Una norma ad efficacia temporanea, e di applicazione assai circoscritta, ha chiamato la Corte ad una riflessione di sicuro rilievo generale, a proposito del sistema delle fonti e della evenienza, assai frequente, di modifiche sostanziali nel passaggio dal decreto-legge alla legge di conversione.
In sintesi, dopo il terremoto di L’Aquila, ed analogamente a quanto avvenuto in precedenza per calamità dello stesso genere, il Governo ha adottato provvedimenti urgenti per la sospensione dei procedimenti giudiziari e dei relativi termini, nonché per fronteggiare le ovvie difficoltà logistiche intervenute ad ostacolare le notifiche da effettuarsi nelle zone interessate.
A tale ultimo proposito, il comma 9 dell’art. 5 del decreto-legge n. 39 del 2009 aveva istituito uno speciale presidio presso la sede temporanea degli uffici giudiziari di L’Aquila, ed il comma successivo aveva stabilito che tutte le notificazioni destinate a soggetti residenti nelle zone interessate fossero effettuate, a pena di nullità, presso il presidio indicato. Una sorta di domiciliazione ex lege, operata in via esclusiva sulla base del luogo di destinazione dell’atto, quali che fossero la parte o l’autorità di provenienza della richiesta di notifica.
Il comma 10 è stato convertito, dalla legge n. 77 del 2009, con una modifica, per effetto della quale la relativa prescrizione è stata limitata agli «atti di competenza degli uffici giudiziari di L’Aquila». Come la Corte ha notato con la sentenza in commento, dietro l’apparenza di un intervento additivo si è celata una profonda riduzione di portata della norma derogatoria alle regole ordinarie in materia di notifica: non più tutti gli atti diretti nelle zone terremotate, ma, tra essi, solo gli atti provenienti dalla sede giudiziaria aquilana. Di qui un problema applicativo: quale regime per le notifiche provenienti da sedi giudiziarie diverse, effettuate secondo la disciplina del decreto-legge prima della relativa conversione?
Il quesito condiziona la rilevanza di una questione sollevata dal Tribunale di Pescara, ostile alla presunzione di conoscenza che sottenderebbe alla disciplina introdotta in via d’urgenza per le notifiche da effettuare nella zona terremotata. Quella disciplina, infatti, rileverebbe nel giudizio a quo solo se restasse valida (e non rinnovabile) una notifica effettuata secondo la porzione di norma non «convalidata» dalla legge di conversione. Il decreto-legge aveva consentito (anzi imposto) anche al Tribunale di Pescara il ricorso al «presidio», ma la stessa procedura non sarebbe stata consentita alla luce del testo successivamente modificato dalla legge di conversione. Il principio di inefficacia ex tunc delle norme d’urgenza non convertite, quindi, richiede una verifica di perdurante legittimità della notifica effettuata in applicazione della norma censurata.
Dichiarando inammissibile la questione, la Corte ha rimproverato al rimettente d’aver trascurato questa problematica. Anche mediante il richiamo ad un remoto precedente (la sentenza n. 51 del 1985), si è ribadito come al decreto-legge non convertito vada equiparato il «decreto […] convertito in legge con emendamenti che implichino mancata conversione in parte qua», e che nel caso di conversione con emendamenti spetta all’interprete stabilire se una data fattispecie consista nella conversione con modificazione della norma originaria o piuttosto nel rifiuto parziale di conversione. La seconda eventualità, che può essere integrata anche per implicito (ad esempio mediante una amputazione parziale della disposizione urgente), comporta l’inefficacia ab initio della norma non convertita, secondo il disposto del terzo comma dell’art. 77 della Costituzione.
Non può incidere, al proposito, la disposizione contenuta nel comma 5 dell’art. 15 della legge n. 400 del 1988, secondo cui «le modifiche eventualmente apportate al decreto-legge in sede di conversione hanno efficacia dal giorno successivo a quello della pubblicazione della legge di conversione, salvo che quest’ultima non disponga diversamente». Tale disposizione non regola l’efficacia intertemporale delle disposizioni del decreto-legge non convertite, e serve piuttosto a regolare l’efficacia della disposizione d’urgenza convertita, nella versione scaturente dal provvedimento di conversione.
Dunque – prosegue la Corte – dovrà di volta in volta stabilirsi se un emendamento implichi conversione con modifica della norma del decreto-legge (e dunque una disciplina valevole a far tempo dal giorno successivo alla pubblicazione della legge di conversione), o piuttosto un rifiuto parziale di conversione (e dunque l’inefficacia ab origine della porzione di norma non convertita).
Proprio la seconda soluzione era stata accreditata dalla Corte di cassazione relativamente ad una vicenda normativa analoga a quella oggi in esame, scaturita dai provvedimenti assunti nel 1997, dopo il terremoto dell’Umbria. Come accade di frequente per le inammissibilità dichiarate "su base interpretativa", la Consulta non ha preso aperta posizione nel senso dell'inefficacia originaria delle norme derogatorie non convertite, e della conseguente necessità di valutare le notifiche eseguite medio tempore secondo la disciplina ordinaria. L’effetto di accreditamento della soluzione, però, sembra indiscutibile.
V’è un altro passaggio che merita segnalazione nella sentenza in commento. Ad accreditare la rilevanza della propria questione, il rimettente aveva escluso la possibilità di ordinare la rinnovazione della notifica ex art. 420-bis c.p.p. (in base alla ritenuta probabilità che l’imputato non avesse avuto effettiva cognizione dell’atto pur ritualmente notificato). Infatti, ed in sostanza, la domiciliazione ex lege, proprio in quanto espressiva di una presunzione assoluta di conoscenza dell’atto da parte del destinatario, neutralizzerebbe l’applicabilità della norma prudenziale inserita nel codice di rito.
La Corte ha chiarito che la rinnovazione della notifica valida nei casi di probabile o sicuro fallimento della sua funzione comunicativa è sempre applicabile, quale che sia il procedimento legale seguito, nel caso concreto, per la relativa effettuazione. Quale che sia, di conseguenza, la logica astratta del ragionamento presuntivo sotteso alla procedura prescritta dalla legge.