ISSN 2039-1676


13 febbraio 2013

Ancora sui rapporti tra concussione e induzione indebita a dare o promettere utilità 

Cass. Pen., Sez. VI, 11.2.2013, Pres. Milo, Rel. Aprile, ric. Melfi (informazione provvisoria)

Prosegue la segnalazione, da parte della nostra Rivista, delle prime decisioni della Corte di Cassazione relative alla riforma dei delitti contro la P.A., attuata dalla recente legge n. 190 del 2012. Con la sentenza indicata in epigrafe - della quale è per il momento disponibile solo l'informazione provvisoria comunicata dalla Sesta Sezione - la S.C. è tornata a pronunciarsi sulla distinzione tra la riformata concussione (art. 317 c.p.) e la nuova figura della induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319quater c.p.); distinzione che è già stata oggetto di precedenti pronunce, da noi segnalate (v. in partic. la sentenza Roscia), e che rappresenta oggi, per molti profilii, una questione nodale in relazione ai procedimenti pendenti, nei quali è stata originariamente contestata la concussione ai sensi del previgente art. 317 c.p. (basti pensare al differente trattamento sanzionatorio previsto per le due figure di reato, assai più mite per la figura di nuovo conio, e alle conseguenze sulla determinazione del termine di prescrizione del reato, che ben può essere già decorso in caso di riqualifcazione del fatto da concussione a induzione indebita).

 

Per la distinzione tra le due figure di reato è decisiva la distinzione tra i concetti di 'costrizione' (art. 317) e 'induzione' (art. 319 quater c.p.). Si legge nella notizia di decisione qui segnalata che "Nei reati di concussione e di induzione indebita, di cui agli artt. 317 e 319 quater c.p. (come rispettivamente sostituito il primo e inserito il secondo dalla legge n. 190 del 2012) l'agente, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, prospetta al destinatario un male come alternativa della sollecita dazione o della promessa indebita di utilità. Tuttavia, nella concussione da costrizione il pubblico ufficiale agisce con modalità ovvero con forme di pressione tali da non lasciare margine alla libertà di autodeterminazione del destinatario della pretesa: il quale è 'vittima' del reato, perché, senza che gli sia stato prospettato alcun vantaggio diretto, decide di dare o promettere esclusivamente allo scopo di evitare il danno minacciato (certat de damno vitando). Nella induzione indebita, invece, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio agisce con modalità ovvero con forme di pressione più blande, tali dal lasciare un margine di scelta al destinatario della pretesa: il quale concorre nel reato perché gli si prospetta un qualche vantaggio diretto e decide di dare o promettere - più che per evitare il danno prospettato dal pubblico funzionario - per conseguire il predetto vantaggio (certat de lucro captando)".


La motivazione della sentenza sarà da noi pubblicata non appena disponibile.

 

(a cura di Gian Luigi Gatta)