ISSN 2039-1676


01 dicembre 2015 |

Un interessante provvedimento della giurisprudenza di merito sulla possibilità  per il consulente tecnico di assistere all'esame dei testimoni

Nota a Trib. Reggio Calabria, ord.  24 novembre 2015, Giud. Romeo

 

1. Con l'ordinanza in commento, il Tribunale di Reggio Calabria ha affermato il diritto del consulente di parte di trattenersi in aula durante l'esame dei testi.

Le difese degli imputati avevano argomentato la loro richiesta in tal senso evidenziando la diversa natura giuridica del consulente tecnico rispetto a quella del testimone, desumibile, in particolare, dagli artt. 468 c.p.p. e 149. disp. att. c.p.p., che distinguono nettamente le due categorie di soggetti. Inoltre, l'art. 501 c.p.p. prevede espressamente che all'esame dei periti e dei consulenti si applicano le norme relative all'esame dei testi solo in quanto compatibili, e tale clausola di compatibilità non si spiegherebbe se le due posizioni fossero del tutto sovrapponibili. Infine, le difese avevano fatto riferimento anche alla diversità tra le formule d'impegno previste per il consulente tecnico e per il testimone. 

Il pubblico ministero e la parte civile si erano opposti alla richiesta delle difese, invocando proprio quanto stabilito dall'art. 149. disp. att. c.p.p., secondo cui i testi, prima di essere sottoposti all'esame, non possono né assistere alle altre deposizioni, né comunicare con alcuna delle parti, con i difensori o con i consulenti tecnici.

 

2. Appare opportuno ricordare che la giurisprudenza di legittimità si è già espressa sul tema in questione, con due orientamenti.

In base a una pronuncia più recente, il consulente tecnico, prima del proprio esame, non potrebbe assistere all'istruttoria dibattimentale, in quanto la sua natura processuale sarebbe del tutto assimilabile a quella del testimone, con la conseguenza che si dovrebbe applicare anche a tale soggetto, integralmente, la disciplina di cui all'art. 149 disp. att. c.p.p.[1].

Secondo altre decisioni, invece, il diniego di autorizzazione al consulente di parte ad assistere all'esame dei testi nel corso del dibattimento darebbe luogo a una nullità di ordine generale a regime intermedio (da ritenersi quindi sanata se non dedotta immediatamente dopo la pronuncia della relativa ordinanza), in quanto tale provvedimento comprimerebbe indebitamente il diritto di assistenza dell'imputato[2].

 

3. Come anticipato, con l'ordinanza in commento il Tribunale, che nel percorso motivazionale dimostra consapevolezza di entrambi gli indirizzi appena esposti, opta per il secondo e afferma il diritto del consulente tecnico ad assistere all'esame dei testi.

Il Giudice, infatti, dichiara di condividere le argomentazioni difensive - ad eccezione di quella secondo cui il consulente tecnico ed il testimone presterebbero due dichiarazioni d'impegno diverse tra loro: il consulente di parte, per prassi costante nei tribunali, viene invitato a leggere la stessa formula prevista per i testi e non quella indicata dal Codice per i periti - e sottolinea l'innegabile diversità dei ruoli assunti nel processo dal testimone e dal consulente tecnico. Il primo è un soggetto estraneo ai fatti, di cui è venuto a conoscenza solo casualmente, che viene chiamato a rendere, per dovere di solidarietà, il proprio contributo conoscitivo; il consulente, invece, è necessariamente un soggetto non neutrale rispetto alla parte che assiste, con cui collabora in vista di una strategia difensiva il più efficace possibile. Tale diversità di ruoli è confermata dagli artt. 391-bis e 391-sexies c.p.p., che riconoscono al consulente tecnico il potere di conferire con le persone in grado di riferire circostanze utili ai fini delle indagini nonché di accedere ai luoghi per svolgere attività di documentazione.

Ciò premesso, per valutare l'applicabilità dell'art. 149 disp. att. c.p.p. anche al consulente, si deve quindi muovere dalla ratio posta alla base di tale disposizione, cioè quella di evitare che i testimoni, magari inconsapevolmente, siano portati ad allineare la propria narrazione della vicenda alle precedenti deposizioni. La stessa esigenza, però, non può dirsi sussistente in relazione ai consulenti, che non sono meri e occasionali spettatori dei fatti, bensì professionisti incaricati da una parte a svolgere indagini e accertamenti di tipo tecnico su una specifica questione, attinente alle loro competenze.

Alla luce di quanto detto, il Tribunale afferma quindi il principio secondo cui i consulenti tecnici devono ritenersi autorizzati ad assistere all'esame dei testi, dei periti e degli altri consulenti; detta facoltà, peraltro, è strumentale alle esigenze difensive, in quanto consente ai difensori di avvalersi del sapere dei consulenti nel corso dell'esame incrociato, specie nel caso in cui vengano in rilievo questioni di natura tecnica di particolare difficoltà. 

