21 dicembre 2018 |
Monitoraggio Corte EDU giugno 2018
Rassegna di sentenze e decisioni della Corte Edu rilevanti in materia penale processuale
A cura di Francesco Viganò e Francesco Zacchè.
Tutti i provvedimenti citati sono agevolmente reperibili sul database ufficiale della Corte EDU.
Segnaliamo ai lettori che il presente monitoraggio tiene conto delle sole pronunce di rilievo penale processuale.
a) Art. 5 Cedu
In materia di libertà personale, si segnala anzitutto la sent. 12 giugno 2018, Fernandes Pedroso c. Portogallo, con cui il giudice di Strasburgo ha dichiarato l’illegittimità ex art. 5 comma 1 Cedu della detenzione provvisoria: in particolare, la Corte europea ha affermato che, pure supponendo che vi fossero sospetti plausibili di reato contro il ricorrente al momento in cui è stata disposta la custodia cautelare, è, invece, indubbia la loro assenza nel momento in cui il giudice istruttore aveva disposto la proroga. Un secondo profilo affrontato dalla sentenza citata concerne il diritto a un controllo effettivo sulla legittimità della detenzione: a tal riguardo, il giudice di Strasburgo rammenta come il relativo procedimento debba svolgersi con le garanzie del contraddittorio e della parità delle armi tra le parti, la quale non può considerarsi realizzata laddove fosse negato al difensore l’accesso ai documenti del fascicolo essenziali per un'efficace contestazione della legittimità della custodia del suo assistito. Nel caso di specie, alla difesa è stato impedito per due volte l'accesso alle dichiarazioni delle vittime e alle relazioni dei medici legali: si trattava di elementi probatori di importanza cruciale, poiché su di essi era stato tratto il fumus commissi delicti giustificativo dell'applicazione della misura restrittiva. Pur non potendosi trascurare il diritto alla privatezza delle vittime (posto alla base del rigetto delle istanze difensive), secondo il giudice europeo, il giusto equilibrio tra gli opposti interessi in gioco si sarebbe potuto realizzare celando l'identità delle vittime e gli elementi che avrebbero potuto condurre alla loro identificazione: di qui, la violazione dell’art. 5 comma 4 Cedu. Infine, viene constatata la violazione del diritto alla riparazione per l’ingiusta detenzione di cui all’art. 5 comma 5 Cedu.
Con riguardo al diritto dell’arrestato a una tempestiva traduzione davanti a un giudice, viene in rilievo la sent. 28 giugno 2018, Krassas c. Grecia, in cui si afferma come sia contrario all’art. 5 comma 3 Cedu non prevedere un controllo giudiziario automatico, subordinandolo, viceversa, a una richiesta dell’interessato; né può definirsi tempestivo ai sensi dell’art. 5 comma 4 Cedu un controllo della legittimità della detenzione attuato trentacinque giorni dopo la richiesta di scarcerazione presentata dal ricorrente. (Roberta Casiraghi)
b) Art. 6 Cedu
Con riguardo alla compatibilità con l’art. 6 comma 1 Cedu delle operazioni undercover, si menziona la sent. 28 giugno 2018, Tchokhonelidze c. Georgia, in cui è stata constatata la violazione dell’equità processuale, a causa dell’assenza di un quadro normativo che disciplinasse compiutamente le operazioni sotto copertura, che, per di più, nel caso di specie, non si erano limitate a un comportamento meramente passivo degli agenti.
