ISSN 2039-1676


15 dicembre 2014 |

Sui criteri di sindacato della decisione del giudice di respingere la richiesta di giudizio abbreviato 'condizionato'

Cass., sez, VI pen., 11 luglio 2014 (dep. 24 novembre 2014), n. 48642, Pres. Di Virginio, Rel. Leo, ric. PG c. De Angelis e al.

1. Con la pronuncia in esame la Corte di cassazione torna a occuparsi, precisandone limiti e contenuti, del sindacato giurisdizionale sul provvedimento di rigetto della richiesta di giudizio abbreviato subordinata ad una integrazione probatoria; aspetto della disciplina, quest'ultimo, da sempre ritenuto spinoso per l'ovvia ragione che l'erronea esclusione dal rito speciale priva l'imputato, in caso di condanna, della riduzione premiale di un terzo della pena (art. 442 comma 2 c.p.p.).

Emblematico, in proposito, è il caso di specie approdato dinnanzi ai giudici di legittimità. La Corte di Assise d'Appello di Roma, nel riformare parzialmente la sentenza di condanna di primo grado, applica agli imputati la diminuente prevista dall'art. 442 comma 2 c.p.p., dal momento che reputa ingiustificato il rigetto della domanda dagli stessi presentata in udienza preliminare di ammissione al rito abbreviato condizionato all'assunzione di due testimonianze. A parere del giudice dell'appello, infatti, l'apporto probatorio offerto in dibattimento dai due testimoni (al cui esame era stata vincolata la richiesta di abbreviato) «si è rivelato decisivo», mentre «tutte le restanti acquisizioni erano già consolidate al momento dell'udienza preliminare», ragion per cui «il procedimento si sarebbe potuto validamente celebrare nelle forme dell'abbreviato condizionato con notevole risparmio di energia e di tempo».

Di contrario avviso rispetto a simile prospettazione è, invece, il procuratore generale presso la Corte di Assise d'Appello di Roma, per il quale la diminuente processuale in discorso è stata illegittimamente applicata, in virtù della seguente considerazione: l'esigenza degli imputati di acquisire, in contraddittorio, dichiarazioni di persone più volte sentite nel corso delle indagini preliminari e sottoposte a confronto, era stata motivata adducendo l'esistenza di «contraddizioni» tra i rispettivi narrati. Da qui, l'eccentricità della decisione del giudice dell'impugnazione - e la correttezza dell'operato del giudice originariamente destinatario della richiesta di abbreviato condizionato - visto che il supplemento istruttorio proposto, nella misura in cui mirava semplicemente a ripetere quanto già raccolto in fase preliminare, «non avrebbe recato alcuna novità sostanziale al quadro probatorio».

 

2. Nell'accogliere la doglianza del procuratore generale, la suprema Corte segue un percorso argomentativo che si sviluppa attraverso l'analisi di un duplice tema: da un lato, viene preso in esame il concetto di necessarietà dell'integrazione probatoria ai fini della decisione, dall'altro, una volta ricostruite le modalità di attivazione del controllo sul diniego di accesso al rito premiale, ci si sofferma sul criterio utile a misurare la fondatezza, o meno, della decisione reiettiva della richiesta condizionata di giudizio abbreviato.

Con riguardo al primo versante, va segnalato che la Corte ribadisce approdi ormai consolidati in giurisprudenza. Com'è noto, requisito di ammissibilità della richiesta subordinata ad una integrazione probatoria è che le prove indicate dall'imputato siano necessarie per decidere il merito della res iudicanda. Certo, tali prove devono essere anche compatibili «con le finalità di economia processuale proprie del procedimento» (art. 438 comma 5 c.p.p.) ma tale presupposto rappresenterebbe un falso problema, dal momento che, come si precisa nella pronuncia in commento, «qualunque atto istruttorio necessario è più "economico" quando assunto nel contesto del rito abbreviato», ribadendo un principio già affermato dalla Corte costituzionale (Corte cost., 9 maggio 2001, n. 115).

