era stata dai tre giudici formulata con riguardo alla necessaria repressione dei crimini contro l'umanità.

Quanto, infine, al peculiare crimine di guerra del trasferimento, ad opera della potenza occupante (nel caso di specie la Cina), di parte dei propri cittadini all'interno del territorio occupato (nella fattispecie il Tibet), i tre giudici dissenzienti ritenevano la giurisdizione spagnola in virtù dell'art. 23 co. 4 lett. (h), in combinato disposto con l'art. 49 della IV Convenzione di Ginevra (che elenca alcune tra le c.d. gross violations).[xii]

Questo fondamentale intervento, seppur a maggioranza, della Plenaria dell'Audiencia ha chiarito che i tribunali spagnoli potranno continuare a ricevere e conoscere di fatti costituenti crimini internazionali commessi fuori dal territorio spagnolo solo se le vittime siano cittadini spagnoli e sempre che non vi siano altri procedimenti, nazionali o internazionali, sulle medesime allegazioni.

 

3. Occorre ora riassumere le tappe processuali della vicenda, avviata il 28 giugno 2005 con la presentazione della denuncia che ha condotto all'emissione dei mandati di arresto.

Il 10 gennaio 2006, il giudice istruttore presso l'Audiencia Nacional (e precisamente il secondo Juzgado Central de Instrucción della quarta sezione della Sala de lo Penal dell'Audiencia) aveva dichiarato l'ammissibilità dell'acción popular promossa dal Comité de Apoyo al Tibet e dalla Fundacion Casa del Tibet contro l'ex Presidente Zemin, l'ex Primo Ministro Li Peng e altri tre ex-dirigenti cinesi, ritenuti responsabili di atti qualificabili come genocidio e crimini contro l'umanità, incluso l'assassinio ed il trasferimento di oltre un milione di persone, a partire dalla invasione cinese della provincia autonoma tibetana nel 1950.[xiii]

La denuncia era stata in un primo momento respinta, in data 5 settembre 2005, sulla scorta degli argomenti già utilizzati dal Tribunal Supremo spagnolo nella sua decisione del febbraio 2003[xiv], riguardante i crimini commessi in Guatemala. In quella pronuncia il Tribunale aveva deciso che la giurisdizione extraterritoriale potesse esssere esercitata soltanto qualora fosse riconosciuta l'esistenza di un collegamento diretto tra il crimine e la Spagna, quale il vincolo di personalità attiva o passiva, ovvero la presenza di un interesse nazionale iberico nella vicenda concreta, od anche la vigenza di un trattato internazionale che consentisse alla Spagna l'esercizio della giurisdizione universale.

Tuttavia, appena tre settimane dopo il rigetto della denuncia sul Tibet, in data 26 settembre 2005, il Tribunal Constitucional[xv] ribaltò la pronuncia del Tribunal Supremo, ribadendo la non necessità di un legame diretto col crimine internazionale, considerata l'inequivocabile lettera dell'art. 23 co. 4 della Legge Organica del 1985, come allora formulata. Il Tribunale Costituzionale sottolineò che, nella norma, non esistesse restrizione alcuna all'esercizio della giurisdizione universale, salvo il vincolo della res iudicata. Le limitazioni dettate dal Tribunale Supremo erano da considerarsi contra legem, e perciò costituzionalmente inammissibili. Il medesimo orientamento venne poi ribadito dal Tribunale Costituzionale con pronuncia n. 227 del 2007.

Fondandosi sulla decisione del Tribunale Costituzionale, l'Audiencia Nacional anzitutto verificò se i fatti descritti nella denuncia presentassero le caratteristiche del delitto di genocidio così come tipizzato nella legge spagnola, valorizzando la sistematicità degli atti di discriminazione compiuti avverso la popolazione tibetana e concludendo così per un riscontro prima facie del crimine. Successivamente l'Audiencia procedette all'esame dell'eventuale compresenza di un procedimento penale imbastito dallo Stato territoriale o da un tribunale penale internazionale, in conformità a quanto anche previsto dall'art. 6 della Convenzione del 1948 sul Genocidio, concludendo negativamente sul punto. L'attività investigativa sui fatti allegati ebbe inizio nel 2006 e per tre anni procedette senza incidenti. Come illustrato, tuttavia, nel novembre 2009 intervenne la modifica dell'art. 23 co. 4, sulla giurisdizione universale, ad opera della Legge Organica n. 1.

