ISSN 2039-1676


17 novembre 2017 |

Le cause e i rimedi dell'errore giudiziario tra Europa e Stati Uniti

Report sul convegno "Rethinking Wrongful Conviction – A Comparative Overview Between Europe and America" svoltosi presso l’Università degli Studi Roma Tre il 16 ottobre 2017

1. Il 16 ottobre 2017, nell’Aula Magna del Rettorato dell’Università degli Studi Roma Tre, si è tenuta una conferenza internazionale incentrata sulla tematica dell’errore giudiziario[1] in prospettiva comparata tra l’esperienza europea e quella nordamericana. Durante l’evento – organizzato nell’ambito delle attività dell’Italy Innocence Project, diretto dal Prof. Luca Lupária ed incardinato presso l’Ateneo romano – è stata, altresì, ufficializzata la nascita dello European Innocence Network[2].

 

2. Nonostante le profonde differenze strutturali tra i due mondi giuridici in questione, l’angolo visuale adottato si è rivelato particolarmente fecondo, per la sicura rilevanza anche nel vecchio continente dell’esperienza negli Stati Uniti, ove l’Innocence Project è stato fondato nel 1992: la proficua attività nordamericana ha portato, ad oggi, a numerosissimi proscioglimenti[3], disvelando, per un verso, la fallacia di alcune certezze relative al processo penale quale l’assoluta affidabilità della prova del DNA e, per altro verso, mettendo in chiaro che anche prove “tradizionali” quotidianamente in uso in Europa, quali confessione e riconoscimento di persona possono, più di quanto si creda, generare errori giudiziari[4].

 

3. Dopo i saluti del Prof. Luca Lupária, ideatore dell’evento, la prima sessione del convegno, presieduta dal Dott. Rocco Blaiotta, Presidente della IV Sezione penale della Corte di Cassazione, si è incentrata sulle questioni focali, vecchie e nuove, degli errori giudiziari, con particolare attenzione all’esperienza nordamericana.

Da un’analisi delle exoneration statunitensi è emerso che, in gran parte dei casi, la wrongful conviction rappresenta il frutto di una scorretta applicazione delle scienze forensi o dell’erronea individuazione del colpevole ad opera dei testimoni; nonché, in misura minore, il risultato di confessioni false, di chiamate in reità finalizzate a lucrare benefici processuali successivamente rivelatesi prive di fondamento, di una difesa tecnica inadeguata e, in ultimo, di condotte scorrette dell’accusa o della polizia giudiziaria. Dietro alle deviazioni appena accennate, come chiarito dal Prof. Barry Scheck, fondatore dell’Innocence Project e professore alla Benjamin N. Cardozo School of Law di New York, vi sono i due macrotemi del razzismo e degli errori tecnici. Si impone, dunque, un mutamento culturale, in uno con una adeguata comprensione dei limiti degli strumenti scientifici.

 

4. La riflessione su cause e possibili rimedi in prospettiva americana è proseguita con la relazione del Prof. Brandon Garrett, della University of Virginia School of Law, il quale ha ulteriormente chiarito le problematiche legate al riconoscimento e all’individuazione dell’autore del crimine: segnatamente, l’impiego di tecniche suggestive e la pressione sul soggetto chiamato ad identificare il colpevole ad opera della polizia giudiziaria; problema, quest’ultimo, che emerge chiaramente anche con riguardo alle confessioni estorte. Quanto alla scientific evidence, si è ribadita l’assoluta necessità che gli esperti siano affidabili e portatori di conoscenze valide dal punto di vista scientifico.

Ma gli errori giudiziari hanno, altresì, un background socio-psicologico: secondo il Prof. Keith Findley, co-fondatore del Wisconsin Innocence Project e professore alla University of Wisconsin Law School,  a questa linea di tendenza deve ascriversi la tunnel vision degli attori processuali, ovverosia quel compendio di fallacie logiche ed euristiche che porta il sistema giudiziale a focalizzarsi su un sospetto, selezionando e filtrando le prove in tale prospettiva e, allo stesso tempo, ignorando o addirittura distruggendo quegli elementi che militano in senso diametralmente opposto. Di qui, una logica conclusione, perfettamente mutuabile nel sistema italiano, secondo cui agli attori processuali è richiesto un cambio di prospettiva: non solo la ricerca di conferme agli elementi probatori raccolti, ma, piuttosto, la ricerca di elementi che confutino la propria ricostruzione, al fine di rafforzarla.