In materia di diritto al confronto, vengono in rilievo tre sentenze, che consentono di chiarirne ulteriormente i limiti e la portata. Anzitutto, con la sent. 7 giugno 2018, Dimitrov e Momin c. Bulgaria, è stato ribadito come il decesso del testimone costituisca un motivo serio che giustifica l’assenza dibattimentale; né all’organo dell’accusa può essere rimproverato la mancata anticipazione del contraddittorio in sede di indagini preliminari, laddove lo stato di salute del testimone, pur malato di tumore, non fosse tale da rendere prevedibile l’impossibile partecipazione al processo. Quanto al secondo step, la Corte di Strasburgo accerta, nel caso di specie, il carattere determinante delle dichiarazioni provenienti dal teste assente. Ciononostante, viene escluso la violazione dell’art. 6 commi 1 e 3 lett. d Cedu, poiché il deficit dialettico è stato controbilanciato da solide garanzie procedurali: i ricorrenti hanno partecipato attivamente al processo e hanno potuto far valere gli argomenti favorevoli al loro proscioglimento; i tribunali hanno svolto un esame molto approfondito della credibilità della prova principale, tenendo conto e respingendo in modo motivato le obiezioni a tale riguardo proposte dai ricorrenti; infine, le decisioni dei tribunali nazionali sono risultate ampiamente motivate e non arbitrarie. Viene poi in rilievo la sent. 12 giugno 2018, T.K. c. Lituania: qui, l’assenza del testimone è stata ritenuta giustificata, in quanto si trattava di un minorenne vittima di un reato sessuale. Tuttavia, il giudice europeo accerta la violazione dell’equità processuale, in quanto l’impiego decisivo delle dichiarazioni predibattimentali della fonte vulnerabile non è stato compensato da solide garanzie procedimentali: in particolare, il giudice ha negato la convocazione degli esperti che avevano interrogato i minori. Infine, con la sent. 26 giugno 2018, Pereira Cruz e altri c. Portogallo, la Corte di Strasburgo ha affermato come non sia compromesso il diritto al confronto, laddove i testimoni, minorenni e vittime di abusi sessuali, vengano sentiti in un’aula separatata e attraverso l’intermediazione del giudice: lo stesso art. 6 comma 3 lett. d Cedu non impone necessariamente che l’accusatore sia esaminato direttamente dall’imputato o dal suo difensore, purché venga loro concessa l'opportunità di osservare il comportamento dei testimoni esaminati e contestarne le dichiarazioni e la credibilità. Né viola il diritto al confronto il rifiuto del giudice di disporre la lettura delle precedenti dichiarazioni rese dai testimoni (vittime del reato): in considerazione dell'importanza del principio dell'immediatezza, che fa prevalere le dichiarazioni rese in giudizio rispetto a quelle scritte, non si può dire che ai ricorrente, per il mero fatto di non aver potuto utilizzare per le contestazioni le precedenti dichiarazioni dei testimoni, sia stato impedito di mettere in dubbio la credibilità delle vittime. La stessa sentenza si segnala altresì in tema di modifica dell’imputazione: la Corte europea nega che la diversità fra il fatto contenuto nell’ordinanza di rinvio a giudizio e il fatto per il quale gli imputati sono stati condannati abbia violato i diritti difensivi di cui all’art. 6 commi 1 e 3 lett. a e b Cedu, poiché è stata comunque concessa la possibilità di contestare in contraddittorio il mutamento del fatto, attraverso l’ammissione di prove supplementari richieste dalla difesa. Viene, invece, accertata la violazione del diritto alla prova, in quanto il giudice d’appello ha negato l’ammissione di prove a discarico (si trattava dell’acquisizione di documenti attestanti le ritrattazioni extradibattimentali di due testimoni d’accusa e della riassunzione della testimonianza di un coimputato che aveva ammesso la falsità delle precedenti dichiarazioni accusatorie) idonee a sovvertire la condanna pronunciata in primo grado: né questa limitazione dei diritti difensivi nel giudizio d’appello sarebbe stata rimediabile successivamente, considerati i rigorosi limiti che incontra la revisione, subordinata al presupposto che la falsa testimonianza risulti accertata con una sentenza irrevocabile all’esito di un processo la cui instaurazione è, fra l’altro, subordinata all’iniziativa del pubblico ministero.
Rimanendo in tema di diritto all’ammissione della prova, va menzionata la sent. 7 giugno 2018, Kartvelishvili c. Georgia, in cui la Corte di Strasburgo ha ravvisato una violazione dell’art. 6 commi 1 e 3 lett. d Cedu: infatti, il rifiuto dei giudici nazionali di esaminare i testimoni della difesa, senza alcuna verifica in merito alla potenziale rilevanza, ha privato l’accusato dell'unica opportunità di contestare efficacemente l'accusa nei suoi confronti. (Roberta Casiraghi)
c) Art. 8 Cedu
Con riguardo alla privatezza, viene in rilievo la sent. 28 giugno 2018, M.L. e W.W. c. Germania: nel caso di specie, i ricorrenti hanno lamentato che la Corte federale di giustizia non avesse vietato ai mezzi di comunicazione di mantenere, sul loro portale Internet e a disposizione degli utenti, la trascrizione di una vecchia trasmissione di una stazione radio e gli articoli apparsi su vecchie edizioni dei quotidiani riguardanti il processo penale nei loro confronti e la loro condanna per un omicidio risalente a quindici anni prima. Tuttavia, secondo il giudice europeo, tenuto conto del margine di discrezionalità delle autorità nazionali nell’individuare il giusto equilibrio fra, da una parte, il diritto al rispetto della propria vita privata ex art. 8 Cedu e, dall’altro, il diritto alla libertà d’espressione della stampa nonché il diritto all’informazione dell’opinione pubblica, entrambi salvaguardati dall’art. 10 Cedu, non si può affermare che il giudice interno non abbia adempiuto agli obblighi positivi di proteggere il diritto dei ricorrenti al rispetto della loro vita privata, tanto più se si considera che le informazioni non erano in evidenza nei portali internet, ma dovevano essere appositamente ricercate dagli eventuali interessati: viene dunque esclusa la violazione dell’art. 8 Cedu. (Roberta Casiraghi)