 

4. L'orientamento sposato dal Tribunale nell'ordinanza in commento appare certamente più condivisibile, in quanto coglie in pieno la natura ibrida del ruolo del consulente tecnico: da un lato, dalle sue dichiarazioni possono trarsi elementi di prova, e in ciò il consulente è assimilabile a un teste; da un altro, però, è innegabile che egli faccia contemporaneamente parte dell'ufficio di difesa[3].

D'altra parte, che il ruolo del teste e quello del consulente non siano completamente sovrapponibili si deduce da una pluralità di argomenti[4]. Innanzitutto, come rilevato dalle difese nel caso in esame, gli artt. 468 c.p.p. e 149 disp. att. c.p.p. distinguono nettamente le due posizioni; inoltre, l'art. 501 c.p.p. prevede espressamente la clausola di compatibilità di cui si è detto. Non solo, però: la stessa norma, al comma 2, stabilisce una prima differenza tra i due soggetti, nella parte in cui afferma che i consulenti hanno sempre la facoltà di consultare, nel corso della loro deposizione, documenti, note scritte e pubblicazioni, che possono essere acquisite dal giudice anche d'ufficio. Come osservato dal Tribunale, poi, per comprendere il ruolo del consulente tecnico nel processo penale rilevano certamente anche gli artt. 391-bis e 391-sexies c.p.p., in materia di indagini difensive[5].

Ma vi sono anche altri elementi da cui può dedursi una certa vicinanza tra il ruolo del consulente e quello del difensore: ad esempio, l'art. 103 c.p.p., al comma 2, c.p.p. vieta il sequestro di carte e documenti relativi all'oggetto della difesa non solo presso i difensori, ma anche presso i consulenti tecnici; il comma 5 dello stesso articolo impedisce l'intercettazione delle comunicazioni tra difensore e consulente nonché tra consulente e assistito; l'art. 200, co. 1, lett. b), c.p.p. accomuna la facoltà di eccepire il segreto professionale del consulente tecnico a quella del difensore. Infine, si deve ricordare che la Corte costituzionale aveva dichiarato l'illegittimità dell'art. 4, co. 2, l. 30 luglio 1990, n. 217, nella parte in cui limitava, per i consulenti tecnici, gli effetti dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato ai soli casi in cui era stata disposta una perizia[6]. La Consulta era giunta a tale conclusione proprio riconoscendo che la facoltà dell'imputato di farsi assistere da un consulente tecnico non costituisce altro che l'espressione del diritto di difesa.

L'interpretazione sistematica di tutte le norme citate fa comprendere la ragione per cui il consulente deve potere essere autorizzato ad assistere all'esame degli altri dichiaranti, che è quella di poter esplicare al meglio il suo ruolo (anche) difensivo, fornendo il proprio sapere tecnico al difensore nel corso della cross examination[7]. La bontà di tale soluzione sembra riscontrata anche da uno spunto di carattere comparativo: negli Stati Uniti, la rule 615 delle Federal Rules of Evidence, che disciplina l'istituto della separation (appunto, l'isolamento dei testimoni prima della deposizione) è considerata inapplicabile agli expert witnesses[8].

 

5. Volendo esprimere delle conclusioni di carattere più generale, si ritiene che consentire ai consulenti tecnici di assistere all'esame dei testi e dei periti nel corso del dibattimento costituisca un accorgimento necessario per garantire il pieno contraddittorio non solo "sulla", ma anche "per la" prova; e ciò sia dal lato soggettivo che da quello oggettivo[9]. Per quanto riguarda il primo aspetto, la presenza del consulente durante l'escussione dei testi fa sì che l'imputato, tramite il proprio team difensivo, possa affrontare nelle migliori condizioni possibili le prove a suo carico; in relazione al secondo, deve essere evidenziato come il contributo che può essere fornito dai consulenti nel corso dell'esame incrociato sia certamente idoneo a garantire un migliore accertamento dei fatti. I consulenti tecnici, infatti, potrebbero stimolare[10] tanto l'accusa quanto la difesa ad approfondire temi su cui altrimenti non si sarebbero soffermate, consentendo così agli stessi esperti di avere una piattaforma conoscitiva più ampia per poter svolgere le loro valutazioni. 

Tale duplicità di funzioni  conferma la natura ibrida e complessa del ruolo consulente tecnico: come detto, egli è in parte portatore di conoscenze all'interno del processo e in parte componente dell'ufficio di difesa.

 

 


[1] Cass., sez. III, 16 gennaio 2014, n. 10808, in C.e.d. Cass., Rv. 261495. Tra le sentenze di merito edite, nello stesso senso, Trib. Milano, sez. IX, ord. 9 marzo 2004, Pres. Conforti, imp. X, in Foro Ambr., 2004, p. 358; Ass. Rovigo, 28 dicembre 1992, Pregnolato, in Giust. pen., 1993, III, c. 291 

[2] Cass., sez. III, 9 giugno 2009, n. 35702, in Cass. pen., 2010, p. 3133; conforme Cass., sez. III, 13 maggio 2009, n. 25992, in C.e.d. Cass., Rv. 243912, relativa a un caso in cui era stato negato al consulente della difesa di assistere all'esame della persona offesa minorenne, vittima di abusi sessuali, avvenuto nel corso di un incidente probatorio. Nella giurisprudenza di merito deve essere segnalata, per la profondità con cui viene affrontato l'argomento, Corte militare App. Verona, 24 maggio 2004, Pres. Diana, imp. Giannuzzi, in Riv. it. dir. proc. pen., 2005, p. 1259.

