ISSN 2039-1676


26 aprile 2018 |

Sulla condanna penale come motivo ostativo al rilascio del porto d'armi e causa di revoca del medesimo, nonché sugli effetti della riabilitazione

Ministero dell'Interno, circolare del 31 agosto 2017

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1. Una circolare del Ministero dell’Interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza – datata 31 agosto 2017, affronta il tema dei motivi ostativi al rilascio e all’obbligo di revoca della licenza di porto d’armi ex art. 43 R.D. n. 773/1931 (T.U.L.P.S.).

Tale circolare – indirizzata alle Autorità provinciali di pubblica sicurezza – si propone in particolare di chiarire l’interpretazione degli artt. 11 e 43 T.U.L.P.S. alla luce delle recenti pronunce del Consiglio di Stato, anche di natura consultiva, che hanno risolto un conflitto giurisprudenziale venutosi a creare sul tema[1]. In particolare, la questione ha origine dalla diversa considerazione che gli artt. 11 e 43 T.U.L.P.S. attribuiscono alla sentenza di riabilitazione ex art. 178 c.p.

 

2. Ricordiamo rapidamente che l’art. 11 definisce in via generale i requisiti morali richiesti per il conseguimento delle licenze di polizia (in genere), consentendo il rilascio delle stesse anche ai soggetti che abbiano riportato condanna non superiore a tre anni di reclusione, per delitti non colposi, qualora sia intervenuta sentenza di riabilitazione. L’art. 43 invece, riguardante specificamente il rilascio del porto d’armi, prevede (al comma 1) un più ampio catalogo di situazioni automaticamente ostative alla concessione della licenza in questione, nei confronti dei soggetti condannati per alcune tipologie di delitti di particolare “allarme sociale” o comunque riguardanti beni giuridici di rilievo.

 

3. Si riportano qui brevemente le principali questioni affrontate dalla circolare.

Anzitutto, il contrasto giurisprudenziale insorto fra l’interpretazione “evolutiva” dell’art. 43 T.U.L.P.S. – favorevole a ritenere che la sentenza di riabilitazione faccia venir meno l’effetto di automatica ostatività al rilascio del porto d’armi anche per i delitti indicati nel primo comma dell’art. 43[2] – e l’interpretazione di segno restrittivo, si è risolto in favore di quest’ultima posizione, più aderente al dettato normativo: pertanto gli effetti della sentenza riabilitativa possono essere considerati solo nei casi espressamente previsti dalla legge e, di conseguenza, le condanne (nonché le sentenze di “patteggiamento” ex art. 444 c.p.p., in ciò equiparate) per i delitti di cui all’art. 43, I comma T.U.L.P.S. non perdono mai la loro valenza ostativa[3]. Questa differenziazione si spiega perché nel settore del porto delle armi sono coinvolti particolari valori concernenti la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica. Inoltre, mentre la riabilitazione incide solo sugli “effetti penali della condanna” (cioè sugli effetti che la condanna produce sulla successiva applicazione della legge penale), invece essa non produce conseguenze ulteriori riferite ad altri campi dell’ordinamento, se non stabilito dalla legge.

La circolare specifica poi la natura del potere che le Autorità di p.s. esercitano nella valutazione dei requisiti morali ai fini del rilascio delle autorizzazioni di polizia: nel caso dell’art. 11, comma 1 T.U.L.P.S. la riabilitazione elide l’effetto ostativo della condanna e può avere rilievo ai fini di una valutazione dell’affidabilità dell’interessato, secondo un giudizio discrezionale dell’Autorità (adeguatamente motivato); invece nel caso dell’art. 43, I comma l’Autorità è titolare di un potere vincolato, per cui vi sarà un diniego del provvedimento semplicemente accertando la sussistenza di una pronuncia di condanna per uno dei delitti menzionati dalla norma.