La Plenaria n. 20 dell'Audiencia Nacional del 27 ottobre 2010, confermando in sede di appello (e a maggioranza) la decisione del giudice istruttore, dichiarò l'insussistenza di alcuno dei nuovi criteri che vincolano l'esercizio della giurisdizione universale da parte del magistrato istruttore spagnolo e dunque chiuse l'indagine sui crimini perpetrati in Tibet.[xvi]

L'inchiesta potè riaprirsi nel 2013, grazie alla presenza di un soggetto che possedeva cittadinanza spagnola, tale Thubten Wangchen. Costui, agendo in veste di acusador particular, aveva allegato la sua querela (privata) a quella (pubblica o popolare) delle organizzazioni non governative ritenendosi, persona direttamente offesa dai crimini perpetrati dalle autorità cinesi in Tibet sin dagli anni 50. La madre del Wangchen, incinta, era infatti deceduta nel 1958 in un campo di lavoro cinese quando egli aveva quattro anni ed, a seguito di questa tragica perdita, il padre aveva deciso di emigrare in Nepal assieme a lui.

L'Audiencia Nacional prese atto, nel novembre 2013, della ricorrenza della condizione della "personalità passiva", come formulata nella attuale (e precaria, stante l'esame al Senato del nuovo progetto di riforma già approvato al Congresso, cf. infra post-scriptum) formulazione dell'art. 23 co. 4.

I mandati sono stati spiccati a seguito dell'accoglimento del ricorso, presentato dai querellantes publicos e dall'accusador particular, avverso l'archiviazione decisa la scorsa primavera da parte del Giudice Istruttore dell'Audiencia, su richiesta del competente Pubblico Ministero (Ministerio Fiscal). Dopo l'udienza per il ricorso, tenuta lo scorso 29 luglio, la quarta sezione della Camera de lo Penal dell'Audiencia ha riconosciuto la validità degli argomenti, ed ammesso le fonti di prova, presentate dai querelanti. La decisione della Camera Penale dell'Audiencia si fonda sulle indagini svolte dal Giudice Istruttore competente (Juzgado Central de Instrucción) e compiute a partire dal gennaio 2006, a seguito della prima denuncia. Un ampio volume di prove documentali, dichiarazioni peritali, escussione di vittime e testimoni diretti hanno indotto, questa volta, la quarta sezione della Sala de lo Penal dell'Audiencia a ritenere che prima facie sussistano indizi in ordine alla participazione dei soggetti denunciati ai fatti oggetto delle querele, e ad ordinare i cinque mandati di cattura, poi puntualmente spiccati dal giudice Moreno il 10 febbraio scorso.

 

Post-Scriptum (a cura di Giulio Vanacore e Chantal Meloni)

Proprio mentre stiamo pubblicando questa nota, e come diretta conseguenza delle pressioni del Governo cinese per la vicenda tibetana in commento, il Parlamento spagnolo sta discutendo una nuova riforma della legge sulla giurisdizione universale, su proposta del Partito Popolare di Rajoy, la cui ratio è una profonda limitazione dei poteri dell'Audiencia National. Il progetto di legge è già stato votato a fine febbraio al Congresso dei Deputati, con 178 voti favorevoli e 136 contrari: la legge passa ora al voto del Senato, previsto per i prossimi giorni. L'opposizione socialista ha già annunciato il ricorso alla Corte Costituzionale in caso di approvazione definitiva. Il testo proposto, che restringe, per la seconda volta in cinque anni, l'applicazione dell'art. 23 co. 4 della Legge Organica sul Potere Giudiziario, introduce una serie di ulteriori requisiti ai fini dell'attivazione della giurisdizione spagnola in materia di crimini internazionali. La riforma prevede, ai fini della procedibilità in Spagna, che i presunti responsabili dei crimini internazionali quali i crimini di guerra, crimini contro l'umanità e genocidio siano cittadini spagnoli, stranieri abitualmente residenti in Spagna oppure stranieri presenti in Spagna la cui estradizione sia stata negata dalle autorità spagnole. La legge introduce inoltre forti limitazioni nei casi di denunce riguardanti il crimine di tortura, nel senso che la vittima debba essere cittadino spagnolo e debba esserlo stato ai tempi dei fatti denunciati. Dato il suo effetto retroattivo, la nuova legge comporterebbe la cessazione dei procedimenti già iniziati che non soddisfino queste condizioni e in particolare la revoca immediata dei mandati contro Jiang Zemin, Li Peng e gli altri tre ex dirigenti cinesi. Come avvertono le organizzazioni per i diritti umani, sono peraltro a rischio anche molti altri procedimenti importanti, instauratisi in Spagna negli ultimi dieci anni, quali: le indagini sulle torture subite da prigionieri di Guantanamo, sui presunti genocidi sahariano e guatemalteco, sul genocidio ruandese, nonché diversi casi di mutilazione genitale femminile e di narcotraffico. Sarebbe a rischio anche il procedimento sulla morte di Josè Couso (cameraman spagnolo ucciso a seguito dell'assalto condotto dai militari statunitensi contro l'Hotel Palestina a Bagdad, Iraq, l'8 aprile 2003).[xvii]


