ISSN 2039-1676


05 aprile 2018 |

Per la Cassazione la particolare tenuità del fatto di reato (presupposto) non esclude la responsabilità dell'ente ex d.lgs. 231/2001

Cass., Sez. III, sent. 17 novembre 2017 (dep. 28 febbraio 2018), n. 9072, Pres. Ramacci, Est. Socci, ric. P.G. c. Ficule Lucas & C. sas

Contributo pubblicato nel Fascicolo 4/2018

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1. Con la sentenza in commento la Corte di Cassazione ha escluso che il proscioglimento per particolare tenuità del fatto nel procedimento penale a carico dell’imputato (nel caso di specie, l’amministratore della società, chiamato a rispondere di attività di gestione di rifiuti non autorizzata - art. 256, co. 1, lett. a) d.lgs. n. 152/2006) possa determinare anche la non punibilità dell’ente nel procedimento a suo carico, negando qualsiasi automatismo tra l’eventuale dichiarazione di non punibilità per particolare tenuità del fatto di reato e la responsabilità dell’ente.

 

2. Nel caso di specie, in particolare, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza impugnata - che aveva al contrario automaticamente escluso la responsabilità dell’ente in virtù dell’applicazione dell’art. 131 bis all’imputato nel procedimento a suo carico – affrontando così il rapporto tra la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto ex art. 131 bis e la responsabilità dell’ente ex D.lgs. n. 231/2001.

La Suprema Corte chiarisce preliminarmente che la questione non trova una soluzione espressa, mancando una previsione normativa circa l’applicabilità (o meno) dell’istituto della particolare tenuità del fatto alla responsabilità dell’ente.

Come noto, infatti, l’art. 8 del D.lgs. 231/2001, sancendo l’autonomia della responsabilità della persona giuridica, si limita a chiarire che tale responsabilità sussiste anche quando “a) l'autore del reato non è stato identificato o non è imputabile; b) il reato si estingue per una causa diversa dall'amnistia.” Come noto la norma, che assume fondamentale rilevanza sistematica, conferma l’ontologica differenza tra la responsabilità (individuale e penale) dell’autore del reato e quella amministrativa dell’ente, che invece si configura come una fattispecie complessa di cui il fatto di reato costituisce soltanto il “presupposto”.

 

3. In assenza di indicazioni legislative, le soluzioni astrattamente ipotizzabili – chiarisce la Corte – sono essenzialmente due.

Secondo una prima impostazione, sostenuta da una parte della dottrina[1] e nelle Linee guida della Procura di Palermo[2], l’art. 131 bis trova applicazione anche con riferimento alla responsabilità dell’ente. A sostegno di tale opzione ermeneutica, l’argomento a contrario che evidenzia come l’art. 8 del D. lgs. n. 231/2001 faccia riferimento soltanto alle cause di estinzione del reato e non anche alle cause di non punibilità, per le quali dunque la norma non troverebbe applicazione.

Secondo altra impostazione invece - condivisa dalla Corte nella sentenza in commento - non può escludersi una responsabilità dell’ente in presenza di reato non punibile poiché sarebbe irragionevole una scelta legislativa che da un lato affermi la responsabilità dell’ente in presenza di un reato estinto (salvo l’ipotesi dell’amnistia) e viceversa escluda tale responsabilità qualora il reato sia non punibile.

 

4. Sebbene non ne approfondisca analiticamente le ragioni, la Corte ritiene di condividere quest’ultima ricostruzione facendo riferimento principalmente alle peculiarità della sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto. Quest’ultima, come noto, non ha carattere pienamente assolutorio producendo comunque in capo all’imputato alcune conseguenze pregiudizievoli, tali da aver indotto parte della dottrina a parlare di una criptocondanna[3]. Si pensi, in tal senso, all’efficacia della sentenza in ambito civile e amministrativo ex art. 651 bis c.p.p. o all’iscrizione della pronuncia nel casellario giudiziale.