La circolare aggiunge che i reati di cui all’art. 43, I comma T.U.L.P.S. in alcuni casi possono non produrre un effetto “automaticamente ostativo” per il conseguimento delle licenze in materia di porto d’armi: “l’automatismo ostativo” si verifica infatti solo in presenza di una sentenza che preveda l’irrogazione della pena della reclusione e non si determina invece nell’ipotesi in cui il Giudice abbia disposto la sostituzione della pena detentiva, ritenuta applicabile, con la pena pecuniaria, secondo gli artt. 53 e 57 della L. 689/1981. In tal caso, l’Autorità deve valutare se le circostanze oggetto della pronuncia di condanna siano indicative dell’assenza della buona condotta e della capacità di abusare delle armi, secondo il II comma dell’art. 43 T.U.L.P.S.[4].

Analoga valutazione dovrà essere fatta nel caso in cui sia stata pronunciata sentenza di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p. per uno dei delitti “ostativi” in questione: una pronuncia di questo tipo non può essere infatti equiparata ad una sentenza di condanna a pena detentiva e impone all’Autorità di effettuare le valutazioni discrezionali di cui all’art. 43, comma 2 citato[5].

Infine, la circolare chiarisce anche gli effetti derivanti dalle sentenze che dispongono la riabilitazione riguardanti l’applicazione di misure di prevenzione personale: secondo l’art. 67 D.Lgs. n. 159/2011, il provvedimento applicativo di alcune misure di prevenzione è una causa di incapacità assoluta al conseguimento di licenze in materia di armi, munizioni ed esplosivi; in tali situazioni le Autorità di p.s. denegano la licenza ovvero dispongono la revoca della licenza nell’esercizio di un potere vincolato. Tuttavia, secondo l’art. 70 D.Lgs. n. 159/2011, la riabilitazione determina la cessazione di tutti gli effetti pregiudizievoli riconnessi allo stato di persona sottoposta a misura di prevenzione, nonché la cessazione delle cause di incapacità speciali previste dall’art. 67. In base a ciò, secondo il Consiglio di Stato, il riabilitato si trova nuovamente nella posizione di ottenere il rilascio delle autorizzazioni in materia di armi, munizioni ed esplosivi; l’Autorità potrà in ogni caso tenere conto, alla luce degli emersi dall’istruttoria, della preesistente applicazione della misura di prevenzione giudiziaria, per verificare se ricorrono le altre situazioni ex art. 43, II comma T.U.L.P.S. che impediscono la concessione dei suddetti titoli.

 

4. In conclusione, la circolare del Ministero dell’Interno qui segnalata riassume con chiarezza le principali problematiche postesi negli ultimi anni all’attenzione della giurisprudenza in tema di requisiti per il rilascio o per la revoca del porto d’armi e offre – auspicabilmente – delle linee guida chiare alle Autorità amministrative di pubblica sicurezza (quali Prefetture e Questure), con l’obiettivo di favorire un’applicazione più uniforme e in conformità alle indicazioni del Consiglio di Stato delle norme del TU.L.P.S. in materia di porto d’armi.

 


[1] In proposito, si consenta il rinvio a D. Sibilio, Il Consiglio di Stato sugli effetti della condanna alla pena pecuniaria sostitutiva rispetto alla concessione e al rinnovo del porto d’armi, in questa Rivista, fasc. 6/2017, p. 317 ss.

[2] In questo senso, ad es., Cons. stato, sez. III, 4 marzo 2015 n. 1072.

[3] A favore dell’interpretazione restrittiva, da ultimo: Cons. Stato, sez. III, 31 maggio 2016 n. 2312, Cons. Stato, sez. I, parere n. 1620 6 luglio 2016; in precedenza, ad es.: Cons. Stato, sez. III, 27 aprile 2015 n. 2158 e 3 agosto 2011 n. 4630.

[4] Su questo specifico tema, in termini più ampi, si consenta ancora il rinvio a Sibilio, Il Consiglio di Stato sugli effetti della condanna alla pena pecuniaria cit. e giurisprudenza ivi citata.

[5] Cons. Stato, sez. III sent. n. 2312/2016 cit.