[i] Vedi http://politica.elpais.com/politica/2014/02/10/actualidad/1392037936_946352.html.

[ii] I mandati di arresto in commento seguono, peraltro, la riapertura dell'inchiesta avverso l'ex Presidente cinese Hu Jintao, cessato dalla sua carica nel marzo del 2013. I giudici della Quarta Sezione della Camera Penale dell'Audiencia Nacional hanno accolto, il 10 ottobre dello scorso anno, l'appello presentato dal Comité de Apoyo al Tibet e dal direttore della Fondazione Casa del Tibet, Thubten Wangchen, contro la decisione, intervenuta lo scorso 11 giugno, del Giudice Istruttore dell'Audiencia di archiviare la querela presentata nel 2008 per denunciare la presunta responsabilità dell'ex Presidente per i crimini commessi in Tibet negli anni 80 e 90. Il 18 novembre 2013, la medesima data dell'ordine di adozione dei mandati di arresti qui esaminati, i giudici dell'Audiencia hanno pure intimato che Hu Jintao venisse reso edotto della acción popular a suo danno e lo hanno invitato a rispondere, tramite l'Ambasciata Cinese in Spagna, ad alcune domande circa le politiche sul Tibet espresse durante il suo mandato presidenziale.

[iii] Vedi, in lingua inglese, il sito http://www.tibetnc.org/2013/11/20/spains-audiencia-nacional-issues-international-arrest-warrants-against-five-chinese-authorities-accused-of-genocide-in-tibet/.

[iv] Vedi, in lingua spagnola, il sito  http://www.casadeltibetbcn.org/. Vedi in particolare, riguardo alla notizia della deliberazione della Sala, http://www.casadeltibetbcn.org/ca/comunicado-de-prensacat-la-audiencia-nacional-ordena-dictar-ordenes-de-arresto-internacional-contra. Sono inoltre disponibile, sullo stesso sito, nella sezione Notices, una serie di aggiornamenti sulla vicenda, in particolare riguardanti le reazioni delle autorità cinesi alla notizia dei mandati e, da ultimo, un intervento del quotidiano El Pais, secondo il quale il Parlamento spagnolo, su impulso dell'Esecutivo di Rajoy, starebbe per adottare una seconda riforma dell'art. 23 co. 4 della Legge sull'Ordinamento Giudiziario iberico del 1985 al fine di impedire la prosecuzione del procedimento in parola e di vincolare, pro futuro, qualsiasi azione giudiziaria atta a reprimere la presunta commissione di crimini internazionali ad una previa autorizzazione dell'Esecutivo. Confronta al proposito http://www.casadeltibetbcn.org/ca/rtve-el-congreso-limita-la-justicia-universal-con-los-unicos-votos-favor-del-pp, disponibile anche in lingua inglese. La riforma è, alla data in cui si scrive, già stata approvata dal Congreso. Vedi infra nota xvii..