 

5. I lavori del convegno sono proseguiti, quindi, con le relazioni di alcuni exonerees. Dean Gillespie, condannato nel 1991 e liberato nel 2011, Sunny Jacobs, condannata a morte nel 1976 e liberata nel 1992, Peter Pringle, condannato a morte nel 1980 e liberato nel 1995, hanno offerto la loro preziosa e toccante esperienza. Dalle loro testimonianze è emersa chiaramente la drammaticità dell’errore giudiziario e, in particolare, la facilità con cui gli errori giudiziari possono generarsi e le difficoltà – particolarmente presenti nel sistema statunitense – incontrate nella ricerca di un rimedio alla loro wrongful conviction.

 

6. La medesima bipartizione cause/rimedi dell’errore giudiziario è stata protagonista della terza sessione, interamente dedicata alla prova scientifica e presieduta dal Prof. Luca Marafioti. Quanto al tema dell’incontro fra scienza e processo, nella peculiare prospettiva delle wrongful convictions basate su risultanze scientifiche, il direttore dell’Innocent Project of Florida, Seth Miller, ha approfonditamente analizzato i due poli, strettamente legati, relativi ai falsi miti ed ai fattori di rischio della scientific evidence. Il mito dell’infallibilità delle risultanze scientifiche provoca, quale nefasta conseguenza, l’omessa verifica, nelle corti, circa la reale validità ed affidabilità del metodo forense utilizzato. Mentre altro grande fattore di rischio connaturato alla prova scientifica attiene alla ineliminabile percentuale di errore connaturata in ogni metodo forense, come ampiamente dimostrato dal report della National Academy of Sciences nel 2009.

In effetti, con particolare riguardo alla Dna evidence, come evidenziato dal Prof. Franco Taroni (Università di Losanna), in assenza di un’adeguata stima dell’accuratezza del metodo impiegato, l’affermazione del tecnico circa la somiglianza o persino l’uguaglianza di due campioni è priva di alcun valore probatorio. Si tratta, dunque, pur sempre di una prova indiziaria, il che implica un doveroso percorso critico di valutazione della prova scientifica unitamente agli altri elementi raccolti.

 

7. La quarta sessione si è concentrata sull’esperienza anglosassone e su quella nelle corti sovranazionali. In particolare, il Prof. Richard Owen (Swansea University) ha presentato uno studio comparativo tra il sistema inglese e quello texano, mentre il Prof. Knoops, dell’Università di Amsterdam, si è concentrato sul significato del new fact rilevante ai sensi dell’art. 26 dello Statuto dell’International Criminal Tribunal for the former Yugoslavia e dell’art. 25 dello Statuto dell’International Criminal Tribunal for Rwanda perché una vicenda processuale ormai conclusasi possa essere sottoposta a review. Parimenti, si è analizzata la new evidence prevista dall’art. 84 dello Statuto della International Criminal Court, ponendola a confronto con quanto previsto dall’art. 24 dello Statuto dello United Nations Mechanism for International Criminal Tribunals, nonché delle rules 146-148 dello Rules of procedure and evidence della medesima Corte, verificandone il concreto atteggiarsi nella prassi mediante l’analisi dei case law relativi a Milan Lukic e Augustin Ngirabatware.

 

8. Da ultimo, la quinta sessione, presieduta dal Prof. Luca Lupária, assai opportunamente si è concentrata sullo stato dell’arte del sistema italiano.

Il primo istituto approfonditamente sondato è stato quello disegnato dall’art. 630 e ss. c.p.p., in una triplice prospettiva: i tratti salienti della revisione, la progressiva espansione dell’istituto e le peculiari criticità ancora esistenti nel sistema italiano nel rapporto tra prova scientifica e revisione. La riflessione del Prof. Mitja Gialuz, dell’Università di Trieste, si è soffermata, in particolare, sui tratti evolutivi del mezzo di impugnazione straordinaria in parola, strettamente collegati ai mutamenti storico-politici attraversati dall’Italia, nonché sul fondamento razionale venuto ad assumere dall’istituto: non tanto l’interesse del singolo a veder riconosciuta la propria innocenza, quanto l’interesse pubblico, consacrato nell’art. 24 Cost., a porre rimedio all’ingiustizia sostanziale della condanna. Tuttavia, a controbilanciare il progressivo allargamento delle potenzialità applicative della revisione, sta la mancanza di una disciplina nella conservazione dei reperti e delle prove, il che comporta intuibili difficoltà con riguardo all’eventualità di compiere nuovi accertamenti di tipo scientifico.