Diventa quindi comprensibile che il dibattito si sia incentrato sulla nozione di prova necessaria, tale dovendo intendersi - per pacifica giurisprudenza, evocata nella sentenza in commento - quella fornita dei caratteri di «decisività» e di «novità». Con l'ulteriore puntualizzazione, al fine di meglio delimitare il concetto di novum, che in tanto è ammissibile nel giudizio abbreviato l'assunzione a richiesta di parte di prove, in quanto le stesse siano integrative - idonee cioè a completare la piattaforma conoscitiva, allo stato degli atti insufficiente per la decisione - e non sostitutive del materiale già acquisito ed utilizzabile. Richiamando in proposito quanto stabilito dalla suprema Corte nel suo più alto consesso, si sottolinea come debba considerarsi necessario quel contributo istruttorio il cui valore probante risiede «nell'oggettiva e sicura utilità/idoneità del probabile risultato probatorio ad assicurare il completo accertamento dei fatti rilevanti nel giudizio», cosicché nessun aspetto rilevante della causa «rimanga privo di solido e decisivo supporto logico-valutativo» (Cass., Sez. Unite, 27 ottobre 2004, n. 44711, ric. Wajib).

Da queste premesse la Corte fa discendere il seguente corollario: è senz'altro possibile - com'è avvenuto nel caso di specie - per l'imputato chiedere il giudizio abbreviato subordinato all'escussione di persone già precedentemente sentite; ciò nondimeno, detta richiesta dovrà avere seguito solo nel caso in cui la prova dichiarativa verta su circostanze diverse e ulteriori rispetto a quelle oggetto della primigenia audizione (sia cioè nuova) e risulti indispensabile per l'accertamento di un profilo essenziale della regiudicanda che, altrimenti, rimarrebbe irrisolto (sia quindi decisiva).

 

3. Passando al secondo profilo d'indagine più sopra accennato, quello concernente le modalità con cui si svolge il sindacato sul rigetto della richiesta condizionata di giudizio abbreviato, va segnalato che la sentenza in commento pare distinguersi per una certa originalità, in particolare per quel che attiene al singolare approccio impiegato dai giudici di legittimità nel trattare del «criterio mediante il quale deve essere apprezzato il fondamento (o non) della decisione di rigetto della domanda condizionata».

Risulta, senza dubbio, conosciuto l'impianto messo a disposizione dal sistema processuale - risultato dell'impegno sinergico della Corte costituzionale (Corte cost., 23 maggio 2013, n. 169) e della Corte di cassazione (Cass., Sez. Unite, 27 ottobre 2004, n. 44711, cit.) - a presidio del rischio di errore nella valutazione di accessibilità al rito abbreviato e, a fortiori, a garanzia di un trattamento sanzionatorio attenuato per l'imputato che quell'alternativa processuale abbia scelto di attivare. Trattasi di meccanismo strutturato secondo un doppio livello di tutela. In prima battuta, è consentito all'imputato, che si sia visto rifiutare in udienza preliminare la propria richiesta condizionata, riproporre la stessa al giudice del dibattimento, prima della dichiarazione di apertura di tale fase, ben potendo questi, una volta stimato ingiustificato il rigetto della richiesta, disporre il giudizio abbreviato (Corte cost., 23 maggio 2013, n. 169). A questo iniziale controllo se ne aggiunge un altro. Nell'ipotesi in cui il suddetto diniego venga confermato in limine al dibattimento di primo grado o qui pronunciato per la prima volta (si pensi al giudizio abbreviato instaurato in sede di rito direttissimo, ex artt. 451 comma 5 e 558 comma 8 c.p.p., o nei procedimenti a citazione diretta, ex art. 555 comma 2 c.p.p.) è, infatti, prevista la possibilità per il giudice del dibattimento e per il giudice dell'appello - se investito della questione con specifico motivo di gravame - di rivalutare, alla luce dell'istruzione probatoria effettuata, il rigetto della richiesta di rito abbreviato e, rilevatane l'infondatezza, di applicare la decurtazione di un terzo sulla pena da irrogare (Cass., Sez. Unite, 27 ottobre 2004, n. 44711).