[v] Vedi, in lingua spagnola, il sito http://www.casadeltibetbcn.org/ca/las-provincias-la-querella-de-un-profesor-de-la-uv-desata-una-crisis-con-china. Sul sito si afferma che "il Professore calcola che più di un milione di persone siano state trucidate in Tibet negli anni 50 ed incolpa i personaggi politici cinesi cui vengono indirizzati i mandati per le morti intervenute tra il 1980 ed il 2004".

[vi] Il comma completo recita: "(...) Igualmente, será competente la jurisdicción española para conocer de los hechos cometidos por españoles o extranjeros fuera del territorio nacional susceptibles de tipificarse, según la ley española, como alguno de los siguientes delitos: (a) Genocidio y lesa humanidad. (b) Terrorismo. (c) Piratería y apoderamiento ilícito de aeronaves. (d) Delitos relativos a la prostitución y corrupción de menores e incapaces. (e) Tráfico ilegal de drogas psicotrópicas, tóxicas y estupefacientes. (f) Tráfico ilegal o inmigración clandestina de personas, sean o no trabajadores. (g) Los relativos a la mutilación genital femenina, siempre que los responsables se encuentren en España. (h) Cualquier otro que, según los tratados y convenios internacionales, en particular los Convenios de derecho internacional humanitario y de protección de los derechos humanos, deba ser perseguido en España. Sin perjuicio de lo que pudieran disponer los tratados y convenios internacionales suscritos por España, para que puedan conocer los Tribunales españoles de los anteriores delitos deberá quedar acreditado que sus presuntos responsables se encuentran en España o que existen víctimas de nacionalidad española, o constatarse algún vínculo de conexión relevante con España y, en todo caso, que en otro país competente o en el seno de un Tribunal internacional no se ha iniciado procedimiento que suponga una investigación y una persecución efectiva, en su caso, de tales hechos punibles. El proceso penal iniciado ante la jurisdicción española se sobreseerá provisionalmente cuando quede constancia del comienzo de otro proceso sobre los hechos denunciados en el país o por el Tribunal a los que se refiere el párrafo anterior."

[vii] Indagini preliminari (Diligentias previas) n, 242 del 2008, Plenaria dell'Audiencia Nacional, Sala de lo Penal, Madrid, n. 20 del 27 ottobre 2010, considerazione in diritto n. 2.

[viii] Plenaria n. 20/2010, considerazione in diritto n. 4.

[ix] Per un'analisi di questi argomenti, vedi B. Feijoo Sanchez, 'El Principio de Justicia Universal en el Derecho Penal Espanol tras la Reforma mediante la LO 1/2009: Comentario Crìtico al Auto del Pleno de la Sala de lo Penal de la Audiencia Nacional de 27 de Octubre de 2010 ('Caso Tibet') y al Voto Particular que Formulan Tres Magistrados', 788 Revista para el Anàlisis del Derecho (2011), pp. 32-34.

[x] Considerazione in diritto n. 3 della decisione n. 20 del 26 febbraio 2010.

[xi] Opinione seprata dissenziente del 5 novembre 2010, considerazioni in diritto nn. 1 e 2. Vedi ancora B. Feijoo Sanchez, cit., pp. 29-31.

[xii] Considerazione in diritto n. 6.

[xiii] Juzgado Central de Instrucción n. 2, Audiencia Nacional, Seccion Cuarta de la Sala de lo Penal, decisione del 10 gennaio 2006, Rollo de Apelación n. 196/05, disponibile in spagnolo su http://www.poderjudicial.es/search/doAction?action=contentpdf&databasematch=AN&reference=1006526&links=Tibet&optimize=20060126&publicinterface=true

[xiv] Tribunal Supremo, Sala de lo Penal, sentenza n. 327 del 25 febbraio 2003, Recurso de Casación n. 803/2001.

[xv] Tribunal Constitucional, sentenza n. 237 del 26 settembre 2005.

[xvi] Per il testo della sentenza, vedi, in lingua spagnola, http://www.poderjudicial.es/search/doAction?action=contentpdf&databasematch=AN&reference=6203427&links=Tibet&optimize=20111205&publicinterface=true.

[xvii] Si veda sul punto da ultimo http://politica.elpais.com/politica/2014/02/27/actualidad/1393506563_058965.html.