8 febbraio 2019 |
La modifica dell'art. 581 c.p.p.: l'insidioso crinale della specificità dell'appello
Contributo pubblicato nel Fascicolo 2/2019
Il contributo è stato sottoposto in forma anonima, con esito favorevole, alla valutazione di un revisore esperto.
Abstract. Grazie all’ampliamento dell’art. 581 c.p.p. da parte della legge Orlando, come era prevedibile in giurisprudenza si sta consolidando la lettura – patrocinata dalle Sezioni Unite con la sentenza Galtelli – favorevole all’inammissibilità dell’appello in caso di genericità estrinseca dei motivi. È un approccio criticabile: mortifica i poteri di cognizione del giudice di appello così come tuttora delineati dall’art. 597 c.p.p., e rischia di favorire un vaglio preliminare sulla fondatezza dei motivi, trasformando surrettiziamente l’appello nel ricorso in cassazione. È vero che, in un ordinamento processuale ispirato alla logica del modello accusatorio, vi sono dei buoni argomenti a sostegno della restrizione del filtro di ammissibilità dell’appello. Ma si tratta di un obiettivo che dovrebbe essere perseguito dalla legge attraverso una riforma complessiva del sistema, evitando di lasciare ai giudici il delicato compito di individuare caso per caso il corretto punto di equilibrio fra i valori in gioco.
SOMMARIO: 1. Verso il consolidamento dell’approccio della sentenza Galtelli. – 2. Il restyling dell’art. 581 c.p.p. – 3. La specificità del petitum. – 4. La specificità della causa petendi: due possibili letture. – 5. Gli argomenti contro la lettura delle Sezioni Unite: a) la conservazione dei poteri di cognizione del giudice di appello. – 6. b) Le persistenti differenze con il ricorso in cassazione. – 7. c) La non decisiva modifica dell’art. 546 c.p.p. – 8. d) L’agevole salto dall’aspecificità all’infondatezza. – 9. I pericoli di una mutazione genetica lasciata alla giurisprudenza.