[3] In questo senso, in particolare in relazione alla consulenza tecnica extraperitale, C. cost., 19 febbraio 1999, n. 33, in Giur. cost., 1999, pp. 251 e ss.

[4] Per buona parte delle argomentazioni che seguono, diversi spunti sono stati tratti da M. Bazzani , Il consulente estromesso: tra obblighi di verità e diritto di difesa, in Riv. it. dir. proc. pen., 2005, p. 1271; M. Rossi, L'estromissione del consulente tecnico: riflessioni sul ruolo dell'esperto della difesa fuori dei casi di perizia, in Cass. pen., 2010, p. 4242. Più in generale, sul ruolo e sulla natura del consulente di parte, si veda R.E. Kostoris, I consulenti tecnici nel processo penale, Milano, 1993.

[5] Non sembra superfluo notare che tali norme sono state introdotte dalla l. 16 dicembre 2000, n. 397, che ha portato ad un notevole passo in avanti in materia di contraddittorio tecnico-scientifico (C. Conti, Iudex peritus peritorum e ruolo degli esperti nel processo penale, in Dir. pen. proc., Dossier 2008, p. 31).

[6] C. cost., 19 febbraio 1999, n. 33, cit. Su tale decisione, v. R.E. Kostoris, Consulente tecnico extraperitale e gratuito patrocinio, in Cass. pen., 1999, p. 2789. Oggi è l'art. 102 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 a prevedere espressamente che chi è ammesso al patrocinio a spese dello Stato può nominare un consulente tecnico di parte, indipendentemente dal fatto che si stata disposta una perizia.

[7] In dottrina sono state elaborate anche altre due teorie in base alle quali dovrebbe essere consentito al consulente di essere presente nel corso dell'esame dei testi e dei periti. La prima, assimilando la posizione del consulente tecnico a quella del perito, rileva che se a quest'ultimo è concesso di assistere all'esame delle altre parti, lo stesso dovrebbe valere anche per il consulente, per il quale, oltretutto, non sarebbe nemmeno necessaria l'autorizzazione di cui ha bisogno il perito ex art. 228, co. 2, c.p.p. (cfr. A. Macchia, sub art. 501 c.p.p., in Commento al nuovo Codice di procedura penale, coordinato da M. Chiavario, vol. V, Torino, 1991, p. 301). La seconda ricostruzione, invece, pur ammettendo che l'art. 149 disp. att. c.p.p., in base al richiamo di cui all'art. 501 c.p.p., sarebbe generalmente applicabile anche ai consulenti tecnici, ritiene che, nei casi di nuova prova scientifica - cioè di fronte a metodi nuovi o controversi e di elevata specializzazione - il giudice dovrebbe utilizzare il proprio potere "atipizzante" di cui all'art. 189 c.p.p. per consentire a tutti gli esperti di assistere all'esame degli altri dichiaranti (v. O. Dominioni, In tema di nuova prova scientifica, in Dir. pen. proc., 2001, p. 1061; Id., La prova penale scientifica: gli strumenti scientifici nuovi o controversi e di elevata specializzazione, Milano, 2005, p. 269). Tale ultima teoria vuole evidentemente risolvere il problema che si verrebbe a creare nel caso in cui un perito fosse chiamato a rispondere in relazione a tematiche altamente complesse e specialistiche: se le parti, in questa ipotesi, non potessero contare sull'assistenza del loro consulente nel corso dell'esame incrociato, non sarebbero in grado di formulare domande adeguate, frustrando così l'efficacia euristica del mezzo di prova.

[8] Il riferimento è tratto da C. Conti, Iudex peritus peritoroum e ruolo degli esperti nel processo penale, cit., p. 32, in particolare nota 17.

[9] Sui rapporti tra prova scientifica e contraddittorio, v., anche per ulteriori spunti e riferimenti, P. Tonini, Prova scientifica e contraddittorio, in Dir. pen. proc., 2003, p. 1459.

[10] Fermo restando che i consulenti non possono rivolgere direttamente loro le domande ai soggetti esaminati, dovendo piuttosto gli stessi "suggerirle" alla parte che assistono (in giurisprudenza, v. Cass., sez. II, 27 gennaio 2005, n. 6381, in C.e.d. Cass., Rv. 231106, secondo cui non è data ai consulenti tecnici la facoltà di controesaminare direttamente i periti). Il principio appare più che ragionevole se si tiene a mente il fatto che nel processo penale vige una disciplina specifica non solo in relazione alle domande che possono o non possono essere rivolte ai vari soggetti, ma anche in relazione a come le stesse devono essere poste; è quindi opportuno che a formularle sia sempre e comunque un soggetto "professionale", anche qualora l'input provenga dal consulente tecnico.