Così chiarito il funzionamento del sindacato giurisdizionale, il discorso si sposta, come più sopra ricordato, sul piano del criterio utilizzabile dal giudice del controllo onde poter sindacare l'uso della discrezionalità giudiziale in ordine alla sussistenza del requisito della necessità della prova integrativa richiesta dall'imputato. Il punto di partenza, quale ius receptum, è che il giudicante debba adottare la prospettiva della valutazione prognostica postuma ex ante, per cui la verifica della ricorrenza dei requisiti di decisività e novità - nei termini già precisati - andrà effettuata guardando alla situazione processuale nella quale l'apprezzamento negativo fu compiuto.  

Non si può tuttavia trascurare - prosegue la Corte - quanto affermato dalle Sezioni unite (Cass., Sez. Unite, 27 ottobre 2004, n. 44711) a proposito del sindacato esperibile all'esito del dibattimento, da condurre alla stregua di una valutazione ex post, cioè tenendo conto dei risultati dell'espletata istruzione dibattimentale (oltre che degli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero esibito a norma dell'art. 135 disp. att. c.p.p.).

Con ciò, si puntualizza in sentenza, le Sezioni unite non hanno però inteso ribaltare «il criterio di prognosi postuma in favore di un puro criterio "storico"», bensì semplicemente evidenziare come nel vagliare la fondatezza del rigetto del rito abbreviato condizionato all'assunzione di prove non si possano accantonare le conoscenze offerte dalla concreta assunzione delle prove stesse. Non può invece generarsi alcun automatismo tra l'esito dell'attività probatoria espletata in dibattimento e l'infondatezza del rigetto del rito abbreviato condizionato: tale rigetto, infatti, può rivelarsi giustificato quando il contributo della prova assunta in dibattimento sia stato rilevante, senza però che simile evenienza fosse pronosticabile e, di contro, ingiustificato laddove, a fronte di un esito probatorio irrilevante, fosse prevedibile il contrario.   

Icasticamente, quindi, la Corte stabilisce che «il concreto andamento dell'istruttoria dibattimentale concorre quale strumento di misurazione e verifica di ragionevolezza della decisione sindacata». Lasciare che possa farsi ricorso esclusivo al criterio storico vorrebbe dire non garantire adeguatamente l'imputato rispetto all'ingiustizia di vedersi escluso dal giudizio abbreviato in presenza di una domanda da giudicare fondata al momento della sua presentazione. Senza contare le ricadute sotto il profilo del rispetto della legalità nella determinazione della pena, poiché si dovrebbe considerare irragionevole la riduzione premiale operata a seguito dell'accoglimento di domande giustamente respinte al tempo in cui erano state avanzate e "illegale" la pena applicata senza lo sconto di un terzo previsto, disattendendo domande che andavano accolte.  

 

4. Facendo applicazione dei principi sopra riportati, la suprema Corte annulla senza rinvio la sentenza della Corte di Assise d'Appello di Roma limitatamente alla diminuente di cui all'art. 442 comma 2 c.p.p. che, pertanto, viene eliminata. La circostanza che il giudice dell'appello avesse condotto il vaglio sul rigetto della richiesta di abbreviato subordinata all'assunzione di prove dichiarative sulla base del solo criterio storico ha offuscato - a detta della Corte - il vero problema sotteso a tale sindacato, ovvero quello di «stabilire, ed adeguatamente dimostrare, se fossero state decisive le prospettazioni dibattimentali dei dichiaranti, e se un siffatto valore aggiunto fosse ragionevolmente prevedibile al tempo della richiesta condizionata di accesso al rito». Che il sapere di quei dichiaranti fosse decisivo nella ricostruzione dei fatti, era infatti fuor di dubbio. Del resto - annota la Corte - l'impiego del criterio storico indebolisce anche la tenuta della sentenza impugnata, nella misura in cui la decisività delle prove sub condicione «è stata solo enunciata, senza il minimo sintomo che si sia colta la necessaria distinzione tra decisività della prova nel suo complesso e decisività dell'assunzione rinnovata».