Di conseguenza, secondo la sentenza annotata, qualora nel procedimento penale a carico dell’autore del reato presupposto sia applicato l’istituto della particolare tenuità del fattoil giudice deve procedere all'accertamento autonomo della responsabilità amministrativa della persona giuridica nel cui interesse e nel cui vantaggio il reato fu commesso; accertamento di responsabilità che non può prescindere da una opportuna verifica della sussistenza in concreto del fatto reato, in quanto l'applicazione dell'art. 131 bis c.p. non esclude la responsabilità dell'ente, in via astratta, ma la stessa deve essere accertata effettivamente in concreto”.

 

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5. Il rapporto tra non punibilità della persona fisica ex art. 131 bis c.p. e responsabilità dell’ente rappresenta una questione di significativo rilevo: basti considerare come non pochi tra i reati presupposto di cui al D.lgs. n. 231/2001 – come la contravvenzione in materia ambientale venuta in rilievo nel caso di specie – siano puniti con pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni e rientrino quindi per limiti edittali nell’ambito di applicabilità dell’art. 131 bis c.p.

La questione da risolvere è se l’autonomia della responsabilità dell’ente possa essere affermata anche quando l’autore del reato presupposto sia stato dichiarato non punibile ex art. 131 bis c.p.  Come si è detto, la Corte di cassazione, con una scarna motivazione, ha ritenuto di poter affermare l’autonoma responsabilità dell’ente, con ciò andando oltre la lettera dell’art. 8 d.lgs. n. 231/2001, che fa salva la responsabilità dell’ente in presenza di cause di estinzione del reato presupposto (diverse dall’amnistia) ma non anche – questo è il punto – in presenza di cause di non punibilità come quella di cui all’art. 131 bis c.p.

È vero che a favore della soluzione accolta dalla S.C. può invocarsi un passo della Relazione ministeriale al D.lgs. n. 231/2001, in cui esplicitamente si afferma che “le cause di estinzione della pena (emblematici i casi grazia o di indulto), al pari delle eventuali cause non punibilità e, in generale, alle vicende che ineriscono a quest'ultima, non reagiscono in alcun modo sulla configurazione della responsabilità in capo all'ente, non escludendo la sussistenza di un reato”. Ma è anche vero che la lettera della legge – l’art. 8 d.lgs. n. 231/2001 – menziona solo le cause di estinzione del reato: una categoria che non coincide con quella delle cause di non punibilità. Le cause di estinzione sono infatti cause di non punibilità, ma non sempre è vero il contrario, potendo darsi, come nel caso, appunto dell’art. 131 bis c.p., cause di non punibilità che non sono cause di estinzione del reato. Se ciò è vero, a noi pare che la soluzione accolta dalla Cassazione, con la sentenza annotata, vada incontro all’obiezione di comportare una estensione analogica dell’art. 8 d.lgs. n. 231/2001, con effetti in malam partem. Di qui, a noi pare, l’opportunità di rimeditare questa soluzione.

 


[1] P. Corso, Responsabilità dell’ente da reato non punibile per particolare tenuità del fatto, in Quotidiano IPSOA, 24 marzo 2015.

[2] Nelle Linee guida si legge, in particolare: “La disciplina segnata dall’art. 8 del D.lvo n. 231/ 2001 prevede soltanto che l’estinzione del reato, salvo che nell’ipotesi di amnistia, non esclude la responsabilità amministrativa dell’ente con conseguente prosecuzione del procedimento penale nei suoi confronti. Una simile clausola di salvaguardia non è stata introdotta anche con riferimento all’istituto della tenuità del danno, sicché l’archiviazione per la causa di non punibilità in esame riguardante la persona fisica si estende senza dubbio anche a quella giuridica”. Per un’analisi delle linee guida di Palermo si veda G. Alberti, Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto: le linee guida della Procura di Palermo, in questa Rivista, 2 luglio 2015.

[3] Si veda a tal proposito, sebbene con riferimento alla sentenza di proscioglimento predibattimentale, F. Piccioni, Per gli avvocati “armi spuntate” nella strategia, in Guida al diritto, 2015, n. 15, p. 43.