All’esito di un incontro tra le delegazioni della Corte EDU e della Corte di Giustizia dell’UE, avvenuto il 17 gennaio scorso a Lussemburgo, i Presidenti Costa (Corte EDU) e Skouris (Corte di Giustizia dell’UE) hanno ritenuto opportuno effettuare una dichiarazione congiunta in relazione all’applicazione della Carta dei Nizza da parte degli organi giurisdizionali dell’Unione, da un lato, e all’adesione della stessa Unione Europea alla CEDU, dall’altro. Hanno in particolare reputato utile assicurare immediata diffusione alla dichiarazione in commento, ribadendo il comune proposito di continuare il dialogo sulle questioni suddette, considerate “di notevole importanza per la qualità e la coerenza della giurisprudenza in materia di protezione dei diritti fondamentali in Europa”; questioni che, d'altra parte, sempre più spesso affiorano nella giurisprudenza ordinaria e costituzionale, anche nella materia penale.
Rispetto al primo punto – l’applicazione della Carta di Nizza, che ai sensi del nuovo art. 6 § 1 TUE ha ora “lo stesso valore giuridico dei trattati” – i Presidenti delle due Corti hanno evidenziato come essa sia diventata “il testo di riferimento e il punto di partenza per la giurisprudenza della Corte di Giustizia in materia di diritti fondamentali”, tanto da avere già trovato applicazione in oltre trenta sentenze rese dal supremo organo giurisdizionale dell’UE a partire dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona. Dal momento che, tuttavia, ai sensi dell’art. 52 § 3 della Carta, nel caso in cui la stessa “contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà fondamentali, il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta convenzione”, un’"interpretazione parallela" dei due strumenti potrebbe rivelarsi utile.
In merito al secondo punto – l’adesione dell’UE alla CEDU, sancita dall’art. 6 § 2 TUE – i Presidenti Costa e Skouris hanno ribadito come da tale adesione discenda la sottoposizione degli atti dell’UE al controllo della Corte EDU in merito al rispetto dei diritti e delle libertà garantiti dalla Convenzione europea.
Con riferimento al suddetto vaglio di compatibilità degli atti dell’UE con la CEDU, è tuttavia necessario distinguere due ipotesi.
In caso di ricorsi avverso atti delle istituzioni europee (“direct actions”), la condizione del previo esaurimento delle vie di ricorso interne di cui all’art. 35 § 1 CEDU imporrà al ricorrente di adire preliminarmente gli organi giurisdizionali dell’UE, e solo in seconda battuta la Corte EDU. Il controllo “esterno” della Corte EDU sarà, dunque, preceduto da quello “interno” della Corte di Giustizia dell’UE, e il principio di sussidiarietà sarà così salvaguardato.
Nel caso di ricorsi avverso atti adottati dalle istituzioni degli Stati membri in esecuzione degli obblighi imposti dal diritto dell’Unione (“indirect actions”), invece, il ricorrente dovrà rivolgersi prima alle magistrature dell’ordinamento nazionale interessato, le quali – ai sensi dell’art. 267 TFUE – potranno, e solo in certi casi dovranno, investire della questione la Corte di Giustizia dell’UE.
Nell’ipotesi in cui il rinvio pregiudiziale a quest’ultima non venga effettuato – ipotesi che i Presidenti Costa e Skouris ritengono meramente residuale, pur non potendola escludere – sarebbe opportuno introdurre una procedura rapida e flessibile (per la quale non è necessaria alcuna modifica della CEDU) per garantire che, anche in tale evenienza, il controllo “esterno” della Corte EDU segua (e non preceda) quello “interno” effettuato dalla Corte di Giustizia dell’UE, senza tuttavia subire irragionevoli ritardi.