I lavori sono proseguiti affrontando in dettaglio proprio il tema della prova scientifica nel sistema italiano: gli aspetti critici del tema, dalla sopravvalutazione del dato scientifico a scapito delle tradizionali tecniche investigative alla science fascination, vale a dire lo smarrimento del doveroso atteggiamento critico che il giudice dovrebbe avere nei confronti del dato probatorio, sono stati ricordati dal Dott. Giuseppe Gennari, giudice del Tribunale di Milano.

Dopo la presentazione dell’Italy Innocent Project da parte della Dott.ssa Martina Cagossi, la Dott.ssa Federica Centorame ha inquadrato il problema della detenzione cautelare ingiusta. Il fenomeno, tratto peculiare dell’ordinamento italiano, è stato affrontato sul piano statistico, prima, e sul piano teorico, poi. Con riguardo a tale ultimo profilo, è la natura delle indagini, necessariamente in continua evoluzione e parziali, a ingenerare la possibilità – per così dire fisiologica – d’errore. A ciò si aggiunga la selezione degli elementi probatori operata, in assenza di contraddittorio, dal pubblico ministero, che si traduce in un orizzonte probatorio necessariamente circoscritto in capo al giudice che dispone la misura cautelare.

Infine, i lavori si sono conclusi su una nota de jure condendo, allorché i giornalisti ed autori Benedetto Lattanzi e Valentino Maimone hanno espresso la necessità di sviluppare, sul piano statistico, il fenomeno dell’errore giudiziario in Italia, attraverso la predisposizione di un registro nazionale delle wrongful convictions; strumento, questo, che sarebbe di sicura utilità per gli operatori del diritto, al fine di identificare le cause degli errori giudiziari nell’ottica della loro doverosa prevenzione.

 


[1] In generale, sul tema, cfr. L. Lupária (a cura di), Understanding Wrongful Conviction. The Protection of the Innocent Across Europe and America, Kluwer, Milano, 2015 e L. Lupária – L. Marafioti – G. Paolozzi, Errori giudiziari e background processuale, Giappichelli, 2017. Nella letteratura internazionale: M. Godsey (a cura di), Symposium: an International Exploration of Wrongful Conviction, in 80 U. Cinci. L. Rev., spec. issue, 2012; C. R. Huff - M. Killias (a cura di), Wrongful convictions: International perspectives on miscarriages of justice, Temple University Press, Philadelphia, 2008; Id., Wrongful Convictions and Miscarriages of Justice. Causes and Remedies in North American and European Criminal Justice Systems, Routledge, 2013.

[2] The European Innocence Network – attualmente presieduto dal Prof. Lupária - si propone come principale obiettivo quello di riunire organizzazioni, personalità accademiche e progetti operanti in Europa votati allo studio dell’errore giudiziario e all’assistenza delle persone ingiustamente condannate.

[3] Secondo quanto riportato al 30 ottobre 2017 nel National Registry of Exonerations - ideato dalla Michigan State University College of Law unitamente alla University of California Irvine Newkirk Center for Science & Society e alla University of Michigan Law School - sono 2.109 le persone scarcerate dopo essere state riconosciute innocenti, di cui 160 sono state liberate dal braccio della morte. Dai dati contenuti nel Registry, emerge come in 428 dei 2.109 casi il DNA ha giocato un ruolo decisivo nelle exoneration dei soggetti ingiustamente detenuti.

[4] Tra gli studi più celebri sulle possibili cause dell’errore giudiziario, B. Scheck - P. Neufeld - J. Dwyer, Actual Innocence: Five Days to Execution and Other Dispatches from the Wrongly Convicted, Doubleday, New York, 2000; C. L. Ogletree - A. Sarat (a cura di), When Law Fails: Making Sense of Miscarriages of Justice, New York Univ. Press, 2009; J. Petro - N. Petro, False Justice: Eight Myths that Convict the Innocent, Kaplan Publishing, 2010; B. L. Garrett, Convicting the Innocent: Where Criminal Prosecutions Go Wrong, Harvard University Press, Cambridge, 2011.