ISSN 2039-1676


24 maggio 2012

Inammissibile la domanda di condanna dell'amministrazione penitenziaria al risarcimento dei danni da lesione dei diritti del detenuto in sede di reclamo al magistrato di sorveglianza

Magistrato di Sorveglianza di Vercelli, 18 aprile 2012 (ord.), Giudice Fiorentin

(Massima a cura di Giulia Fiorelli)

CARCERI E SISTEMA PENITENZIARIO - MAGISTRATURA DI SORVEGLIANZA - Funzioni e competenze del Magistrato di sorveglianza - Disposizioni atte a fare cessare la lesione del diritto del detenuto - Reclamo - Richiesta di risarcimento del danno da lesione del diritto - Inammissibilità

Al magistrato di sorveglianza è espressamente riconosciuto dall'ordinamento il mero potere di dettare all'amministrazione le disposizioni necessarie a far cessare la violazione del diritto inciso (art. 69, comma 5,  l. 354/1975), ma non quello di pronunciare anche una condanna al risarcimento del danno, approdo cui non pare possa giungersi additivamente in via interpretativa, implicando una scelta della tipologia di tutela e dell'assetto della giurisdizione che deve rimanere riservata alla discrezionalità legislativa. Deve, pertanto, escludersi la possibilità che, mediante il reclamo di cui agli artt. 14-ter, 35 e 69, comma 5, ord.pen., possa essere azionata una pretesa risarcitoria civilistica.

Riferimenti normativi: L. 354/1975, artt. 14-ter, 35 e 69, comma 5; Cod. civ., artt. 2043 e 2051

 

NOTA REDAZIONALE: L'ordinanza qui pubblicata si pone in contrasto con una ormai assai nota decisione del Magistrato di Sorveglianza di Lecce, 9 giugno 2011, pubblicata anche in questa Rivista con ampia nota di A. Ingrassia, nella quale, sulla premessa che il sovraffollamento del luogo di detenzione concretasse una lesione del diritto costituzionale del detenuto a «subire una pena che sia costantemente orientata verso un processo rieducativo», generante come tale un danno non patrimoniale risarcibile ai sensi dell'art. 2059 c.c., era stato invece ritenuto che tale pretesa fosse azionabile mediante il reclamo al magistrato di sorveglianza ai sensi degli artt. 14-ter, 35 e 69, comma 5, ord.pen.

La questione è qui riaffrontata e risolta in senso opporto, in esito a un ricchissimo intinerario argomentativo che dovrà essere oggetto di attenta riflessione da parte degli studiosi. Superfluo sottolineare l'enorme rilevanza anche pratica della questione, legata tra l'altro alla necessità di individuare un rimedio giuridico interno (un "ricorso effettivo", con il linguaggio dell'art. 13 CEDU) per assicurare la risarcibilità del danno da violazione dei diritti del detenuto riconosciuti dalla CEDU, in primis del diritto a non essere sottoposto a trattamenti degradanti connessi al sovraffollamento delle carceri: problema attualissimo, come è ben noto, e reso acuto a seguito della sentenza della Corte edu Sulejmanovic c. Italia, del 16 luglio 2009, che per la prima volta ha riconosciuto condannato il nostro paese per violazione dell'art. 3 CEDU in relazione al sovraffolamento carcerario, dando così la stura a una valanga di ricorsi attualmente pendenti avanti alla Corte di Strasburgo (Francesco Viganò).